Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31316 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31316 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4343/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO -SEZIONE STACCATA DI LATINA – n. 193/2017, depositata in data 26/01/2017, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/10/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con avviso di accertamento emesso a fini Irpef, Irap e Iva per l’anno di imposta 2008, l’Agenzia delle Entrate recuperava a imposizione maggiori ricavi nei confronti di NOME COGNOME, esercente l’attività di vendita al dettaglio di materiali per le costruzioni; l’accertamento si fondava sul calcolo del magazzino e delle percentuali di ricarico, effettuati, in larga parte, facendo riferimento ai contenuti di un programma informatico in uso allo stesso contribuente.
La Commissione tributaria provinciale di Latina accoglieva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, rigettava l’appello erariale. In particolare, evidenziava che l’Agenzia aveva acquisito erroneamente su supporto informati co il magazzino meccanizzato utilizzato dal contribuente per la quotidiana gestione delle vendite e degli acquisti e perciò utilizzato ai fini dell’accertamento un programma di gestione delle merci e non di gestione della contabilità che non riportava dettagliatamente il movimento di tutte le merci acquistate e vendute, non essendo aggiornato analiticamente, con conseguente erroneità sia del dato della percentuale di ricarico che dei ricavi; in secondo luogo, evidenziava che l’avviso era stato formato senza un vaglio critico del p.v.c. della Guardia di finanza ed in assenza di considerazione di quanto dedotto e prodotto dal contribuente sia in sede di invito a comparire che in fase di accertamento con adesione, in particolare l’inventario completo del
magazzino e le fatture di acquisto e vendita con conseguente ricalcolo della percentuale di ricarico.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato a tre motivi.
La società resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 18 ottobre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., la difesa erariale deduce nullità della sentenza per motivazione carente o meramente apparente, in violazione dell’art. 36, comma 1, d. lgs. n. 546 del 1992, dolendosi che la CTR abbia motivato senza tener in alcun conto gli elementi offerti dall’ufficio aderendo acriticamente alle tesi difensive del contribuente.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 2732, secondo comma, 2736 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., con violazione anche conseguenziale degli artt. 39, comma 1, lett. d, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972; l’ Agenzia censura la decisione: a) laddove , in violazione dell’art. 2732 e dell’art. 2735 cod. civ., non ha tenuto conto della circostanza che era stato lo stesso contribuente ad asseverare, con dichiarazioni di natura confessoria, che il programma era in uso per la contabilità interna di magazzino e che le risultanze del programma di gestione del magazzino fossero attendibili nella percentuale dell’85% ; b) laddove, in violazione delle disposizioni che regolano la prova presuntiva, non ha considerato la rilevanza probatoria della documentazione, se pur non obbligatoria, tenuta dal contribuente e rinvenuta dai verificatori o spontaneamente esibita; c) laddove ha ritenuto che la percentuale di ricarico dovesse essere
determinata tenendo conto di tutti i prodotti dell’azienda mentre era stato lo stesso contribuente a sottoscrivere gli elenchi contenuti nel p.v.c. dichiarando di accettarne il contenuto, con dichiarazione ancora di natura confessoria.
Con il terz o motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 l. n. 212 del 2000 nonché degli artt. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 d.P.R. n. 633 del 1972 ; l’Agenzia censura la decisione relativa al vizio di motivazione dell’avviso : a) laddove la CTR ha ritenuto il vizio in presenza di una mera adesione acritica al p.v.c.; b) laddove ha dato rilievo all’omessa motivazione sulla documentazione depositata in sede di invito; c) laddove ha dato rilievo all’omessa considerazione della documentazione depositata in sede di accertamento con adesione.
La sentenza censurata espone due rationes decidendi : la prima attinente al merito della ripresa e la seconda attinente al difetto di motivazione dell’avviso. La prima ratio decidendi è fatta oggetto dei primi due motivi e la seconda del terzo e ultimo motivo.
Il primo e il secondo motivo vanno esaminati congiuntamente in quanto attengono, in termini di vizio di motivazione apparente e violazione o falsa applicazione di norme di legge, all’omessa considerazione degli elementi offerti dall’ufficio e alla rilevanza di quanto dichiarato dal contribuente nel corso delle operazioni di verifica circa la valenza del programma informatico di gestione del magazzino delle merci, evidenziando che egli aveva riferito che i dati contenuti nel medesimo erano attendibili all ‘85% e che aveva altresì accettato gli elenchi elaborati dai verificatori.
3.1. Vanno respinte le eccezioni di inammissibilità.
In primo luogo, il ricorso non presenta vizi di specificità essendo gli elementi fattuali e le difese svolte nei gradi di merito compiutamente richiamati.
In secondo luogo, va osservato che, tenuto conto del contenuto complessivo del secondo motivo di ricorso in esame, nello stesso è stata chiaramente prospettata la violazione, in primo luogo, del principio del riparto dell’onere di prova nella particolare fattispecie, avendo, peraltro, il giudice del gravame del tutto omesso di esaminare gli elementi indiziari proposti dall’Agenzia ricorrente; nella prospettiva, dunque, della linea difensiva sulla quale si fonda la ragione di censura, correttamente parte ricorrente ha fatto riferimento anche alla violazione dell’art. 2697 cod. civ., norma sulla quale si basa la ripartizione dell’onere della prova.
Occorre poi osservare che quel che parte ricorrente lamenta non implica una rivalutazione degli elementi meritali, bensì involge la non corretta sussunzione della fattispecie nell’ambito del paradigma astratto delle norme citate, concretantesi, in particolare, nell’avere ritenuto che parte ricorrente non avesse assolto all’onere di prova su di esso gravante, nonostante la molteplicità di elementi indiziari, proposti a supporto della pretesa, di cui, non correttamente, il giudice del gravame ha del tutto ome sso l’esame .
La natura dei vizi dedotti esclude l’applicabilità dell’art. 3 48ter u.c. cod. civ.
Infine, la controricorrente ha eccepito un giudicato interno formatosi in appello sulle sanzioni, questione che però, alla luce della decisione di cassazione con rinvio, è in questa sede assorbita.
3.2. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione –
ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., n. 8053/2014; successivamente tra le tante Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 6626/2022).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Inoltre, il giudice non può, quando esamina le argomentazioni delle parti o i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la loro valutazione, perché questo è il solo contenuto «statico» della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi, tanto più in una fattispecie complessa, anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio,
che rappresenta il necessario contenuto «dinamico» della dichiarazione stessa (Cass. n. 32980/2018; Cass. n. 15964/2016).
E’ certamente vero che la motivazione assolta mediante richiamo o trascrizione degli atti di parte non vizia di per sé la sentenza (Cass. S.U. n. 642/2015) ma ciò non esclude che l’omessa pronuncia e il difetto o l’apparenza della motivazione possano essere denunciati e valutati di per sè, con esclusivo riferimento al contenuto oggettivo della sentenza, quindi indipendentemente dal fatto che essa sia stata redatta attraverso la ricopiatura di altri atti.
3.2. Costituiscono principi fermi di questa Corte quelli per cui:
le dichiarazioni rese dal contribuente alla Guardia di finanza in sede di verifica fiscale integrano una confessione stragiudiziale, ai sensi dell’art. 2735 cod. civ., costituendo prova non già indiziaria ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato a carico del dichiarante, non abbisognevole, come tale, di ulteriori riscontri (Cass. n. 592/2021; Cass. n. 12271/2007; Cass. n. 28316/2005; nello stesso senso cfr. Cass. n. 22616/2014; Cass. n. 12271/2007; Cass. n. 1286/2004);
la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell’adempimento degli obblighi di legge: ne deriva che qualora, a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell’impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta dal giudice priva di rilevanza probatoria, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle
indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle medesime con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente (da ultima Cass. n. 21432/2024).
3.3. Ciò premesso, il primo e secondo motivo sono fondati in quanto la CTR ha del tutto trascurato di motivare sulle circostanze dedotte dall’ufficio nel proprio appello, limitandosi ad affermare apoditticamente la inutilizzabilità della documentazione rinvenuta presso la sede del contribuente, poiché il programma sarebbe un programma di gestione delle merci e non della contabilità, del tutto escludendo il valore presuntivo degli elementi offerti dall’ufficio, laddove la prova presuntiva (o indiziaria) esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell’istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri (Cass. n. 3703/2012), e obliterando la natura confessoria delle dichiarazioni del contribuente.
4. Il terzo motivo è anch’esso fondato.
Ed infatti secondo questa Corte la motivazione dell’avviso di rettifica che rinvii a processi verbali della Guardia di Finanza, individuando in tal modo la causa giustificativa della pretesa impositiva, è requisito formale di validità dell’atto che si distingue da quello dell’effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l’indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria operanti nell’eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa (Cass. n. 6524/2020); la motivazione per relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al
contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. n. 39257/2018).
Inoltre, appare illogico ritenere un vizio di motivazione dell’avviso di accertamento perché l’amministrazione non avrebbe tenuto conto dei documenti depositati nella successiva fase di accertamento con adesione.
Concludendo, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza: la causa deve essere oggetto quindi di rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, per nuovo esame della stessa, cui si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.