Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5894 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
Oggetto: IRES, IRAP, IVA 2005 -Cessione di immobili -Accertamento di maggiori corrispettivi -Ammontare del mutuo erogato agli acquirenti Valore indiziario
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25857/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al contro ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale ha indicato come domicilio digitale EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 7060/06/2021, depositata in data 1° ottobre 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate notificò alla RAGIONE_SOCIALE – società operante nel settore delle costruzioni -un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2005, con il quale, sulla base dei dati e delle notizie fornite dal sistema informativo dell’Anagrafe tributaria ed attraverso l’accesso alla banca dati OMI, accertava maggiori ricavi a seguito della rettifica in aumento, nella misura di Euro 466.905,00, dei corrispettivi delle cessioni di undici unità immobiliari ad uso abitativo site in Teverola, accertando le maggiori IRES, IRAP e IVA conseguentemente dovute.
L’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Caserta che accolse il ricorso della contribuente; i giudici di prossimità ritennero non violata la normativa fiscale in quanto la società aveva dichiarato come valore delle compravendite quello concordato all’epoca dei preliminari.
2. L’Ufficio interpose appello avverso detta decisione; la Commissione tributaria regionale della Campania rigettò il gravame con la seguente motivazione: «effettivamente dal prospetto di frazionamento del mutuo, e dalle puntuali note aggiunte e controdeduzioni depositate dall’appellata rispettivamente in primo e, secondo grado, non risulta quanto asserito dall’Ufficio; infatti per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui; va inoltre considerato anche che le modalità di vendita delle 32 unità “su progetto” effettuate con compromessi registrati oltre tre anni prima della stipula notarile, e con versamento di acconti periodici regolarmente fatturati, hanno comportato che i ricavi sono stati “spalmati” in più anni e non era consentito l’applicazione dei prezzi di mercato all’epoca del rogito perché già fissati nelle promesse di vendita; tale modalità di vendita ben documentata costituisce prova che appare adeguata a precludere la valutazione risultante dalla banca dati OMI; ne consegue la conferma della sentenza impugnata».
L’Agenzia delle entrate propo se, quindi, ricorso per cassazione affidato a due motivi, ovvero:
i.) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., «l’omessa, o comunque insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione» della sentenza impugnata sotto i profili: a) che l’affermazione che, «dal prospetto di frazionamento del mutuo, non risulta quanto asserito dall’Ufficio» non è motivata; b) della contraddittorietà dell’affermazione che «non risulta quanto asserito dall’Ufficio» anche perché «per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui»; c) che, nell’affermare che vi era stato «versamento di acconti periodici e regolarmente fatturati hanno comportato che i ricavi sono stati “spalmati” in più anni», la CTR: c.1) non ha dato conto degli elementi da cui tali versamenti risulterebbero né ha accertato se i rogiti riportassero gli stessi come parti del prezzo già pagate; c.2.) ha trascurato che il fatto che l’importo di mutui stipulati al momento dei rogiti fosse superiore ai prezzi in questi indicati non poteva essere spiegato con il precedente versamento di acconti; d) che l’affermazione che «non era consentito l’applicazione dei prezzi di mercato all’epoca del rogito perché già fissati nelle promesse di vendita» è «inconciliabile» anche con il fatto che, nei casi in cui i contratti preliminari non erano stati registrati, i rogiti recavano un prezzo non uguale ma inferiore a quello indicato nel preliminare;
ii) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 1, comma 265, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dell’art. 2727 cod. civ., per non avere la CTR considerato -in contrasto con tali disposizioni -che la superiorità «(o comunque eccessiv)» dei mutui rispetto ai prezzi indicati nei rogiti era idonea a dare luogo, in assenza di adeguate giustificazioni da parte della contribuente, a legittime presunzioni di cessione delle unità immobiliari per corrispettivi superiori a quelli dichiarati, indipendentemente da
quanto stipulato nel preliminare e dall’eventuale versamento di acconti, nonché a costituire «adeguato supporto» alle ulteriori presunzioni circa la corrispondenza dell’effettiva entità dei corrispettivi ai valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI).
Con l’ordinanza n. 33 623/2019 questa Corte accolse il ricorso.
3.1. Riguardo al primo motivo di ricorso, dopo aver dichiarato inammissibile in quanto non autosufficiente il profilo di doglianza sub d), espose che:
‘l’a ffermazione della sentenza impugnata che, «dal prospetto di frazionamento del mutuo, non risulta quanto asserito dall’Ufficio è, in effetti, anapodittica e, perciò, non motivata, non estrinsecando né quali siano le risultanze del suddetto prospetto né perché esse smentirebbero le asserzioni dell’ufficio, cosicché è impossibile comprendere il ragionamento che ha indotto la CTR a quest’ultimo convincimento (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; in senso conforme, Cass., 23/05/2019, n. 13977);
è altresì fondato, in secondo luogo, il secondo profilo di doglianza, con il quale la ricorrente lamenta la contraddittorietà dell’affermazione che «non risulta quanto asserito dall’Ufficio» anche perché «per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui»;
questa Corte ha più volte ribadito che l’erogazione agli acquirenti di immobili di mutui di importo superiore al prezzo indicato nell’atto pubblico di compravendita è sufficiente a giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati in misura corrispondente a tale prezzo (Cass., 09/06/2017, n. 14388, 25/01/2019, n. 2155); pertanto risulta chiaramente contraddittorio affermare, come fa la CTR, che la superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi indicati nei rogiti – cioè un elemento indiziario che, anche da solo, legittima l’accertamento dell’ufficio – smentisce, invece, le asserzioni dello stesso;
fondato è ancora, in terzo luogo, il terzo profilo di doglianza con il quale la ricorrente si duole che la CTR, nell’affermare che vi era stato il versamento di acconti fatturati, non ha indicato da quali elementi abbia tratto il proprio convincimento in ordine a tale circostanza;
anche l’affermazione dell’esistenza di acconti – che, a sua volta, sorregge l’altra asserzione che «i ricavi stati “spalmati” in più anni» – è, in effetti, anapodittica e, perciò, non motivata, non estrinsecando né quale documentazione la CTR abbia esaminato (in particolare, se abbia esaminato anche i rogiti e se in essi gli acconti fossero indicati come parte del prezzo) né quale valenza probatoria abbia attribuito alla stessa;
è, infine, fondato, in quarto luogo, anche il quarto profilo di doglianza con il quale la ricorrente lamenta che la CTR non ha considerato che il fatto che l’importo di mutui stipulati al momento dei rogiti fosse superiore ai prezzi in questi indicati non poteva, in realtà, essere spiegato con il precedente versamento di acconti;
l’attribuzione di rilievo al versamento di acconti, quale premessa dell’affermazione che «i ricavi stati “spalmati” in più anni», si pone in effetti in contraddizione con l’affermazione della superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi dichiarati nei rogiti;
infatti, poiché tale ammontare non poteva ragionevolmente finanziare dei pagamenti già avvenuti ma soltanto dei pagamenti ancora dovuti, la valenza indiziaria dell’esistenza di maggiori corrispettivi costituita dalla superiorità dello stesso ammontare rispetto al prezzo dichiarato non avrebbe potuto essere svalutata sulla base dell’asserita esistenza di pagamenti pregressi ‘.
3.2. Riguardo al secondo motivo evidenziò che:
‘ l’art. 24, comma 5, della legge comunitaria 2008 (legge 7 luglio 2009, n. 88) ha sostituito il primo comma dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, con ciò eliminando la disposizione, introdotta dall’art. 35, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che stabiliva una presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo delle cessioni aventi a oggetto beni immobili (e relative pertinenze) al valore normale degli stessi beni;
in tale modo, è stato ripristinato il quadro normativo anteriore al suddetto decreto-legge, con l’effetto che tutto è tornato a essere rimesso alla valutazione del giudice il quale può, secondo gli ordinari criteri dell’accertamento analitico/induttivo, desumere l’esistenza di attività non dichiarate «anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti»;
tale novella, data la sua finalità di adeguare l’ordinamento tributario interno a quello comunitario, ha effetto retroattivo (Cass., 26/09/2014, n. 20429, 12/04/2017, n. 9474, 25/01/2019, n. 2155, 04/04/2019, n. 9453); ne consegue che la CTR, col negare rilievo all’elemento indiziario della superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi indicati nei rogiti – che questa Corte ha costantemente reputato idoneo, solo o insieme a quello delle valutazioni della banca dati dell’OMI (per tutte, Cass., n. 14388 del 2017), a giustificare la rettifica in via presuntiva dei corrispettivi dichiarati – ha violato la normativa sia tributaria (art. 39, primo comma, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973) che codicistica (art. 2727) in materia di prova presuntiva ‘.
Riassunto il giudizio dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, rigettò l’appello dell’Ufficio : dopo una lunga premessa esplicativa del ‘quadro normativo generale’ e dei limiti del giudizio di rinvio, la CTR rilevò, con riferimento al valore indiziario della superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi indicati nei rogiti, che in realtà ‘l’Ufficio, nel dedurre l’esistenza di atti di compravendita nei quali erano stati dichiarati valori inferiori ai mutui contratti dagli acquirenti, fa in realtà riferimento al solo atto n. 1872 (valore dichiarato 44.000,00), per il quale evidenzia che dai dati desunti dal Sistema informativo dell’A.T. si rileva che l’acquirente avrebbe
stipulato un atto di mutuo ipotecario (atto n. 6368) presso l’Ufficio di Napoli 3 per un importo di € 130.000,00 cui fece seguito una iscrizione ipotecaria di € 260.000,00’. Afferm ò, poi, che dagli atti di causa risultava che il prezzo della compravendita (Euro 44.000,00) fu corrisposto senza alcun accollo di mutuo (non menzionato nell’atto), e l’immobile offerto in garanzia non era quello oggetto della compravendita bensì un altro e diverso immobile acquistato da terzi. In definitiva, in mancanza di sufficienti riscontri circa la presunta superiorità degli importi dei mutui rispetto ai corrispettivi delle vendite, l ‘accertamento non poteva fondarsi sull’unico elemento indiziario costituito dal ‘valore normale’ degli immobili.
Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi ad un unico motivo. La contribuente resiste con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 18/02/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la «violazione dell’art. 36, 2° c. n. 4 Dlgs. n. 54/92 (in relazione all’art. 360 n. 4 cp.c.)». La doglianza si sviluppa lungo due direttrici.
Sotto un primo aspetto , l’Ufficio ritiene apparente la motivazione della sentenza gravata nella parte in cui, dopo aver rilevato che l’ulteriore (rispetto ai valori OMI) elemento indiziario costituito dalla superiorità dei mutui rispetto al prezzo indicato negli atti di vendita si riferisce in realtà solo ad un atto (il n. 1872, avente ad oggetto un sottotetto), inferisce dalle circostanze che nell’atto non era indicato alcun mutuo e l’immobile garantito non fosse il sottotetto la conclusione che la garanzia (ed il mutuo) non si riferissero al sottotetto, senza indicare le ragioni e le fonti di prova di tale convincimento. Non solo la contribuente non aveva indicato quale fosse l’oggetto dell’acquisto finanziato e garantito per 130 mila euro, ma il collegamento tra l’acquisto del sottotetto ed il mutuo da 130 mila euro risultava dai dati desunti dal sistema dell’A.T., senza considerare che il detto acquisto ben poteva essere garantito
dall’ipoteca accesa su un altro immobile, in virtù di un mutuo stipulato dopo l’atto di acquisto (e, perciò, non indicato in esso).
Sotto altro aspetto, l’Agenzia si duole che la CTR, con riferimento agli atti nei quali l’importo del mutuo non è superiore al prezzo di acquisto, abbia affermato che il valore OMI fosse stato l’unico elemento indiziario utilizzato dall’Ufficio; di contro, nell’avviso di accertamento erano indicati altri elementi, quali: a) i dati acquisiti tramite il Borsino immobiliare della Federazione Immobiliare FIAIP; b) la determinazione dei prezzi di vendita in maniera differenziata in presenza di unità immobiliari sostanzialmente identiche; c) lo scarso scostamento dei prezzi di vendita rispetto alle quote (ciascuna di Euro 74.074,29) derivanti dal frazionamento del mutuo di oltre due milioni di euro erogato per l’edificazione del complesso immobiliare. Nella motivazione della sentenza mancherebbe qualsiasi indicazione delle ragioni per le quali i detti elementi sono stati del tutto trascurati.
2. Il motivo è fondato.
2.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.2. Nella specie ricorre il vizio lamentato dall’Ufficio atteso che la sentenza è sorretta da una motivazione meramente apparente sotto ambedue i profili denunciati: da un lato, la CTR, con riferimento alla vendita del sottotetto per Euro 44.000,00 (atto n. 1872), ha escluso che il mutuo di 130.000,00 Euro, stipulato in data successiva dall’acquirente , fosse destinato al pagamento del sottotetto, senza indicare le fonti di prova del proprio convincimento, non essendo all’uopo sufficiente la circostanza che il mutuo fosse garantito da un immobile diverso dal sottotetto stesso (potendo qualsiasi acquisto di immobile essere garantito da un’ipoteca accesa su un altro bene) ed
in assenza, tra l’altro, di qualsiasi indicazione della contribuente circa l’oggetto dell’acquisto finanziato con i 130 mila euro erogati per effetto del mutuo.
D all’altro, con riferimento alle altre vendite (nelle quali l’importo del mutuo non è superiore a quello indicato negli atti), il giudice del rinvio ha pretermesso qualsiasi valutazione degli elementi indiziari ulteriori (rispetto al valore ‘normale’ degli immobili alla luce dei valori OMI), indicati dall’Ufficio nell’avviso di accertamento.
Per tutto quanto esposto il ricorso va accolto; la sentenza gravata va cassata ed il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, con riferimento alla censura accolta, nonché provveda alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, con riferimento alla censura accolta, nonché provveda alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025.