Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4705 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4705  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 208/2022 proposti da:
Comune  di  Rieti  (C.F.:  CODICE_FISCALE),  in  persona  del  AVV_NOTAIO  NOME COGNOME,  elettivamente domiciliato  in  Roma, al INDIRIZZO (c/o AVV_NOTAIO)  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO (C.F.:  CODICE_FISCALE),  che  lo  rappresenta  e  difende  come  da procura speciale in calce;
-ricorrente –
contro
NOME, nato a Rieti il DATA_NASCITA, ed ivi residente alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, in forza della procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO  (C.F.:  CODICE_FISCALE),  con  studio  legale  e  domicilio  in Roma, alla INDIRIZZO (pec: EMAIL);
Avvisi accertamento IMU –  Cessione  del  diritto  di
uso
-controricorrente -ricorrente incidentale –
-avverso la sentenza n. 3350/2021 emessa dalla CTR del Lazio in data 02/07/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
 COGNOME  NOME  proponeva  ricorso  davanti  alla  Commissione Tributaria Provinciale di Rieti avverso cinque avvisi di accertamento per IMU relativi alle annualità 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, sostenendo che fosse venuto meno il presupposto di imposta, stante la cessione del diritto di uso delle  aree  in  forza  di  un  contratto  stipulato  in  data  1.3.2013  con  tale COGNOME NOME.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso con riferimento alle annualità 2014, 2015, 2016 e 2017, osservando, tra l’altro, che per l’anno 2013, in difetto di tempestiva comunicazione della cessione, il presupposto di imposta doveva ritenersi sussistente.
Sull’appello principale del Comune di Rieti ed incidentale del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale Lazio rigettava entrambi i gravami, affermando, per quanto qui ancora rileva, che sia il contratto dell’1.3.2013 che quello stipulato, senza soluzione di continuità, in data 15.2.2016 contemplavano espressamente la costituzione ed il trasferimento del diritto di uso sugli appezzamenti di terreno in comproprietà di COGNOME NOME, descrivendo altresì modalità di uso/godimento dei terreni perfettamente congrue e coerenti con il contenuto del diritto trasferito temporaneamente alla COGNOME, che andava esclusa, in ragione del tempo in cui era intervenuta la denuncia di variazione , per l’annualità 2013 la portata dell’accordo che aveva trasferito il diritto di uso, che, alla luce delle deliberazioni del RAGIONE_SOCIALE di Rieti richiamate nelle premesse degli atti impositivi, la motivazione degli avvisi non si rivelava carente e giustificava la stima e che, sulla base dei dati che completavano i prospetti allegati agli avvisi (comprensivi dei riferimenti catastali), congrua era altresì l’individuazione della base imponibile.
 Avverso  la  sentenza  della  CTR  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  il
Comune di Rieti sulla base di due motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, fondato su cinque motivi.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 12 disp. sulla legge in generale e 1362 ss. cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., nonché l’inadeguatezza e l’apparenza della mo tivazione per omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per aver la CTR qualificato i due contratti come traslativi di un diritto d’uso senza indicare gli elementi dai quali abbia tratto il proprio convincimento.
1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, il Comune, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere il contratto di concessione in uso stipulato in data 1.3.2013, essendosi limitato a riportarne uno stralcio decontestualizzato a pagina 9 del ricorso.
In secondo luogo, è da escludere che la motivazione della sentenza qui impugnata si ponga al di sotto del minimo costituzionale, atteso che la CTR ha evidenziato che sia il contratto dell’1.3.2013 che quello stipulato, senza soluzione di continuità, in data 15.2.2016 contemplavano espressamente la costituzione ed il trasferimento del diritto di uso sugli appezzamenti di terreno in comproprietà di COGNOME NOME, descrivendo altresì modalità di uso/godimento dei terreni perfettamente congrue e coerenti con il contenuto del diritto trasferito temporaneamente a tale COGNOME NOME, per poi valutare i profili della validità del primo contratto e di irrilevanza della mancata trascrizione dell’atto di cessione.
Quanto all’asserita inadeguatezza della motivazione, va evidenziato che si è  in  presenza  di  una  cd.  doppia  conforme,  con  la  conseguenza  che  è precluso lamentare un vizio motivazionale, né il ricorrente ha dedotto che la decisione in punto di fatto delle pr onunce emesse all’esito dei due gradi di merito del giudizio fossero difformi.
In terzo luogo, l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento
in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicché, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
Nel caso di specie, il Comune si è limitato a sostenere apoditticamente che la CTR avrebbe interpretato i contratti sulla base del solo loro nomen juris , disattendendo così i criteri ermeneutici codificati (pagg. 5-6 del ricorso), ha invocato l’art. 1369 c.c. (pag. 7 del ricorso) senza applicarlo in concreto alla fattispecie in esame ed ha, ripetesi, riprodotto, a pagina 9 del ricorso, uno stralcio sintetico del contratto affermando che integrava gli estremi, anziché di un contratto costitutivo-traslativo d el diritto d’uso, di un contratto di affitto di terreno agricolo.
D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178). Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata
privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).
Senza tralasciare che, sulla base di quanto rappresentato dal contribuente a pagina 23 del controricorso, ulteriori elementi, oltre al nomen juris utilizzato dalle parti contraenti, deponevano nel senso della qualificazione privilegiata dalla CTP, prima, e dalla CTR, poi; ciò anche alla luce del principio per cui la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d’uso e il diritto personale di godimento è costituita dall’ampiezza ed illimitatezza del primo, in conformità al canone della tipicità dei diritti reali, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5034 del 26/02/2008).
2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., per aver erroneamente, a suo dire, la CTR affermato il venir meno del presupposto impositivo a carico del contribuente proprietario dei fondi agricoli oggetto di  accertamento nonostante l’intervenuta concessione in affitto a terzi degli stessi.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, in primo luogo, lo stesso non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si è sostanziata non già nel riconoscere l’esenzione IMU pur in presenza di un contratto di concessione in affitto a terzi del terreno (e, quindi, in mancanza di una conduzione diretta dello stesso da parte del contribuente), bensì nel qualificare il contratto come costitutivotraslativo di un diritto d’uso, con conseguente applicabilità, quanto all’individuazione del legittimato passivo di imposta, dell’art. 9 del d.lgs. n. 23/2011, cui fa rinvio l’art. 13, comma 1, d.l. n. 201 del 2011.
In  secondo  luogo,  non  essendovene  cenno  nella  sentenza  impugnata,  il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la questione.
Da  ultimo,  va  ribadito  che,  essendosi  al  cospetto  di  una  cd.  doppia conforme, è preclusa una doglianza sotto forma di vizio motivazionale.
 Con  il  primo  motivo  il  ricorrente  incidentale  lamenta  la  nullità  della sentenza per carenza assoluta di motivazione e per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato la sua eccezione di nullità degli avvisi di accertamento per mancanza o insufficienza della motivazione.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 7 l. n. 212/2000 e 52 e 59, comma 1, lett. g), l. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che negli avvisi impugnati era del tutto carente qualsivoglia richiamo a deliberazioni generali comunali di determinazione del valore venale delle aree fabbricabili, con riferimento alla materia e all’anno di riferimento.
I due motivi, da trattare congiuntamente siccome strettamente connessi, sono inammissibili.
In  primo  luogo,  con  il  primo  il  contribuente deduce  l’asserita  violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546 del 1992 ( recte , del 1990), che prevede la necessità che la sentenza contenga una succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto, per poi denunciare la nullità degli avvisi impugnati per mancanza o insufficienza della motivazione.
Se, invece, il contribuente avesse inteso denunciare la carenza assoluta di motivazione della sentenza resa dalla CTR, la stessa si rivela senz’altro al di sopra del minimo costituzionale, avendo rigettato la doglianza in quella sede formulata dall’appella nte incidentale sulla base del rilievo per cui, da un lato, erano stati richiamate nelle premesse degli atti impositivi le deliberazioni del Consiglio Comunale di Rieti, che non risultavano essere state oggetto di impugnazione ad opera del COGNOMECOGNOME COGNOME da ll’altro lato, la CTP, sulla scorta delle risultanze emerse in primo grado, era stata in grado di ricostruire il percorso che aveva condotto all’applicazione dell’aliquota dell’8,90 per mille, che si presentava pertanto del tutto legittima.
In ogni caso, in tema di ICI, l’art. 11, comma 2-bis, del d.lgs. n. 504 del 1992,  disponendo  che  gli  avvisi  di  liquidazione  e  accertamento  devono
essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati, non comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta. In applicazione di tale principio, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1694 del 24/01/2018 ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, nel quale erano stati indicati i dati identificativi dell’immobile, il soggetto tenuto al pagamento e l’ammontare dell’imposta. E così l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26431 del 08/11/2017). E’ lo stesso contribuente ad ammettere, a pagina 25 del controricorso, che nella parte motiva gli avvisi di accertamento indicavano la zona urbanistica di riferimento, l’estensione dell’area ed il valore unitario per metro quadro, oltre che l’aliquota appl icata del 10,60 per mille.
In questo contesto, l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dall’art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto; ne deriva che sono esclusi
dall’obbligo dell’allegazione gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione. In applicazione di questo principio, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 13105 del 25/07/2012 ha escluso che rientrasse tra gli atti esterni da allegare ad un avviso di accertamento in materia di ICI la delibera della Giunta determinativa dei valori degli immobili ai fini ICI in base ai valori venali di mercato delle aree edificabili.
Dall’avviso di accertamento per l’anno 2013 trascritto alle pagine 3 e 4 del controricorso  si  evince  che  le  delibere  espressamente  richiamate  erano quelle n. 347/2012 della G.R. e nn. 36/2013 e 37/2013 del C.C., contenenti, rispettivamente,  l’approvazione dello  strumento  urbanistico,  le  aliquote applicabili  per  i  fabbricati  diversi  dalle  abitazioni  principali  (nonché  le detrazioni  d’imposta)  ed  il  regolamento  per  la  disciplina  dell’imposta municipale propria.
6. Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione e per motivazione perplessa e per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato, senza un’adeguata motivazione, la sua doglianza concernente l’avvenuta determinazione della base imponibile ed individuazione del valore venale delle aree fabbricabili, ad opera del Comune di Rieti, per i vari anni d’imposta sulla base della deliberazione della G.C. n. 74/2007 (pur non menzionata negli avvisi impugnati) ormai inattuale.
6.1. Il motivo è fondato.
In tema  di imposta municipale sugli immobili (IMU), ai fini della determinazione del valore imponibile, il giudice di merito, investito della questione, non può esimersi dal verificare che la misura del valore venale in  comune  commercio,  attribuito  ad  un’area  fabbricabile,  sia  ricavata  in base ai parametri vincolanti tassativamente previsti dall’art. 5, comma 5, del  d.lgs.  n.  504  del  1992,  che,  per  le  aree  fabbricabili,  devono  avere
riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche, tenuto conto dell’anno di imposizione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9529 del 07/04/2023).
Orbene, non è revocabile in dubbio che la motivazione resa dalla CTR, in ordine  al  profilo  della  stima  e,  dunque,  del quantum della  debenza,  sia apparente, se solo si considera che la Commissione, dopo aver qualificato come ‘apprezzabile nella sua articolata esposizione’ la stima (basata sulla consulenza  del  geom.  COGNOME)  prodotta  dal  contribuente,  si  è  limitata  a sostenere  genericamente  che  la  stessa  non  avrebbe  tenuto  conto  dei provvedimenti indicati dal Comune negli avvisi.
In proposito, è opportuno ribadire il principio, cui la corte tributaria si uniformerà, secondo cui, in tema di ICI, le delibere con le quali il Consiglio comunale, ex art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, determina periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili hanno la finalità di limitare il potere di accertamento dell’ente territoriale qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello indicato in dette delibere che, pertanto, sono fonti di presunzione analoghe al cd. redditometro, sicché ammettono la prova contraria, con l’ulteriore conseguenza che, se il giudice ritiene dimostrato che ad un’area edificabile non può essere attribuito il valore individuato dal Comune, può disattenderlo e procedere ad un’autonoma stima utilizzando i parametri di legge (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17248 del 27/06/2019).
Con il quarto motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione o falsa  applicazione  degli  artt.  5,  commi  1  e  5,  d.lgs.  n.  504/1992  e  13, comma 3, d.l. n. 201/2011 (conv., con modifiche, nell’art. 1, comma 1, l. n. 214/2011), in relazione all’a rt. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per  aver  la  CTR  rigettato  le  sue  censure  sulla  individuazione  della  base imponibile richiamando una normativa non pertinente.
Con il quinto motivo il ricorrente in via incidentale si duole della nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione e per violazione dell’art.
36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR compensato parzialmente le spese di lite senza indicare la porzione oggetto di compensazione parziale.
Entrambi i motivi restano assorbiti nell’accoglimento del terzo.
 Alla  stregua  delle  considerazioni  che  precedono,  mentre  il  ricorso principale  va  rigettato,  quello  incidentale  merita  di  essere  accolto  con riferimento al terzo motivo. La sentenza impugnata va, pertanto, in parte qua cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria di giustizia di secondo grado del Lazio.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibili i primi due e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le  spese  del  presente  giudizio,  alla  Commissione  tributaria  di giustizia di secondo grado del Lazio in differente composizione;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 12.1.2024.