Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4311 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4311  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22867/2019 R.G. proposto da:
CURATELA  RAGIONE_SOCIALE,  domiciliato  ex lege in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di  CASSAZIONE,  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato  AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO  STATO  .  (P_IVA)  che  lo  rappresenta  e  difende -controricorrente- nonché
RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE MESSINA -intimato-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. MESSINA n. 2490/2018 depositata il 13/06/2018.
Udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Procuratore Generale in persona della AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto;
Uditi i difensori RAGIONE_SOCIALE parti presenti
Fatti rilevanti di causa.
§ 1. Il curatore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE (dichiarato il 7 giugno 2019) propone tre articolati motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione per maggiore imposta di registro ed ipocatastale (oltre sanzioni) notificato alla società in bonis il 26 novembre 2007 e da questa impugnato, avente ad oggetto la rettifica del valore venale di un terreno edificabile di mq. 10.735 (ricadente nel PRG Comune di Messina, zona omogenea B4C di completamento, con indice di densità 5,00 mc/mq) dalla società acquistato con atto a rogito AVV_NOTAIO 6 novembre 2005 (euro 5.900.000,00 valore accertato, a fronte di euro 1.750.000,00 valore dichiarato).
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
-l’avviso  era  sufficientemente  motivato  perché  contenente  l’esaustiva spiegazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che avevano indotto l’RAGIONE_SOCIALE a rideterminare il valore dell’immobile;
-corretto  era  il  criterio  valutativo  seguito  dall’ RAGIONE_SOCIALE, facente riferimento alla stima dell’RAGIONE_SOCIALE;
-contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla  società, il sequestro  del cantiere edile disposto dal giudice penale nel procedimento n. 1315/06 rg. non aveva inciso sulla potenzialità edificatoria del terreno, attestata dalla concessione edilizia n. 36 del 2006, di perdurante efficacia;
-nessuna incidenza sul giudizio tributario poteva discendere dal giudicato di condanna formatosi nel suddetto procedimento penale;
-a conferma di ciò, rilevava inoltre il fatto che, nell’anno 2007, erano stati stipulati ben 13 preliminari di vendita di alloggi di civile abitazione, per un valore complessivo di oltre 3.150.000 €.
Resiste con controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE.
Il  Procuratore  Generale  ha  chiesto  che  il  ricorso  venga  rigettato, rilevando tra l’altro l’inammissibilità, per difetto di autosufficienza e specifica ricostruzione dei fatti di causa, del primo e del terzo motivo.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione.
§  2.1 Con  il  primo  motivo  di  ricorso  si  lamenta -rispettivamente  ex art.360, co. 1^ n.5 e n.3 ( rectius n.4), cod.proc.civ. -omesso esame di un fatto  controverso  e  decisivo  per  il  giudizio,  nonchè  violazione  dell’art.112 cod.proc.civ..
Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che il provvedimento di sequestro preventivo da essa menzionato era finalizzato alla confisca del terreno, così come in effetti conseguita al giudicato penale di condanna di cui in Cass. pen. sent. n. 3606/17 (prodotta nel giudizio di merito). Più in particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva tralasciato di considerare che solo in forza dei comportamenti corruttivi accertati in sede penale il terreno in questione era stato inserito in zona B4C di completamento (con il suddetto indice di edificabilità) ed aveva ottenuto la concessione edilizia, là dove – in assenza di quei comportamenti penalmente illeciti e definitivamente attestati – il terreno avrebbe potuto, al più, essere inserito in PRG in zona C di espansione edilizia, con conseguente assai minore edificabilità e minor valore di mercato.
Tutto ciò rendeva esorbitante il valore stabilito dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
§ 2.2 Il motivo è infondato in tutte le sue articolazioni.
Lungi da non aver esaminato il fatto costituito dall’intervenuto giudicato penale di condanna e confisca, la Commissione Tributaria Regionale ne ha dato  espressamente  e  reiteratamente  conto;  non  soltanto  nella  parte
espositiva del fatto (nella quale essa riferisce che la società aveva appunto lamentato l’incidenza sul valore di mercato RAGIONE_SOCIALE vicende di carattere penale nelle  quali  i  suoi  esponenti  erano  stati  coinvolti),  ma  anche  nella  parte motiva,  in  cui  essa  mostra  di  voler  specificamente  considerare  tanto  il sequestro  penale  del cantiere edilizio ‘Green  Park’ quanto  lo stesso giudicato penale di condanna.
Ciò  detto,  il  collegio  regionale  ha  poi  esposto  il  proprio  inequivoco convincimento  sul  punto,  nel  senso  che  le  vicende  penali  così  emerse  e considerate non erano comunque in grado di incidere apprezzabilmente sul valore venale del terreno.
Per quanto concerne, segnatamente, il sequestro preventivo del cantiere, ha  infatti  sostenuto  la  Commissione  Tributaria  Regionale  che  ciò  poteva comportare  la  temporanea  sottrazione  del  bene  alla  disponibilità dei proprietari, non già -comunque – la giuridica inesistenza della concessione edilizia.
Per quanto invece attiene al giudicato penale di condanna, il giudice di appello ha richiamato l’indirizzo di legittimità circa l’indifferenza del giudicato penale sul processo tributario. Ha poi soggiunto che la questione della rilevanza/irrilevanza estimativa della vicenda penale era già stata ampiamente affrontata nella sentenza appellata e che, per altro verso, la ininfluenza RAGIONE_SOCIALE vicende giudiziarie sull’operazione commerciale-edilizia in questione trovava vieppiù conferma nel fatto che, successivamente all’inizio del procedimento penale, la società aveva comunque potuto stipulare ben 13 contratti preliminari di vendita di altrettanti edificandi alloggi.
E’  dunque  di  assoluta  evidenza  che  contrariamente  all’assunto  del ricorrente -la Commissione Tributaria Regionale non è incorsa né nell’omesso esame di fatto decisivo ai sensi del n. 5 dell’art. 360, co. 1^ cit., e neppure nella violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., avendo essa preso  puntuale  posizione  sul  motivo  di  opposizione  appunto  incentrato
sull’interferenza  della  vicenda  penale  con  il  procedimento  tributario  di rettifica e recupero a tassazione.
Sempre sulla doglianza basata sull’omesso esame di fatto decisivo, se ne rimarca poi finanche l’inammissibilità nella parte in cui essa presuppone e dà per scontata la ‘decisività’ di un fatto (costituito appunto dal giudicato penale di condanna e confisca) che, per le ragioni che ora si diranno, tale neppure può essere considerato.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si formula analoga doglianza -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -stante la violazione e falsa applicazione sia dell’articolo 51 d.P.R. 131/86, sia dell’articolo 53 Cost., dal momento che il terreno in questione (confiscato a favore del Comune di Messina), già prima del suo acquisto da parte della società ed in assenza RAGIONE_SOCIALE condotte corruttive, poteva essere inserito, al più, nella suddetta zona C di espansione edilizia, con un valore venale di molto inferiore (verosimilmente inferiore anche al prezzo sborsato dalla società per l’acquisto), come sarebbe emerso qualora la stima comparativa operata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse stata riferita a terreni realmente similari, appunto perché ricadenti in zona C.
§ 3.2 Il motivo è infondato.
Si legge nella sentenza di cui in Cass. pen. n. 3607/17 cit. che: <>.
Orbene, non vi sono elementi per ritenere che la Commissione Tributaria Regionale,  nell’escludere  che  la  vicenda  penale  così  delineata  potesse significativamente influire sul valore di mercato del terreno, abbia per ciò soltanto violato la normativa richiamata.
Dispone l’art. 51 d.P.R. 131/86 che: <>.
La disposizione, in coerenza con la natura di imposta ‘d’atto’ che tuttora connota l’imposta di registro (C.Cost. n. 158/20), ha riguardo al valore venale attribuibile al bene nel momento in cui si perfeziona l’atto traslativo. E’ questo, non altro, il preciso e certo contesto temporale nel quale si realizza il presupposto dell’imposizione e si determina il trapasso di ricchezza espressivo della capacità contributiva di cui all’articolo 53 Cost.. Ne consegue che il valore di mercato fiscalmente attribuibile al bene al momento dell’atto presentato alla registrazione non risente RAGIONE_SOCIALE vicende successive del bene stesso e, segnatamente, dei margini di piena ovvero diminuita realizzazione dei progetti e dei programmi di sfruttamento economico in ipotesi preventivati dalle parti al momento dell’atto di trasferimento.
Già Cass. SU n. 25505/06 ebbe a stabilire che: <>
Si tratta di principi successivamente più volte ribaditi, così -tra le altre -da Cass.n. 15792/12, secondo cui: <>.
La doglianza in esame mira a sovvertire questo assetto interpretativo, attribuendo rilevanza estimativa dirimente a vicende depressive del valore venale del terreno (il sequestro preventivo e la confisca) che sono pacificamente intervenute tempo dopo l’atto di compravendita oggetto di rettifica. Si tratta in realtà di circostanze tanto pacifiche ed assodate quanto inidonee a dimostrare la congruità del valore dichiarato in atto dalle parti, così come l’asserita eccessività del valore rettificato dall’amministrazione finanziaria.
E’ pur vero che, sulla base della stessa giurisprudenza citata, il valore di mercato del terreno – ferma la sua edificabilità per il solo fatto  di essere
inserito nel PRG  ed oggetto di un procedimento amministrativo di edificazione, seppure non ancora giunto all’adozione di strumenti urbanistici attuativi  –  deve  tenere  conto  anche  della  <>,  ma  ciò  pur  sempre  avendo riguardo a l’istantaneità del momento del suo trasferimento.
Ebbene, nella concretezza del caso il terreno in questione venne appunto negoziato in un momento (ed al corrispondente valore di mercato) in cui esso  risultava  pacificamente  inserito  in  PRG-zona  B4C  di  completamento, con elevato indice di edificabilità pari a 5,00 mc/mq..
Le  dimensioni  economiche  della  sua  appetibilità  e  commerciabilità  di mercato ( id est : valore venale) non potevano dunque che rifarsi a questa oggettiva  qualificazione  urbanistica  ed  edilizia -di  massima  <> (SSUU cit.) – indipendentemente da ciò che sarebbe accaduto alcuni anni dopo.
Tutto  ciò  venne  del  resto  dedotto  in  una  concessione  edilizia  avente  ad oggetto la realizzazione, come osservato nella sentenza penale richiamata, di <>,  oltre  che  in  tredici  contratti  preliminari  di  compravendita, come osservato dal giudice regionale.
Altrimenti detto, il fatto che il programma speculativo così concepito non sia  poi  stato  realizzato  per  effetto  della  su  richiamata  condanna  penale  e della  relativa  confisca  del  terreno,  attiene  all’evoluzione  successiva  della vicenda così da risultare sostanzialmente indifferente in ordine alla determinazione -al momento dell’atto – della base imponibile dell’imposta recuperata.
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce mancata pronuncia nonchè omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dai  costi  per  opere  murarie  di  contenimento  che  la  società  dovette sopportare (come da fatture in acconto in atti) per rendere concretamente edificabile  il  terreno,  scosceso  e  di  particolare  morfologia.  Tali  costi,
stimabili in ben 2.700.000 €, erano stati considerati dalle parti contraenti nella determinazione del prezzo di acquisto, mentre erano stati inopinatamente del tutto pretermessi dalla stima UTE condivisa dal collegio regionale.
§ 4.2 Il motivo, è inammissibile.
Va  premesso  che  nel  caso  in  cui  si  deduca  la  violazione,  per  omessa pronuncia, dell’art.112 cod.proc.civ., l’onere di specificità ed autosufficienza del  motivo  di  cassazione  presuppone  che  il  ricorrente  illustri  l’avvenuta tempestiva e rituale introduzione in giudizio della domanda  ovvero eccezione pretermessa.
Se  è  vero  che  la  Corte  di  Cassazione,  quale  giudice  del  <>, può esaminare direttamente gli atti del processo, parimenti indubbio è che in tanto a ciò essa può accedere, in quanto -appunto in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso – il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, soddisfatto l’onere di indicare compiutamente tali atti, non essendo la Corte altrimenti legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca o indagine di questo tipo.
Tra le tante, ha osservato Cass.n. 28072/21 che: <>.
Orbene,  nel  caso  di  specie  il  ricorrente  assume  che  la  commissione regionale non si sia pronunciata (al contempo così tralasciando l’esame del fatto sotteso) sull’eccezione di eccessività del valore rettificato dall’agenzia RAGIONE_SOCIALE  entrate  sotto  il  profilo  della  mancata  considerazione  dei  costi  RAGIONE_SOCIALE opere di contenimento murario del terreno necessarie per la edificazione, ed almeno in parte effettivamente sostenuti dalla società.
Sennonchè ogni richiamo ai tempi ed ai modi di introduzione in giudizio di questo  argomento  di  opposizione  viene,  nel  motivo  di  ricorso,  riferito esclusivamente al grado di appello.
Si sostiene infatti che i costi di ripianamento e messa in sicurezza del terreno erano chiaramente desumibili dalla perizia giurata pro veritate dell’AVV_NOTAIO annessa all’atto negoziale in contestazione e <> (ric. pag.13); sempre nello sviluppo del motivo di ricorso per cassazione, si afferma poi che la stessa eccezione era stata dedotta in giudizio anche con il corredo di produzione documentale <> di cinque fatture di acquisti per acconto sui lavori di contenimento in questione (ivi, pag.14).
Nulla però si dice circa la rituale deduzione di questo profilo di asserita illegittimità  dell’avviso  di  rettifica  già  nel  ricorso  introduttivo  del  giudizio (deduzione  di  cui  non  vi  è  traccia  in  sentenza),  così  come  sarebbe  stato necessario  in  ragione  del  sistema  di  preclusioni  che  presiede  anche  al processo tributario e, segnatamente, dell’osservanza del divieto di novità in appello ex art. 57 d.lgs. 546/92.
In  assenza  di  ciò  (nessuna  ulteriore  specificazione  viene  dal  ricorrente dedotta  nella  memoria)  non  può  in  alcun  modo  rimproverarsi  al  giudice
regionale (che ha comunque ritenuto <> la stima dell’RAGIONE_SOCIALE) di non essersi pronunciato su una domanda  o  eccezione  sulla  quale,  proprio  perché  non  comprovatamente dedotta  in  giudizio  nei  modi  e  nei  tempi  di  legge,  non  aveva  in  effetti  il dovere di pronunciarsi ex art. 112 cod.proc.civ..
§ 5. Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso, con condanna della parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 14.000,00, oltre spese prenotate a debito;
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così  deciso  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione  Tributaria,