Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27057 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27057 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 18/10/2024
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23853/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (PEC: EMAIL) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME ( PEC: EMAIL) ed all’avvocato NOME COGNOME (PEC: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1633, depositata il 22 maggio 2017, della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024, dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte di Cassazione rigetti il ricorso.
Rilevato che:
1. -con sentenza n. 1633, depositata il 22 maggio 2017, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione (RAGIONE_SOCIALE imposte di registro ed ipocatastali) emesso in relazione alla registrazione di un contratto di compravendita immobiliare (del 16 novembre 2009), e dietro rideterminazione del valore (in € 1.380.000,00, a fronte di quello dichiarato in € 1.025.000,00) di un’unità immobiliare e (in € 863.101,00, a fronte di quello dichiarato in € 450.000,00) di un’annessa area inedificata;
1.1 -il giudice del gravame ha considerato che:
così come espressamente previsto dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 23bis , conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, sia pur ai fini della determinazione del valore normale dei beni con riferimento a «trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari», anche per la determinazione del valore venale dei beni, oggetto di contratti sottoposti a registrazione, poteva tenersi conto della perizia di stima redatta con riferimento alla concessione di un mutuo bancario, tenuto conto della finalità perseguita con detta perizia («individuare il valore dei beni al fine di
consentire l’erogazione di un mutuo che avrebbe avuto quale garanzia proprio i beni che sarebbero stati oggetto di compravendita») e della conseguente sua attendibilità probatoria («in mancanza di concreti elementi in senso contrario») correlata alla necessità «di determinare un valore congruo dei beni in questione al fine di evitare che proprio l’istituto di credito … si venisse poi a trovare in difficoltà per avere concesso un mutuo per un importo superiore rispetto al valore dei beni posti a garanzia dell’operazione»;
in punto di determinazione del valore venale dei beni, poi, non risultava concludente il riferimento «al presunto stato di … fatiscenza dell’immobile» in quanto non era stato provato dai contribuenti «che parte del mutuo abbia avuto una destinazione diversa dall’acquisto dei beni (es. opere di ristrutturazione o manutenzione straordinaria).»;
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, ed ha depositato memoria;
-l’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
-il ricorso espone i seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 43, 51 e 52, assumendo la ricorrente che:
-la nozione di valore venale dei beni, rilevante ai fini dell’imposta di registro, non può che essere rapportata «alle oggettive condizioni in cui versano i beni compravenduti» e, nella fattispecie, la rettifica di valore risultava fondata «su valutazioni sullo stato del compendio immobiliare compravenduto, non supportate sul suo reale stato di conservazione; e/o sulla possibilità riconosciute dalla normativa di settore di sua trasformazione»;
-su controparte gravava l’onere della prova dei fatti posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE rettifica di valore, oltreché della compiuta motivazione dell’atto impositivo cui, nella fattispecie, nemmeno risultava allegata la perizia di stima funzionale alla concessione dell’apertura di credito bancario;
detto finanziamento, peraltro, era stato concesso -piuttosto che in relazione al mero acquisto del compendio immobiliare -in vista del programmato intervento edilizio «attraverso i lavori di recupero dell’edificio (villa) e costruzione ex novo nell’area scoperta»;
i contenuti della ridetta perizia di stima si ponevano, pertanto, in contrasto con il necessario riferimento al valore venale dei beni al momento del loro acquisto in quanto tenevano conto di dati fattuali correlati al «valore di realizzo degli appartamenti da edificarsi sull’area, presuntivamente individuando i costi di costruzione, ed ancora presuntivamente derivandone il valore del terreno.»;
1.2 -col secondo motivo, e sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 23bis , conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, deducendo che detta disposizione non poteva trovare applicazione nella fattispecie risultando il finanziamento bancario concesso in relazione alla trasformazione edilizia dell’area scoperta («costruzione ex novo»), ed agli interventi di «recupero edilizio della esistente villa» (ai quali lo stesso atto impositivo aveva avuto riguardo);
1.3 -il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, assumendo la ricorrente che, contrariamente a quanto rilevato dal giudice del gravame, il finanziamento bancario si correlava -piuttosto che al mero acquisto dei beni immobili -alla loro trasformazione edilizia, secondo i
programmati interventi di recupero e di costruzione, e che lo stato di fatiscenza della Villa pianamente emergeva da quanto esposto nella prodotta consulenza di parte;
-occorre premettere che rimane del tutto inconferente il richiamo operato dalla ricorrente (in memoria) alla riformulazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, atteso che, per un verso, nella fattispecie viene in considerazione -piuttosto che una riqualificazione dell’atto oggetto di registrazione una (mera) rettifica di valore e che, per il restante, e come meglio in immediato seguito si dirà, nemmeno risulta mai proposta una qualche eccezione in punto di (corretta) qualificazione dell’atto, eccezione, questa, che, del resto, non potrebbe trovare sede nella depositata memoria ;
– tanto premesso, il primo e il secondo motivo di ricorso -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi e che pur prospettano profili di inammissibilità -sono destituiti di fondamento;
3.1 -in tema di imposta di registro, e di presupposti della rettifica di valore degli atti registrati, la Corte, con risalente orientamento interpretativo, ha statuito che il d.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, espone un triplice ordine di presupposti (equiordinati e) legittimanti l’accertamento del maggior valore in commercio del bene immobile oggetto di compravendita, così che l’avviso di rettifica del valore dichiarato, ai fini dell’imposta di registro, può fondarsi, oltre che sul parametro comparativo e su quello del reddito, anche su «altri elementi di valutazione», elementi, questi, tra i quali rientra – oltreché una stima
operata dall’RAGIONE_SOCIALE del territorio (v. Cass., 26 gennaio 2018, n. 1961; Cass., 10 febbraio 2006, n. 2951) -il riferimento alla destinazione, alla collocazione, alla tipologia, alla superficie, allo stato di conservazione, all’epoca di costruzione dell’immobile oggetto di valutazione (v., ex plurimis , Cass., 18 settembre 2019, n. 23217; Cass., 13 novembre 2018, n. 29413; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4221; Cass., 18 settembre 2003, n. 13817; Cass., 8 marzo 2001, n. 3419);
e, in particolare, si è rilevato che a detti elementi di valutazione deve ascriversi (anche) la perizia redatta ai fini della concessione di un finanziamento bancario (v. Cass., 15 aprile 2024, n. 10045);
3.2 – va, quindi, soggiunto che, come reso esplicito dal contenuto degli stessi motivi di ricorso, la rettifica di valore è stata operata con applicazione del metodo analitico ricostruttivo denominato del valore di trasformazione; metodo, questo, incentrato sulla «determinazione del valore dell’area fabbricabile sulla base della differenza tra il ricavato (valore dell’edificato), “come si configurerebbe ad edificazione avvenuta della cubatura realizzabile per l’area presa in considerazione”, ed i costi necessari all’edificazione stessa (costi di trasformazione).» (così Cass., 20 ottobre 2017, n. 24872; v. altresì, Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 9 marzo 2018, n. 5763; Cass., 2 marzo 2018, n. 4953);
né si è mai dubitato che agli altri elementi di valutazione di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, cit., possa ascriversi (anche) il metodo in discorso (v. Cass., 6 luglio 2022, n. 21380; Cass., 17 gennaio 2018, n. 963);
3.3 -mentre, quindi, le censure che involgono il difetto di motivazione dell’atto impositivo risultano inammissibili in quanto a fronte della stessa riprodotta pronuncia di prime cure che, pur avendo riferito della contestazione proposta in primo grado relativamente alla legittimità dell’avviso per ‘mancata allegazione di documenti utilizzati
per la determinazione del valore’, ha statuito (solo) sulla non concludenza (e sulla stessa illegittimità) dei criteri di valutazione posti a fondamento della perizia redatta in funzione del finanziamento bancario -la ricorrente, come anticipato, non dà alcun conto della relativa riproposizione nel giudizio, né, per vero, deduce l’inidoneità ex se del contenuto motivazionale dell’avviso di liquidazione, la denuncia di violazione di legge, (in tesi) correlata a quegli stessi criteri di stima, non ha fondamento perché, come appena rilevato, deve ritenersi consentanea alla disciplina di legge una stima finalizzata alla determinazione del «valore di realizzo degli appartamenti da edificarsi sull’area, … individuando i costi di costruzione, ed ancora …. derivandone il valore del terreno.»;
4. -il terzo motivo di ricorso è inammissibile;
4.1 -come statuito dalle Sezioni Unite della Corte, la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l’omesso esame di elementi istruttori – e, a maggior ragione, di tesi difensive o argomenti probatori – non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde , ex plurimis , Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);
si è, poi, soggiunto che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc.
civ., il ricorrente deve indicare «il fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, cit., cui adde Cass., 10 agosto 2017, n. 19987);
4.2 -in disparte la legittimità, come anticipato, di un criterio estimativo fondato sulla determinazione del valore di un’area fabbricabile dietro considerazione del valore di realizzo della cubatura edificabile e dei costi necessari all’edificazione stessa, il motivo di ricorso si connota per una completa anomia di riferimenti al contenuto degli atti che vengono in considerazione (la ridetta perizia e una consulenza di parte), ed alla stessa produzione della documentazione di parte, così risolvendosi in una (indistinta) riproposizione di argomenti probatori; in particolare, non si riporta il contenuto rilevante della perizia di parte, posto che a pag. 16 del ricorso la società si limita a riferire che questa perizia ‘ con ampio corredo fotografico ‘ era stata ‘ allegata al ricorso di primo grado ‘, senza altre specificazioni, sunti, o allegazione al ricorso, necessari anche alla luce della sentenza Succi della CEDU (Cass., sez. un., 18 marzo 2022, n. 8950);
-le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.800,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024.