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Valore probatorio bilancio: la Cassazione decide

In una controversia sull’imposta di successione, l’Agenzia delle Entrate contestava l’omissione di partecipazioni in società estere. La Cassazione ha stabilito che il valore probatorio del bilancio è quello di una presunzione semplice, non di una prova legale assoluta. Gli eredi hanno dimostrato con successo che le società erano fittizie, superando così la presunzione derivante dalle scritture contabili e ottenendo l’annullamento della pretesa fiscale.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore probatorio del bilancio: non è prova assoluta

Il valore probatorio del bilancio e delle scritture contabili è un tema cruciale nelle controversie tributarie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che le annotazioni contabili non costituiscono una prova legale inconfutabile, ma una presunzione ‘iuris tantum’, superabile con prove contrarie. Questo principio si rivela fondamentale quando l’amministrazione finanziaria basa le proprie pretese esclusivamente su tali documenti, come nel caso di una complessa vicenda legata a una successione e a società estere.

I fatti di causa

La controversia nasce da un avviso di rettifica per l’imposta di successione emesso nei confronti degli eredi di un imprenditore. L’Agenzia delle Entrate contestava l’omessa dichiarazione della partecipazione totalitaria in una società lussemburghese e di un cospicuo credito per finanziamento soci vantato dal defunto verso la stessa.
La storia patrimoniale era complessa: le partecipazioni in società italiane del defunto erano state trasferite, attraverso una serie di operazioni articolate, prima a società domiciliate in paradisi fiscali (Liechtenstein e Lussemburgo) e infine a un trust. Gli stessi eredi, in sede di procedura di collaborazione volontaria, avevano dichiarato che una delle società estere era una mera ‘società interposta’, ovvero un soggetto fittizio che mascherava la reale proprietà dei beni.

La decisione dei giudici di merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione ai contribuenti. In particolare, i giudici d’appello avevano sostenuto che la semplice iscrizione di un credito nel bilancio societario non fosse una prova sufficiente della sua esistenza. Sebbene i bilanci debbano essere redatti con fedeltà, questa è una norma ‘deontica’ (un dover essere) che non si traduce automaticamente in una prova legale. La ricostruzione alternativa offerta dagli eredi, secondo cui il defunto considerava le società come fittizie e le voci di bilancio come ‘di fantasia’, è stata ritenuta credibile e sufficiente a smontare la tesi dell’Agenzia.

Il valore probatorio del bilancio secondo la Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero errato nel declassare il valore probatorio del bilancio a semplice indizio, violando l’articolo 2709 del codice civile. Secondo l’Agenzia, le scritture contabili costituiscono prova legale contro l’imprenditore.
La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, fornendo un’importante precisazione sull’interpretazione della norma.

La distinzione tra prova legale e presunzione semplice

La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: l’art. 2709 c.c. stabilisce che le scritture contabili fanno prova contro l’imprenditore, ma questo dà origine a una presunzione semplice (o ‘iuris tantum’) di veridicità. Non si tratta di una prova legale assoluta e inscalfibile.

L’onere della prova contraria

Questo significa che il contenuto delle scritture contabili si presume vero, invertendo l’onere della prova: spetta all’imprenditore (o ai suoi eredi, in questo caso) dimostrare il contrario. Essi possono farlo con qualsiasi mezzo di prova. Il giudice del merito ha il compito di valutare liberamente tutte le prove acquisite, comprese quelle contrarie alle risultanze contabili, e il suo apprezzamento, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello abbiano fatto corretta applicazione di questi principi. A fronte delle risultanze contabili prodotte dall’Agenzia, la Corte territoriale ha spiegato in modo ragionevole perché tali elementi non fossero decisivi. Ha valutato la ricostruzione dei fatti offerta dai contribuenti, considerandola credibile e idonea a dimostrare la natura fittizia delle società estere e, di conseguenza, l’irrilevanza delle relative voci di bilancio. La decisione di attribuire maggior peso alla narrazione degli eredi rispetto alla mera appostazione contabile rientra nel potere di valutazione delle prove del giudice di merito.

Le conclusioni

La sentenza conferma un principio di fondamentale importanza pratica: un’iscrizione in bilancio, da sola, non è sufficiente a fondare una pretesa fiscale se il contribuente è in grado di fornire una prova contraria credibile e ben argomentata. Il valore probatorio del bilancio è quello di una presunzione relativa, che può essere superata. Questa decisione sottolinea come, anche di fronte a strutture societarie estere complesse, la sostanza economica e la realtà fattuale possano prevalere sulla forma documentale, a patto di riuscire a fornirne una prova convincente in giudizio.

Le scritture contabili di una società costituiscono una prova assoluta contro l’imprenditore?
No, secondo la sentenza, le scritture contabili generano una presunzione ‘iuris tantum’ (relativa) di veridicità. Ciò significa che il loro contenuto si presume vero, ma l’imprenditore può sempre fornire una prova contraria per dimostrare che non corrispondono alla realtà.

Cosa significa che un bilancio ha valore di presunzione semplice?
Significa che le informazioni contenute nel bilancio sono considerate vere fino a prova contraria. Non si tratta di una prova legale che vincola il giudice in modo assoluto. Il giudice può e deve valutare liberamente anche altre prove che contraddicono le risultanze contabili per formare il proprio convincimento.

In questo caso, perché la Cassazione ha dato ragione ai contribuenti?
La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito perché questi ultimi avevano ritenuto credibile e provata la ricostruzione dei fatti offerta dagli eredi. La loro spiegazione, secondo cui le società estere erano fittizie e le voci di bilancio irrilevanti, è stata considerata una prova contraria sufficiente a superare la presunzione di veridicità derivante dalle scritture contabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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