Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7865 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
Oggetto:
tributi doganali – valore
in dogana –
royalties
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34021/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE tributario RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1771/9/2018, depositata il 18 aprile 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia respingeva l’appello proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE, ufficio locale, avverso la sentenza n. 953/29/2016 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto i ricorsi di RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di rettifica e l’atto di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni correlate per importazioni effettuate negli anni 2010/2012.
La CTR osservava in particolare:
-che non vi era prova della sussistenza dei presupposti per la daziabilità RAGIONE_SOCIALE royalties nel caso di specie (importazione di prodotti a marchio RAGIONE_SOCIALE ) ed in particolare del fatto che il pagamento RAGIONE_SOCIALE medesime fosse una “condizione della vendita” RAGIONE_SOCIALE merci importate secondo la previsione dell’art. 32, CDC e dell’art. 160, DAC;
-che comunque non vi era prova che lo spedizioniere attinto dagli atti impositivi/sanzionatori impugnati, quale rappresentante indiretto, fosse consapevole che detto obbligo contrattuale sussistesse, perciò negandone la responsabilità solidale con l’importatore.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che successivamente ha depositato una memoria.
Considerato che:
In via preliminare va disattesa l’istanza della controricorrente, proposta con la memoria, di rinvio della causa alla pubblica udienza.
La “particolare rilevanza” che ne costituisce il presupposto deve infatti intendersi riferito al c.d. “interesse cassazionale” del giudizio, che nel caso di specie all’evidenza difetta, trattandosi di questioni giuridiche ben presenti da tempo nella giurisprudenza di questa Corte.
D’altro canto la sussistenza di qualche difformità di indirizzo interpretativo non è, di per sé, ragione di accoglimento dell’istanza stessa, posto che le fattispecie processuali concrete si presentano nel giudizio di legittimità fortemente caratterizzate e perciò differenziate dai contenuti specifici RAGIONE_SOCIALE singole pronunce di appello impugnate.
Il che appunto può/deve comportare una diversa risposta decisionale di questa Corte.
Ciò posto, con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, cod. civ., 157, 159, 160, 143, 23 del Regolamento CEE 2454/1993 (DAC), poiché la Commissione tributaria regionale, male interpretando il contesto contrattuale dedotto in lite, ha affermato l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretese creditorie e sanzionatorie erariali relative all’inclusione nel valore in dogana RAGIONE_SOCIALE merci importate, tramite il CAD RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE royalties dovute alla licenziante RAGIONE_SOCIALE dalla licenziataria/importatrice RAGIONE_SOCIALE.
In via preliminare deve affermarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del mezzo sollevata dalla controricorrente.
Va infatti ribadito che «In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, RAGIONE_SOCIALE quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda –
concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione RAGIONE_SOCIALE implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo» ( ex pluribus , Cass. n. 29111 del 05/12/2017).
Trattasi di principio di diritto che, pur nella sua formulazione generale, è da ritenersi senz’altro pertinente al caso di specie ove con il mezzo in esame, nella sostanza, per il tramite RAGIONE_SOCIALE violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui alle disposizioni codicistiche evocate, si è posta la questione degli effetti fiscali, in relazione ai diritti di confine, di fattispecie negoziali condizionanti i presupposti impositivi degli stessi, nei termini ricostruttivi del quadro normativo che seguono.
Ciò posto in via preliminare, la censura è fondata.
E’ particolarmente opportuno premettere all’esame del mezzo la ricognizione RAGIONE_SOCIALE disposizioni unionali (CDC e DAC) che risultano applicabili nella causa, quindi in particolare:
-l ‘art. 29, CDC, che prevede che «il valore in dogana RAGIONE_SOCIALE merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute..»
-l’art. 32, par. 1, .. lett. c), CDC che dispone «Per determinare il valore in dogana ai sensi dell’art. 29 si addizionano al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate .. i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita RAGIONE_SOCIALE merci da valutare nella misura
in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare»;
-l’art. 157, par. 2, DAC, che dispone « Indipendentemente dai casi di cui all’articolo 32, paragrafo 5 del codice, quando si determina il valore in dogana di merci importate in conformità RAGIONE_SOCIALE disposizioni dell’articolo 29 del codice si deve aggiungere un corrispettivo o un diritto di licenza al prezzo effettivamente pagato o pagabile soltanto se tale pagamento :
-si riferisce alle merci oggetto della valutazione, e costituisce una condizione di vendita RAGIONE_SOCIALE merci in causa»;
-l’art. 159, DAC che dispone « Al prezzo effettivamente pagato o pagabile per le merci importate va aggiunto un corrispettivo o diritto di licenza relativo al diritto di utilizzare un marchio commerciale o di fabbrica soltanto se:
-il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti soggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione,
-le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza, e
-l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore»;
-l’art. 160, DAC, che dispone « Qualora l’acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, le condizioni previste dall’articolo 157, paragrafo 2 si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso le gata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento».
Da tale quadro normativo, in sostanza, si desume che:
-in generale, di norma i diritti di licenza ( royalties ) non implementano la base imponibile RAGIONE_SOCIALE operazioni di importazione (valore in dogana RAGIONE_SOCIALE merci), a meno che la loro corresponsione
non rappresenti una vera e propria «condizione della/per la vendita» dei prodotti importati;
-più in particolare, qualora si tratti di diritti di licenza di merci incorporanti un marchio commerciale o di fabbrica, l’inclusione degli stessi nel valore doganale RAGIONE_SOCIALE merci importate e rivendute senza particolari lavorazioni ulteriori dipende dalla circostanza giuridico fattuale che l’acquirente/importatore non possa acquistarle se non da fornitori legati al venditore e se questi o una persona ad esso legata ne chieda il pagamento.
In altri termini dunque ed in sintesi, per costituire base imponibile doganale (daziaria ed IVA), il pagamento, diretto ovvero indiretto, RAGIONE_SOCIALE royalties al titolare del diritto deve essere una condizione necessaria dell’acquisto dei prodotti ‘marchiati’; se tali beni sono prodotti da un terzo, esso deve avere un ‘legame’ con il licenziante/creditore della royalty .
Tale ultimo specifico profilo è anzitutto chiarito dall’art. 143, par.1, lett. e) ed allegato n. 23 RAGIONE_SOCIALE DAC, nel senso che il licenziante controlli direttamente o indirettamente il venditore/produttore RAGIONE_SOCIALE merci e che «Si considera che una persona ne controlli un’altra quando la prima sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere su valori di costrizione o di orientamento sulla seconda».
Fatte queste doverose premesse in diritto, deve convenirsi con la ricorrente che il giudice tributario di appello non ha fatto corretta applicazione di tale normativa unionale alle fattispecie concrete oggetto della lite.
La CTR lombarda infatti non ha esaminato, puntualmente, il contesto contrattuale dedotto in lite, ma si è limitata a generiche ed apodittiche affermazioni sull’assenza di prova del pagamento RAGIONE_SOCIALE royalties di che si tratta e del “condizionamento” del licenziante sul produttore/esportatore.
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorrente, con piena autosufficienza (pag. 23 ss. del ricorso), di contro ha riportato le clausole contrattuali specifiche
dalle quali, letteralmente, si possono quantomeno valutare la sussistenza dell’una e dell’altra condizione poste dalla normativa doganale uniforme ai fini dell’inclusione dei diritti di licenza nella base imponibile dei diritti di confine.
A causa dell’omessa considerazione di tali clausole la sentenza impugnata ha quindi falsamente applicato sia le disposizioni codicistiche interne sia quelle del plesso normativo unionale CDC/DAC evocate con il mezzo in esame.
Questo sarà dunque il compito del giudice del rinvio.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la CTR ha pronunciato sulla responsabilità dello spedizioniere quale rappresentante indiretto in dogana, senza che tale eccezione fosse stata oggetto di un motivo di ricorso introduttivo della lite.
La censura è fondata.
Dai motivi del ricorso originario della contribuente riportati per autosufficienza risulta che la questione della responsabilità soggettiva del rappresentante indiretto non era stata posta dal CAD RAGIONE_SOCIALE.
Tale fatto processuale è peraltro ammesso dalla medesima controricorrente.
Ne risulta perciò l’evidenza del vizio di extrapetizione denunciato.
L’accoglimento del secondo motivo è assorbente del terzo (violazione/falsa applicazione dell’art. 201, CDC).
In conclusione, accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Cosi deciso in Roma 18 ottobre 2023 Il presidente