Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2627 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Valori OMI-
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2627 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 3635 del ruolo generale dell’anno 20 22, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 2521/23/2021, depositata in data 5 luglio 2021, non notificata.
Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Sulla base della documentazione acquisita in sede di accesso in data 28.8.2007 presso la società RAGIONE_SOCIALE svolgente attività di compravendita di beni immobili, l’Agenzia delle entrate -Ufficio di Brescia 2notificava a quest’ultima avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito di impresa, ai fini Ires, Iva e Irap, per il 2004, contestando l’omessa contabili zzazione di ricavi relativamente, per quanto ancora di interesse, alla cessione documentata dalla fattura n. 1 del 2.01.2004; in particolare, con tale fattura, la società ricorrente (utilizzatorecedente) aveva ceduto per euro 1.200.000,00 oltre Iva, a RAGIONE_SOCIALE un contratto di locazione finanziaria immobiliare stipulato il 3.6.1997 con RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto unità immobiliari di un opificio sito in Castenedolo (BS) . In relazione a tale contratto, l’Ufficio aveva rideterminato il prezzo di cessione in euro 4.590.079,61, recuperando a tassazione un maggiore imponibile di euro 3.390.079,61, avuto riguardo al valore normale dei beni immobili facenti parte dell’opificio , sulla base dei valori Omi e di altri dati in suo possesso.
In sede di accertamento con adesione, l’Amministrazione, sulla scorta di nuova documentazione, aveva rivisto parzialmente le proprie valutazioni, riducendo il maggiore imponibile da recuperare in euro 692.305,82.
3.Avverso il suddetto avviso, RAGIONE_SOCIALE ricorreva dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, che con sentenza n. 153/06/2010, lo accoglieva parzialmente rideterminando in euro 692.305,82 il maggiore imponibile Ires.
Avverso la sentenza di primo grado, la detta società proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia che, con sentenza n. 139/65/2011, condivideva la rideterminazione del maggiore imponibile in euro 692.000,00, estendendola anche all’Irap e all’Iva .
Avverso la sentenza di appello, la società contribuente presentava ricorso per cassazione affidato a sei motivi di ricorso. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 13919 del 2018, accoglieva i primi tre motivi di ricorso, respingendo gli altri, cassando la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti (con i quali la parte lamentava sostanzialmente un vizio motivazionale in punto di determinazione del valore normale del complesso immobiliare dedotto nel contratto di leasing oggetto di cessione) con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
Riassunto il giudizio a cura di RAGIONE_SOCIALE, la CTR della Lombardia, sezione di Brescia, con la sentenza n. 2521/23/21, rigettava l’appello della società contribuente, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la suddetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
9 . Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., per avere la CTR in sede di rinvio
-reiterando il medesimo errore giuridico già censurato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 13919 del 2018 e violandone il dictum -confermato la rettifica reddituale, configurando le quotazioni OMI alla stregua di una cripto-presunzione assoluta insuscettibile di prova contraria. Al riguardo, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe fatto un asettico riferimento ai valori OMI nel determinare il maggiore valore di mercato degli immobili dedotti nel contratto di locazione finanziaria oggetto di cessione, senza considerare le circostanze di fatto documentate dalla società nel corso del giudizio (insistenza degli immobili in questione tra aree depresse, vetustà del complesso industriale, mancanza di finiture di pregio) idonee a supportare la coerenza del prezzo di cessione, e facendo, in una prospettiva ad adiuvandum totalmente insufficiente, un astratto e decontestualizzato rinvio per relationem alla perizia RAGIONE_SOCIALE, privo di un’analisi , in concreto, del contenuto della stessa (neanche in contrapposizione alla perizia COGNOME e non curante della disomogeneità qualitativa e quantitativa delle risultanze di tale elaborato peritale rispetto alla fattispecie concreta.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR , in sede di rinvio, attribuito, in contrasto con il criterio distributivo dell’onere probatorio, una presunta valenza probatoria qualificata a mere affermazioni unilaterali. In particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe, da un lato, negato apoditticamente ogni rilievo alla perizia COGNOME senza illustrare le motivazioni di un asserito difetto di attendibilità della stessa e senza apprezzarne i contenuti sostanziali, e, dall’altro, affermato la priorità qualitativa della perizia RAGIONE_SOCIALE senza illustrare le ragioni per cui la stessa potesse costituire un valido elemento di riscontro dei valori OMI riferiti agli immobili in oggetto e senza vagliare gli argomenti dedotti dalla contribuente nei gradi di giudizio e in sede di riassunzione circa la disomogeneità della consistenza degli immobili nella misura in cui – rispetto alla cessione del contratto di leasing riguardante un perimetro immobiliare costituito dai subalterni 5, 6, 502 e 507 – la perizia Agrileasing concerneva anche i subalterni n. 508 e n. 509 dell’edificio di Castenedolo. Ciò si sarebbe tradotto in una decisione di fatto apoditticamente orientata a privilegiare
le tesi erariali, implicitamente considerate alla stregua di una presunzione legale, sebbene la contribuente avesse addotto, in sede processuale, consistenti argomenti a confutazione degli elementi indiziari dell’Ufficio.
3.I primi due motivi di ricorso – da trattare congiuntamente per connessionesono infondati.
3.1. Va premesso che i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua ” potestas iudicandi “, oltre ad estrinsecarsi nell ‘ applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ” ex novo ” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (Sez. 2 – , Sentenza n. 448 del 14/01/2020; SU n. 11303 del 2014).
3.2.Nella sentenza n. 13919 del 2018, la Corte di cassazione, in accoglimento dei primi tre motivi- ha ritenuto la sentenza impugnata affetta da vizio motivazionale stante l’acritico recepimento della decisione di primo grado senza dare conto dei motivi di appello relativi alla assunta insufficienza dei valori OMI ai fini della determinazione del valore di mercato degli immobili dedotti nel contratto di leasing oggetto di cessione, nonché alla eccepita inidoneità probatoria -anche alla luce dell’elaborato peritale prodotto dalla società contribuente – della perizia di stima redatta in occasione della successiva
cessione effettuata da RAGIONE_SOCIALE ad altra società di leasing nell’ambito di una differente operazione di sale and lease back; dopo avere richiamato i principi di diritto in tema di quotazioni OMI, aventi valenza probatoria ai fini della determinazione del valore normale degli immobili, solo se integrati da ulteriori elementi presuntivi, gravi, precisi e concordanti (sono richiamate Cass. n. 9474/2017; Cass. n. 25707/2015), la Corte ha, dunque, rinviato al giudice di merito affinché riconsiderass e la fattispecie alla luce di tale indirizzo ‘ fornendo completa ed esauriente motivazione del proprio convincimento in rapporto ai motivi di opposizione e alle censure dedotte in giudizio ‘.
2.4. Nella sentenza impugnata il giudice del rinvio – in ossequio ai principi di diritto richiamati nella sentenza n. 13919 del 2018 e con una motivazione congrua ed esente da vizi logici-giuridici -ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE maggiori ricavi in relazione alla cessione, nel 2004, a RAGIONE_SOCIALE di un contratto di locazione finanziaria immobiliare stipulato il 3.6.1997 con RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto unità immobiliari di un opificio sito in Castenedolo, rideterminando il prezzo di cessione di euro 1.200.000,00 (oltre Iva) in euro 4.590.079,61, avuto riguardo al valore normale dei beni immobili in oggetto, sulla base dei valori OMI e di altri dati in suo possesso. In particolare come esposto nella sentenza impugnata – nella rideterminazione del prezzo di cessione, l’Ufficio aveva tenuto presente i seguenti dati: 1) il valore di comune commercio del bene immobile, secondo i valori OMI, risultava essere pari a euro 5.632.544,00; 2) nel contratto di locazione finanziaria stipulato, in data 3.6.1997, da RAGIONE_SOCIALE con la concedente RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE il valore di acquisto corrispondeva a euro 2.582.284,50, ampiamente superiore a euro 1.200.000,00; 3) da interrogazioni dell’anagrafe tributaria emergeva che RAGIONE_SOCIALE, subentrante nel leasing, dopo meno di un anno (con atto del 27.12.2004) aveva rivenduto a Banca Agrileasing s.p.a., mantenendone l’utilizzo , gli immobili subalterni 6, 502, 507, 508 e 509 per un valore complessivo di euro 2.800.000,00, come stabilito da una perizia di stima affidata
dalla Banca all’arch. COGNOME (il quale aveva espresso una valutazione pari a euro 2.800.000,00 -2.850.000,00); 4) RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE, nel periodo in cui era stata utilizzatrice del contratto di leasing, aveva corrisposto l’importo complessivo di euro 2.610.129,79 (corrispondente alla somma del maxicanone iniziale e delle 76 rate mensili). Posto quanto sopra e premesso anche che l’Ufficio, in sede di accertamento con adesione, sulla base delle osservazioni di parte contribuente, aveva ridotto il maggiore imponibile in euro 692.305,82, la CTR, in sede di rinvio – in applicazione del principio di diritto secondo cui ‘ In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dall’art. 35, comma 3, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti .” (Cass. n. 9474 del 2017; v. anche conforme, Cass. sez. 5, n. 2155 del 25/01/2019) – ha ritenuto che, ai fini della determinazione del valore normale dei beni immobili dedotti nel contratto di leasing oggetto di cessione, il ricorso ai valori OMI trovava un valido termine di confronto nella perizia estimativa RAGIONE_SOCIALE. Al riguardo, il giudice del rinvio, senza incorrere nella denunciata violazione delle norme in tema di formazione della prova presuntiva né tantomeno del criterio distributivo dell’onere della prova, ha valutato la portata della perizia redatta da un consulente della società di RAGIONE_SOCIALE, quale elemento indiziario ad adiuvandum ritenendo – con un apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità -che ‘ la breve
distanza tra la cessione del contratto di leasing e la successiva rivendita ad RAGIONE_SOCIALE consentivano di confermare il valore indicato nella perizia estimativa a supporto di questa, redatta da due parti coinvolte ‘. In base a tale considerazione, la CTR ha anche superato l’ecce zione di parte contribuente circa l’assunta disomogeneità qualitativa e quantitativa delle risultanze di tale elaborato peritale rispetto alla fattispecie concreta configurando, ad avviso della società contribuente, la rivendita, effettuata con atto registrato, in data 11 gennaio 2005, da RAGIONE_SOCIALE al prezzo di 2.800.000,00, un primo step di una diversa operazione di sale and lease back (in cui la parte venditrice e il soggetto beneficiario del leasing erano RAGIONE_SOCIALE mentre la parte acquirente e finanziatrice era la banca Agrileasing s.p.a.) e quindi una compravendita a scopo di finanziamento. Pertanto, nella sentenza impugnata, il giudice del rinvio – conformemente ai principi richiamati dalla sentenza n. 13919/2018 della Corte di cassazione e fornendo una esauriente motivazione del proprio convincimento in rapporto ai motivi di censura proposti -ha confermato la legittimità della ripresaavuto riguardo all’imponibile come rivisto dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione atteso che l’accertamento del valore normale dei beni dedotti nel contratto di leasing oggetto di cessione era risultato il frutto non già della mera applicazione dei valori OMI ma del concorso di una serie di elementi presuntivi stimati gravi, precisi e concordanti (il prezzo di valore della locazione finanziaria stipulata in data 3.6.1997 corrispondente a euro 2.582.284,50; la successiva rivendita da parte di Coorti Romane s.r.l., subentrante nel leasing, dopo meno di un anno, alla Banca Agrileasing s.p.a., mantenendone l’utilizzo, degli immobili in questione per un valore complessivo di euro 2.800.000,00, come da stima fatta dal perito della Banca in occasione della stessa, il quale aveva espresso una valutazione pari a euro 2.800.000,00 2.850.000,00; pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE, nel periodo in cui era stata utilizzatrice del contratto di leasing dell’importo complessivo di eur o 2.610.129,79 corrispondente alla somma del maxicanone iniziale e delle 76 rate mensili). Peraltro, la CTR ha anche dato espressamente conto della perizia di stima prodotta dalla società contribuente in giudizio ritenendo – in base ad una
valutazione di merito insindacabile in questa sede che la stessa ‘ non evidenziava sufficientemente il valore di mercato del bene pur essendo giurata, in quanto il requisito della indipendenza del tecnico redattore si appalesava superato dalla perizia redatta a fine esercizio a supporto della cessione successiva ad RAGIONE_SOCIALE soggetto terzo sia pure finanziatore oltre che acquirente ‘. Pertanto, la ragione della asserita priorità qualitativa attribuita dal giudice del rinvio alla perizia RAGIONE_SOCIALE rispetto alla perizia COGNOME si sostanzia nella ravvisata provenienza della stessa da un soggetto estraneo rispetto alle parti contraenti della cessione (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), essendo stata elaborata da un consulente della società di leasing. Il giudice del rinvio ha poi conclusivamente evidenziato che ‘l’assenza di variazioni di consistenza rilevanti o di importanti migliorie effettuate nel breve lasso di tempo tra le due operazioni (la cessione del contratto di leasing e la successiva rivendita ad RAGIONE_SOCIALE) rafforzavano la valutazione confermando le deduzioni dell’Ufficio’. Né il giudice del merito deve dare conto di ogni allegazione, risultando necessario e sufficiente (in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ.) che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti non espressamente esaminati (Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. 6-1, 17 maggio 2013, n. 12123).
3. Con il terzo motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di contraddittorio tra le parti, avendo la CTR, in sede di rinvio – violando il dictum della Corte di cassazione, nella sentenza n. 13919 del 2018, circa la necessaria valutazione della eccepita non decisività della stima operata in occasione della successiva cessione del contratto da parte di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di un’operazione di sale and lease back – omesso di considerare i dedotti fatti storici che avrebbero condotto ad un giudizio di scarsa affidabilità e persuasività della perizia RAGIONE_SOCIALE (vetustà dei cespiti oggetto di stima, con conseguente impatto sugli esiti dell’attività estimativa; diversità della struttura dell’immobile sub 502 -pizzeria – non costruito in cemento armato ma in prismi in leka con
coperture di eternit ; considerazione nella perizia di alcuni arredi dell’immobile sub 502 non di proprietà di RAGIONE_SOCIALE; prevista possibilità da parte del conduttore, con riferimento all’immobile sub 6 adibito a supermarket , di asportare, al termine del rapporto negoziale, ogni miglioria medio tempore apportata; stima per eccesso del valore degli immobili, di circa euro 1000 al mq, senza considerazione della vetustà degli stessi, in rapporto al valore di mercato di euro 700,00 al m.q. di quelli di nuova fabbricazione; differente funzione commerciale di alcuni degli immobili con riflessi sul piano estimativo; stima redatta nel novembre del 2004, successivamente alla data di stipula del gennaio 2004 della cessione del contratto di leasing, con inclusione degli interventi modificativi e migliorativi medio tempore realizzati) o ‘ quanto meno ad un approfondito esame comparativo dei contenuti della stessa rispetto alla perizia COGNOME , quale tertium comparationis . Peraltro, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe confermato il valore indicato nella perizia estimativa RAGIONE_SOCIALE senza: 1) precisare in che termini il valore di stima di euro 2.800.000 solo per taluni cespiti oggetto del contratto di leasing potesse integrare i valori OMI degli immobili in questione di euro 5.632.544,00; 2) valutare la disomogeneità strutturale tra l’operazione di sale and lease back tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, oggetto della perizia RAGIONE_SOCIALE, e l’anteriore cessione del contratto di leasing intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE concretando la prima una cessione a scopo di finanziamento e la seconda una cessione a scopo di compravendita.
3.1. Il motivo si profila inammissibile atteso che il vizio specifico denunciabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., così come riformulato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella I. 7 agosto 2012, n. 134, richiede che il fatto asseritamente omesso sia un fatto storico, con la conseguenza che, a tali fini, non costituiscono fatti le deduzioni difensive e gli elementi istruttori (cfr. Cass., ord., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass. sez. 5, n. 18710 del 2022); sotto altro aspetto, si osserva che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Sez. 5, n. 24584 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma -quanto all’assunta mancata valutazione da parte del giudice di appello, in sede di rinvio, di circostanze dedotte che avrebbero condotto ‘ ad un giudizio di scarsa affidabilità e persuasività della perizia RAGIONE_SOCIALE ‘ o ‘ quanto meno ad un approfondito esame comparativo dei contenuti della stessa rispetto alla perizia Lupo ‘ – di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte. Tanto più che la CTR in sede di rinvio, ha espressamente valutato la valenza probatoria della perizia RAGIONE_SOCIALE, quale valido elemento ad adiuvandum rispetto alle quotazioni OMI, nella determinazione del valore venale degli immobili in questione, superando anche l’eccezione di disomogeneità strutturale tra l’operazione di sale and lease back tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, oggetto della perizia RAGIONE_SOCIALE, e l’anteriore cessione del contratto di leasing intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE atteso che ‘ la breve distanza tra la cessione del contratto di leasing e la successiva rivendita ad RAGIONE_SOCIALE consentivano di confermare il valore indicato nella perizia estimativa a supporto di questa, redatta da due parti coinvolte ‘. Invero, la valutazione dei documenti e delle altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5,n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 3 e 13 del d.P.R. n. 633 del 1972 in materia di Iva in combinato con l’art. 2909 c.c. per avere la CTR, in sede di rinvio, qualificato
intangibile -in quanto coperta da un giudicato sostanziale -la rettifica in materia di Iva sebbene la contestazione ai fini Iva non avesse avuto una propria autonoma sostenibilità, essendo derivata e dipendente dal rilievo in materia di Ires con la conseguenza che – risultando ancora sub iudice il rilievo ai fini Ires (ancorato alla configurabilità di un maggiore valore normale degli immobili in questione) altrettanto doveva ritenersi per quanto concerneva il rilievo ai fini Iva.
4.1. Il motivo è inammissibile in quanto non è attinente al decisum .
4.2. Nella sentenza n. 13919 del 2018 la Corte di cassazione, nel rigettare il quarto motivo – con il quale veniva dedotta la violazione degli artt. 3 e 13 del d.P.R. 633/72 per avere la CTR esteso gli effetti del maggiore valore immobiliare ritenuto congruo anche all’Iva, sebbene ai fini di quest’imposta, rilevass e non già il criterio del valore normale di mercato del bene bensì il corrispettivo contrattuale la Corte ha osservato che come l’avviso opposto facesse comunque riferimento anche ad una maggiore imposizione Iva sotto il profilo della omessa fatturazione di una parte del corrispettivo (relativa alla differenza tra l’importo fatturato e il maggior prezzo di mercato degli immobili in questione), per cui era in discussione il fatto che ‘ la società avesse sottofatturato il corrispettivo ‘ e si poneva unicamente ‘ la necessità dell’accertamento fattuale di tale omessa parziale fatturazione in una con quanto stabilito in rapporto all’imposta sul reddito ‘.
4.3.Nella sentenza impugnata la CTR, in sede di rinvio, lungi dall’affermare l’intangibilità in quanto coperta da un ‘giudicato sostanziale’ della rettifica in materia di Iva, dopo avere premesso l’estensibilità del maggiore imponibile all’Iva (avendo la Corte di cassazione rigettato il quarto motivo di ricorso) ha rapportato, in ossequio alle richiamate prescrizioni della Corte, la maggiore imposizione Iva ‘al maggiore valore riconosciuto ai fini Ires’.
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 19.11.2024