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Valore patrimonio sociale: la Cassazione sceglie il mercato

Una società ha richiesto un rimborso IRES per una minusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione estera. Il punto centrale era l’interpretazione del concetto di “valore patrimonio sociale” nell’art. 87 TUIR per l’applicazione del regime PEX. La Corte di Cassazione ha stabilito che deve essere utilizzato il valore di mercato e non quello contabile, respingendo il ricorso della società poiché non aveva fornito tale prova.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore Patrimonio Sociale: la Cassazione sceglie il Mercato per la PEX

Con la sentenza n. 898/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per le società holding: come si determina il valore patrimonio sociale ai fini dell’applicazione del regime della Participation Exemption (PEX)? La pronuncia stabilisce un principio chiaro: prevale il valore di mercato su quello contabile. Analizziamo questa importante decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore energetico aveva ceduto una partecipazione in una holding estera, fiscalmente residente in un paese a fiscalità privilegiata (c.d. black list). Da questa operazione era emersa una significativa minusvalenza. Nel dubbio sulla sua deducibilità fiscale, la società aveva versato l’IRES corrispondente, presentando successivamente un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate.

Il diniego dell’Amministrazione finanziaria ha dato il via a un contenzioso incentrato sulla corretta interpretazione dell’art. 87, comma 5, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questa norma, nel disciplinare l’applicazione della PEX alle holding, richiede di verificare i requisiti di legge (commercialità e residenza non privilegiata) in capo alle società indirettamente partecipate che rappresentano “la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante”. La società sosteneva che tale valore dovesse essere quello contabile, mentre l’Agenzia delle Entrate propendeva per il valore di mercato.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la tesi dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno affermato che, per valutare l’attività prevalente di una holding ai fini PEX, occorre fare riferimento al valore corrente (o di mercato) delle partecipazioni e non al valore iscritto in bilancio. Di conseguenza, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti sulla base di tale valore gravava sulla società contribuente, che non è riuscita a fornire tale dimostrazione.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su tre argomenti principali:

1. Interpretazione Letterale: Il testo dell’art. 87, comma 5, TUIR parla genericamente di “valore”, senza specificare che debba essere quello contabile. La Corte osserva che, in altre norme del TUIR, quando il legislatore ha inteso riferirsi al valore contabile, lo ha fatto espressamente.
2. Volontà del Legislatore: L’analisi della relazione di accompagnamento alla riforma dell’imposizione sul reddito delle società (D.Lgs. 344/2003) conferma che il riferimento al patrimonio dovesse essere inteso come “valore corrente del patrimonio stesso” e non come valore contabile.
3. Finalità Antielusiva (Ratio): La norma ha lo scopo di evitare che il regime di esenzione PEX venga esteso a plusvalenze derivanti da società che non ne avrebbero diritto, attraverso l’interposizione di una holding. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario “guardare attraverso” lo schermo societario della holding e valutare gli asset sottostanti al loro valore effettivo, ovvero quello di mercato. Utilizzare il valore contabile potrebbe non riflettere la reale consistenza economica del patrimonio.

La Corte ha inoltre chiarito che la successiva introduzione dell’art. 162-bis TUIR, che definisce le holding sulla base di valori di bilancio, non modifica la disciplina speciale e antielusiva dell’art. 87. Si tratta di una norma generale che non deroga a quella speciale preesistente (lex specialis derogat legi generali).

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per le holding che intendono applicare il regime PEX. La valutazione del valore patrimonio sociale delle società partecipate deve avvenire a valori correnti di mercato. Questa interpretazione aumenta la complessità per i contribuenti, che devono essere in grado di determinare e provare il valore di mercato delle loro partecipazioni, specialmente se detenute in società non quotate o in ordinamenti esteri con limitato accesso alle informazioni. La decisione rafforza la finalità antielusiva della norma, ancorando la verifica dei requisiti PEX alla sostanza economica effettiva degli investimenti detenuti dalla holding.

Per determinare i requisiti della PEX per una holding, si deve usare il valore contabile o il valore di mercato delle partecipate?
Secondo la Corte di Cassazione, per l’applicazione dell’art. 87, comma 5, TUIR, si deve fare riferimento al valore corrente, ovvero al valore di mercato, del patrimonio sociale della società partecipata, e non al valore iscritto in bilancio.

Perché la Corte ha preferito il valore di mercato a quello contabile?
La Corte ha motivato la sua scelta sulla base di un’interpretazione letterale della norma, della volontà storica del legislatore e, soprattutto, della ratio antielusiva della disposizione. L’obiettivo è impedire un uso distorto del regime PEX valutando gli asset sottostanti al loro valore effettivo.

La nuova definizione di holding dell’art. 162-bis TUIR, che si basa su valori contabili, si applica alla disciplina PEX?
No. La Corte ha stabilito che l’art. 87, comma 5, TUIR costituisce una norma speciale con finalità antielusiva e, come tale, non è derogata dalla successiva introduzione della norma generale contenuta nell’art. 162-bis TUIR.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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