Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5764 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5764 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28279/2018 proposti da:
Comune RAGIONE_SOCIALE Pontedera (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del dirigente pro tempore , autorizzato con determinazione dirigenziale n. 300 del 19.12.2016, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Firenze (fax. NUMERO_TELEFONO; e-mail: EMAIL) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma (RAGIONE_SOCIALE), al INDIRIZZO, coma da mandato a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, nato a Pontedera (PI) il DATA_NASCITA (C.F.: CODICE_FISCALE) ed ivi residente, alla INDIRIZZO, rappresentato e difeso, con poteri disgiunti, dagli AVV_NOTAIO.ti AVV_NOTAIO del Doro di AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE; casella di posta
Avviso accertamento ICI -Valore terreni -Conciliazione giudiziale altra annualità
elettronica certificata: EMAIL) e NOME COGNOME del Foro di AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE; casella di posta elettronica certificata: EMAIL) ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi, sito in AVV_NOTAIO (PI) alla INDIRIZZO (indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL), giusta procura speciale allegata al controricorso;
-intimata –
-avverso la sentenza n. 406/4/2018 emessa dalla CTR Toscana in data 22/02/2018 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
COGNOME NOME impugnava dinanzi alla CTP di AVV_NOTAIO un avviso di accertamento ICI per l’anno 2008 relativi ad alcuni terreni nella cui titolarità egli era subentrato al padre NOME, deducendo, da un lato, che la tassazione andava esclusa o limitata nel caso di utilizzazione degli stessi per scopi agricoli e, dall’altro lato, che il valore attribuito all’area era fuori mercato.
La CTP rigettava il ricorso, affermando che il ricorrente non aveva prodotto elementi probatori circa l’esercizio di un’impresa agricola attiva e che l’affermazione secondo cui i terreni non sarebbero stati appetibili non era suffragata da elementi concreti.
Sull’impugnazione del contribuente, la CTR Toscana accoglieva il gravame, evidenziando che l’appello era stato tempestivamente proposto e, quanto al merito, che, mentre la valutazione operata dall’Ufficio era basata su elementi scarsamente comprensibili ed era elaborata in modo astratto, sulla base di alcune delibere a loro volta fondate su parametri tecnici approvati con delibera del 2006, le perizie prodotte dal contribuente in modo argomentato pervenivano ad indicare valori molto più bassi di quelli d ell’accertamento, sicchè, essendo i relativi criteri condivisibili, per l’annualità in esame andava attribuito ai terreni in questione il valore di euro 30 al mq.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune
di Pontedera sulla base di quattro motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546/1992 e 3, 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nonché la nullità della sentenza per motivazione perplessa e, comunque, meramente apparente, per aver la CTR ritenuto proposto tempestivamente l’appello senza verificare quale fosse la data di spedizione dell’atto di gravame.
1.1. Il motivo è infondato.
Sebbene la motivazione resa sul punto dalla CTR sia estremamente sintetica, trattandosi di un error in procedendo , è consentito a questa Corte esaminare direttamente gli atti processuali (la Corte di cassazione, invero, qualora venga dedotto un error in procedendo , è giudice anche del “fatto processuale” e può esercitare il potere-dovere di esame diretto degli atti purchè la parte ricorrente li abbia compiutamente indicati, non essendo legittimata a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi), dai quali si evince che, a fronte di una sentenza di primo grado depositata in cancelleria in data 9.3.2015, il contribuente ha notificato il ricorso in appello al Comune di Pontedera in data 9.10.2015 (cfr. la ricevuta di spedizione postale del ricorso inviato con il plico raccomandato n. 151108114262) e, quindi, l’ultimo giorno utile (se si considera il termine di sei mesi di cui all’art. 327 cod. proc. civ. e la sospensione feriale di 31 giorni dei termini processuali).
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 d.lgs. n. 504/1992 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR affermato che il Comune non avesse opposto alcuna circostanziata e specifica contestazione avverso le analitiche ragioni esposte dal perito del contribuente per giustificare la valutazione a mq delle aree fabbricabili.
2.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Invero, le conclusioni raggiunte in una perizia stragiudiziale, ritualmente depositata dalla parte nel processo, non possono formare oggetto di applicazione del principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., poiché esse non assurgono a fatto giuridico suscettibile di prova, ma costituiscono un mero elemento indiziario soggetto a doverosa valutazione da parte del giudice (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 34450 del 23/11/2022).
In ogni caso, la CTR non ha affermato che il Comune non avrebbe contestato la valutazione a mq delle aree edificabili indicato dal contribuente nella propria perizia di parte, ma ha sostenuto che la valutazione operata dall’Ufficio era basata su ‘elementi scarsamente comprensibili’ ed era ‘elaborata in modo astratto’, sulla base di alcune delibere a loro volta fondate su parametri tecnici approvati con delibera del 2006 e che in sede di giudizio non erano state ‘opposte puntuali controdeduzioni agli argomen ti dei contribuenti’.
A fronte di tale rilievo, il Comune si è limitato ad evidenziare che lo stesso COGNOME aveva sottoscritto qualche giorno prima della notifica dell’appello una conciliazione giudiziale che aveva riconosciuto per le aree in oggetto un valore di euro 55/mq.
A ben vedere, con il motivo in esame, la ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis , Cass., Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la contribuente nella
prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo . Infatti, è appena il caso di rilevare come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 cod. civ.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi , di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o delle circostanze ritenute rilevanti. Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato. Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti. D’altra parte, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa
fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.
Inoltre, è vero che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), è legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento comunale che, in forza degli artt. 52 e 59 del d.lgs. n. 446 del 1997, e 48 del d.lgs. n. 267 del 2000, abbia indicato periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del Comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l’Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi di settore (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5068 del 13/03/2015; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15312 del 12/06/2018). Ma è altrettanto vero che, secondo la valutazione della CTR, non scrutinabile nella presente sede, il detto valore presuntivo è stato superato dalle due analitiche perizie prodotte dalla parte contribuente.
Da ultimo, avuto riguardo alla conciliazione giudiziale sottoscritta dal contribuente con riferimento all’annualità 2009 (con la quale il medesimo aveva riconosciuto per le aree in oggetto un valore di euro 55 mq.), va rilevato che la conciliazione giudiziale, prevista dall’art. 48 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, costituisce un istituto deflattivo di tipo negoziale, attinente all’esercizio di poteri dispositivi delle parti, che postula la formale contestazione della pretesa erariale nei confronti dell’Amministrazione e l’instaurazione del rapporto processuale con l’organo giudicante, e si sostanzia in un accordo tra le parti, paritariamente formato, avente efficacia novativa delle rispettive pretese limitatamente all’annualità interessata (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21325 del 03/10/2006, nel senso che solo avuto riguardo alla detta annualità è preclusa ogni valutazione in ordine alla congruità della valutazione in tal guisa concertata). Del resto, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), è insufficientemente motivato
l’avviso di accertamento mancante di qualsiasi riferimento ai parametri indicati dall’art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e fondato esclusivamente sul valore dell’immobile risultante da un atto di transazione stipulato in un precedente giudizio tra il contribuente e l’Ufficio del registro: la transazione, infatti, avendo natura conciliativa, può essere giustificata da motivi estranei al rapporto tributario, tali da indurre i contendenti a trovare conveniente la chiusura della controversia mediante la rinuncia reciproca a talune pretese, per ragioni di opportunità completamente indipendenti dalla natura giuridica della lite (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15165 del 30/06/2006).
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 d.lgs. n. 504/1992, 52 e 59 d.lgs. n. 446/1997, 32 d.lgs. n. 546/1992 e 2967 ( recte , 2697) cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto che il Comune non avesse fornito adeguata prova circa la congruità del valore venale delle aree di cui si discute anche a confutazione della perizia prodotta dal contribuente.
3.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, vanno ribadite le considerazioni già formulate nell’analizzare il precedente motivo.
In secondo luogo, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
A ben vedere, anche con questo motivo il ricorrente sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
Da ultimo, la circostanza che per l’area in esame fosse stato rilasciato un permesso a costruire per un intervento residenziale conferma la vocazione
edificatoria del cespite (aspetto mai messo in discussione), ma non incide di per sé sul valore dei terreni oggetto dell’avviso di accertamento.
Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato il giudicato esterno formatosi tra le parti con riferimento alla medesima imposta per l’annualità 2006, che aveva ritenuto congruo lo stesso valore venale delle aree edificabili, e la conciliazione giudiziale raggiunta tra le parti per l’annualità 2009.
4.1. Il motivo è infondato.
Nel richiamare, quanto alla conciliazione giudiziale relativa all’annualità 2009, le considerazioni già formulate nell’analizzare il secondo motivo, avuto riguardo all’asserito giudicato esterno, va qui evidenziato che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, con la conseguenza che lo stesso è escluso nelle fattispecie “tendenzialmente permanenti”, in quanto suscettibili di variazione annuale. In applicazione di tale principio, questa Corte, in una fattispecie analoga a quella in esame ( id est , con riferimento all’impugnazione di un avviso di accertamento in materia di ICI), ha escluso l’efficacia del giudicato intervenuto in un’altra controversia tra le stesse parti in relazione a diverse annualità, atteso il carattere variabile del presupposto di imposta costituito dal valore della rendita catastale (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17760 del 06/07/2018).
Nello stesso senso Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1300 del 19/01/2018 ha evidenziato che il valore immobiliare ex art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, per sua natura, con riferimento ai diversi periodi di imposta, è destinato a modificarsi nel tempo (conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18923 del 16/09/2011).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 27.2.2024.