Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14817 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14817 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19596/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in FIRENZE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. EMILIA ROMAGNA n. 345/2023 depositata il 07/03/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi i difensori delle parti.
FATTI DI CAUSA
1.La controversia riguarda l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di successione emesso nei confronti degli eredi di COGNOME NOME. L’Agenzia delle Entrate di Modena ha contestato l’omessa dichiarazione, nella successione, della partecipazione totalitaria di COGNOME Carlo nella società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE oltre a un credito per finanziamento soci vantato verso la stessa società.
Il de cuius NOME COGNOME era stato socio di alcune società italiane, tra le quali, due società per azioni italiane, rispettivamente denominate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’una e l’altra con oggetto sociale l’attività di holding; all’esito di un’operazione articolata, le azioni italiane della società italiane furono secondo l’assunto della contribuente – apparentemente trasferite in sequenza, prima, ad una e, poi, a un’altra società (RAGIONE_SOCIALE, localizzate in (allora) paradisi fiscali, e, infine, a un trust (THE SOLE TRUST).
Il trasferimento delle azioni rappresentative del capitale di RAGIONE_SOCIALE, a cura di RAGIONE_SOCIALE, in Liechtenstein risulta documentato da un contratto di vendita, redatto il 10 gennaio 1997, dove figura, quale cessionario la società RAGIONE_SOCIALE società estera, domiciliata a Vaduz, Principato del Lichtenstein e la nominata società fiduciaria italiana RAGIONE_SOCIALE, quale cedente. Nel corso dell’anno 1999, la stessa partecipazione fu oggetto di un nuovo trasferimento in favore di un’altra società di sede lussemburghese, denominata
RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti anche solo RAGIONE_SOCIALE, con annotazione della girata dei titoli a libro soci di RAGIONE_SOCIALE In data 19 dicembre 2001 le partecipazioni nella holding lussemburghese ed il credito per finanziamento soci, iscritto in bilancio, furono intestati a RAGIONE_SOCIALE
In seguito al decesso di NOME COGNOME in data 24 del mese di luglio 2015, i suoi figli presentavano la dichiarazione di successione (n. 3322) e, a seguire, altra dichiarazione (n. 9990). In data 30 settembre 2015, presentavano domanda di accesso alla procedura di Collaborazione Volontaria di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, L. n. 186/2014, per gli anni dal 2009 al 2013 compresi, così da regolarizzare gli attivi esteri del padre.
Nell’ambito di tale procedura, nel rispetto dei principi di spontaneità, completezza, veridicità e tempestività, gli eredi precisavano che RAGIONE_SOCIALE era una società interposta.
La C.T.P. di Modena con la sentenza n. 23/03/2019 accoglieva il ricorso.
Sull’appello dell’amministrazione finanziaria, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva, con sentenza 1090/2022, il gravame affermando< In estrema sintesi, può allora dirsi come non vi sia prova che tale credito fosse parte dell'asse. Vi sono alcuni indizi, anche suggestivi, che tuttavia non raggiungono il livello di gravità e precisione, sufficiente per confermare l'avviso di liquidazione impugnato … Non è sufficiente la presenza in un bilancio; è pur vero che i bilanci, per norma europea, debbono essere fedeli e che anche norme penalistiche italiane, pur se rese poco efficaci da riforme di questo secolo, tutelano tale fedeltà. Questo però non costituisce una presunzione in senso tecnico; quanto, piuttosto, un indizio (nella terminologia civilistica, una presunzione semplice). In breve: i bilanci dovrebbero essere fedeli; non è detto che lo siano; dal dato deontico non è possibile ricavare una prova. Non si tratta di un atto negoziale proveniente dal
defunto. Inoltre, la ricostruzione della parte appellata offre una ricostruzione alternativa, che ha pari o maggiore credibilità, rispetto alla esistenza del credito. La narrazione della parte appellata è invece credibile, nel senso che il defunto considerasse le varie società create come fittizie e, dunque, le voci di bilancio ivi esistenti fossero irrilevanti e, per certi versi, di fantasia.
L'Agenzia delle Entrate ricorre sulla base di due motivi avverso detta pronuncia.
Replicano con controricorso i contribuenti, i quali hanno depositato in prossimità dell'udienza memorie difensive.
Il P.G., nel ribadire le conclusioni scritte, insiste per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli. artt. 2377 e 2709 c.c. ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per avere i giudici di merito nell'affermare che l'iscrizione in bilancio di un credito del socio verso la società dà luogo ad una presunzione semplice dell'esistenza del credito stesso, superabile con la prova contraria – violato le norme che assegnano al bilancio approvato valore di prova legale di quanto ivi iscritto. Si afferma che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'art. 2709 c.c., nello statuire che i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l'imprenditore, pone in essere una presunzione (semplice), in sfavore di quest'ultimo, della veridicità di quanto ivi affermato (Sez. 1 n. 936 del 1996 Rv. 495724 -01; Sez. 1, Sentenza n. 11912 del 22/05/2009 Rv. 608574 – 01; Sez. 3, n. 6547 del 2013 Rv. 625359 -01; Sez. 1 n. 3190 del 2016 Rv. 638751 – 01). Nonostante detti principi, i giudici di merito hanno ritenuto probante dell'assenza delle partecipazioni, il fatto che gli
eredi avevano dedotto una diversa e credibile ricostruzione dei fatti « nel senso che il defunto considerasse le varie società create come fittizie e, dunque, le voci di bilancio ivi esistenti fossero irrilevanti e, per certi versi, di fantasia ».
La seconda censura reca il vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c.. in relazione all'art. 360, primo comma, n.4 c.p.c.; per avere il giudicante attribuito all'iscrizione del credito in bilancio valore di presunzione semplice, superabile e superata dalla prova contraria dei contribuenti ( … La narrazione della parte appellata è invece credibile, nel senso che il defunto considerasse le varie società create come fittizie…, quanto meno, ha una credibilità pari a quella che nasce dal mero appostamento in bilancio… ), incorrendo nella violazione della regola posta dall'articolo 116 c.p.c. per aver valutato liberamente una prova legale circa l'esistenza del credito recuperato a tassazione alle cui risultanze era di contro vincolata. Si obietta che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, prove legali.
3.In via preliminare vanno disattese le eccezioni di inammissibilità dedotte dai contribuenti, atteso che la questione relativa alla iscrizione in bilancio delle partecipazioni non è stata proposta per la prima volta in questa sede, ma è stata oggetto di discussione nel giudizio di merito, conclusosi con la sentenza impugnata che nega rilevanza dirimente alle scritture contabili. Allo stesso modo, la circostanza che l'avviso non operi alcun riferimento ai bilanci della società non osta alla produzione di elementi probatori in sede giudiziale di merito da parte di entrambe le parti processuali.
Il primo mezzo di ricorso è dunque ammissibile, contrariamente a quanto eccepito dai contribuenti, ma privo di pregio.
Tornando alla censura in rassegna, occorre ricordare che secondo l'art. 2709 c.c. ; a mente dell’art. 2377, comma 1, c.c., .
5.1.Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’art. 2709 c.c., nello statuire che i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore, pone in essere una presunzione (semplice), in sfavore di quest’ultimo, della veridicità di quanto ivi affermato, il cui apprezzamento è affidato alla libera valutazione del giudice del merito, alla stregua di ogni altro elemento acquisito agli atti di causa ed il relativo apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se sufficientemente motivato. (Cass. n. 11912 del 22/05/2009; Cass. n. 6547 del 2013; Cass. n. 3190 del 2016).
5.2.Le risultanze delle annotazioni contabili fanno sorgere una presunzione iuris tantum contraria all’imprenditore, ponendo una presunzione semplice di veridicità, a sfavore di quest’ultimo poiché egli può liberamente contrastare le proprie registrazioni con qualunque mezzo di prova; pertanto, tali scritture, come ammettono la prova contraria, così possono essere liberamente valutate dal giudice del merito, alla stregua di ogni altro elemento probatorio, e il relativo apprezzamento, come sopra esposto, sfugge al sindacato di legittimità, se sufficientemente motivato(Cass. n. 28217/2023).
5.3. La censura in rassegna ha chiara consistenza fattuale e intende inammissibilmente contestare la ponderazione, riservata al giudice del merito, del materiale istruttorio e la prevalenza assegnata ad alcune emergenze piuttosto che ad altre.
Soggiace al canone dell’inammissibilità anche la seconda doglianza.
6.1. L’inammissibilità deve essere predicata alla luce del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « per la violazione delle disposizioni che presiedono all’ammissione delle prove, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione delle relative norme, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr., SU n. 20867 del 20/09/2020), ed inoltre anche una violazione dell’art. 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960; Cass. n. 29232/2023).
6.2. Ebbene alla stregua del principio affermato da Cass. civ. sez. III, n. 6547 del 14 Marzo 2013 e Cass. n. 3190/2016, in motiv. dopo aver escluso che le scritture contabili possano integrare una confessione stragiudiziale, rilevando solo come elementi indiziari, le inquadra in una presunzione legale iuris tantum. L’art. 2709 c.c. consente, pertanto, un’inversione dell’onere della prova: il giudice, di fronte all’allegazione di una scrittura contabile a sfavore dell’imprenditore, dovrà ritenere vero il relativo contenuto, salvo che quest’ultimo riesca a fornire prova contraria. La prova contraria è rimessa al libero apprezzamento del giudice alla stregua di ogni
altro elemento acquisito agli atti di causa. Nella specie, a fronte delle scritture contabili, la Corte territoriale ha ben spiegato che non può essere attribuito ai bilanci il significato voluto dall’ente finanziario, in quanto esse offrono un indizio, valutando al contrario le costituite società come fittizie e dunque irrilevanti le voci in bilancio motivando ragionevolmente il motivo per cui, nel caso in esame, gli elementi acquisiti agli atti di causa portano a togliere rilievo alla predetta appostazione contabile( Cass. n. 105/2011; n. 4080/2015).
In conclusione, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi sopra indicati.
Segue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese sostenute dalla parte contribuente che liquida in euro 10.000,00 per compensi oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione del 9 aprile 2025.
Il Cons. estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME