Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15966 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15966 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18165/2021 proposto da:
RE NOME, nato a Lascari l’8. 7.1959 (C.F.: CODICE_FISCALE e residente in (90015) Cefalù (PA), alla INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in (00191) Roma, alla INDIRIZZO (presso Studio Legale Avv. NOME COGNOME) presso l’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende per mandato allegato al ricorso (numero di fax: NUMERO_TELEFONO; indirizzo pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
Comune di Lascari, in persona del Sindaco pro tempore , con sede in Lascari, alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA, rappresentato e difeso, in esecuzione della Deliberazione della Giunta Municipale n. 78 del 15 settembre 2021 e giusta procura speciale rilasciata con atto separato da
Avviso accertamento IMU -Area edificabile
intendersi materialmente congiunto al presente atto, dall’Avv. NOME COGNOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; p.e.c.: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) del foro di Palermo, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Palermo, al INDIRIZZO (domicilio digitale: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza 481/3/2021 emessa dalla CTR Sicilia il 19/01/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Re NOME impugnava l’avviso di accertamento n. 645 del 30.10.2014 relativo all’I CI per l’anno 2009, riguardante un’area edificabile sita nel territorio del Comune di Lascari, con il quale gli era stato richiesto il pagamento della somma complessiva di € 12.46,00.
La CTP di Palermo rigettava il ricorso, rilevando, tra l’altro, che la mancata specificazione della sottozona non aveva inciso sulla valutazione dell’area in oggetto, in quanto sia la zona C2 che quella C2/P avevano identiche caratteristiche.
Sull’impugnazione del contribuente, la CTR della Sicilia rigettava il gravame, evidenziando, per quanto qui ancora rileva, che l’ edificabilità di un’area doveva essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, che nella specie l’area in contestazione rientrava, secondo le previsioni del P.R.G. del Comune di Lascari, nella zona C2 ‘residenziale attrezzata’ e l’ente impositore si era limitato ad aggiornare e rivalutare, tramite apposita relazione, il valore indicato nel 1993, tenuto conto dell’aumento nel corso degli anni del valore delle zone in prossimità del mare come quella in esame.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME sulla base di due motivi. Il Comune di Lascari ha resistito con controricorso. In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 5, 7, comma 1, e 10 l. 27.7.2000, n. 212, e 59, comma 1, d.lgs. 446/97, nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che il ricalcolo delle spettanze da lui dovute era stato effettuato considerando i valori relativi ai terreni ricadenti in zona ‘C2’, laddove dal certificato di destinazione urbanistica risultava che il suo terreno ricadeva in zona ‘C2/P’, vale a dire una zona urbanistica assolutamente diversa dalla zona ‘C2’.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono inammissibili.
Il vizio di violazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) per erronea sussunzione si distingue dalla carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, sottratta al sindacato di legittimità, perché postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso e la censura attiene, infatti, all’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa, senza contestare la valutazione delle risultanze di causa (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19651 del 16/07/2024).
In particolare, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica, pertanto, un problema interpretativo di quest’ultima,
laddove l’allegazione di un’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ed inerisce, pertanto, alla tipica valutazione del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25182 del 19/09/2024).
Nel caso di specie, a ben vedere, il ricorrente sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa nella presente sede, vieppiù se si considera che la CTR non ha escluso, ma ha anzi affermato, che l’ edificabilità di un’area doveva essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune.
In ogni caso, a seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Senza tralasciare che, essendosi al cospetto di una cd. doppia conforme (né avendo il ricorrente dedotto che le due decisioni di merito fossero fondate su differenti ragioni di fatto), è preclusa una doglianza sul piano del vizio motivazionale. Invero, le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter c.p.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di
legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Inoltre, da un lato, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020). Dall’altro lato, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U n. 20867/2020 cit.).
Del resto, il ricorrente, con i motivi di ricorso, nemmeno prospetta una violazione di legge in relazione alla motivazione dell’atto impositivo, ponendosi la censura solo sul piano della determinazione della base imponibile (in tesi) da correlare al valore dei terreni e, nello specifico, alla zona urbanistica di loro inclusione.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di
essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 31.1.2025.