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Valore in dogana royalties: il controllo del licensor

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 846/2025, ha stabilito che le royalties pagate al titolare di un marchio devono essere incluse nel valore in dogana delle merci importate se il licenziante esercita un controllo effettivo, diretto o indiretto, sull’intera filiera produttiva. Annullando la decisione dei giudici di merito, la Corte ha chiarito che non è sufficiente un mero controllo sulla qualità, ma è determinante il “potere di orientamento” che rende il pagamento delle royalties una condizione imprescindibile per la vendita dei beni. L’analisi del valore in dogana royalties deve quindi considerare la sostanza dei rapporti contrattuali.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore in Dogana e Royalties: La Cassazione sul Controllo del Licenziante

Quando si importano merci legate a un marchio famoso, sorge una domanda cruciale: le somme pagate per l’uso del marchio (le royalties) devono essere incluse nel valore su cui si calcolano i dazi? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale sul tema del valore in dogana royalties, specificando che la chiave di volta risiede nel concetto di “controllo” esercitato dal titolare del marchio sull’intera filiera. Questa decisione ribalta precedenti sentenze e offre una guida preziosa per tutti gli operatori del settore.

I Fatti del Caso

La vicenda vedeva contrapposte l’Agenzia delle Dogane e una società di spedizioni che agiva per conto di un’azienda importatrice, licenziataria di un noto marchio di moda. L’Agenzia sosteneva che le royalties pagate dall’importatore al titolare del marchio (licenziante) dovessero essere aggiunte al valore delle merci importate ai fini del calcolo dei dazi doganali.

I giudici tributari, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione all’azienda, ritenendo che il controllo esercitato dal licenziante fosse unicamente finalizzato a tutelare la qualità e l’immagine del marchio, senza condizionare in modo coercitivo l’autonomia del produttore o dell’importatore. Secondo questa visione, il pagamento delle royalties non era una “condizione di vendita” e, pertanto, non doveva rientrare nella base imponibile doganale.

La Decisione della Corte di Cassazione e il valore in dogana royalties

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Dogane, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Gli Ermellini hanno ritenuto che i giudici di merito avessero interpretato in modo troppo restrittivo il concetto di “controllo”, fermandosi a una visione semplicistica e non cogliendo la reale portata dei legami contrattuali tra le parti.

Il principio affermato è chiaro: per determinare il corretto valore in dogana royalties, non basta guardare al solo contratto di compravendita tra produttore e importatore, ma è necessario analizzare l’intero assetto negoziale, inclusi i contratti di licenza e i codici di condotta.

Le Motivazioni: Il Concetto di “Controllo” e la “Condizione di Vendita”

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nella corretta interpretazione del diritto unionale. Ai sensi dell’art. 32 del Codice Doganale Comunitario (Reg. CEE n. 2913/92), i corrispettivi e i diritti di licenza devono essere aggiunti al prezzo delle merci se il compratore è tenuto a pagarli, direttamente o indirettamente, come “condizione della vendita”.

La Corte ha specificato che il “controllo” rilevante non è solo quello sulla mera qualità del prodotto. È, invece, un concetto più ampio, definito come un “potere di orientamento” che il licenziante è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, sull’intera filiera produttiva e distributiva. L’analisi delle clausole contrattuali nel caso di specie rivelava proprio questo: il licenziante aveva il potere di approvare i produttori, imporre standard dettagliati non solo qualitativi ma anche di design, monitorare la produzione e persino limitare i canali di vendita.

Questa fitta rete di obblighi e controlli dimostra, secondo la Cassazione, che l’importatore non avrebbe potuto acquistare quei beni da quei produttori senza il benestare del licenziante e, di conseguenza, senza pagare le relative royalties. Il versamento delle royalties, quindi, non era un costo accessorio, ma un elemento intrinsecamente legato all’operazione di importazione, una vera e propria “condizione di vendita”. Il fatto che venditore e beneficiario delle royalties fossero soggetti diversi è irrilevante quando il secondo esercita un controllo tale da condizionare l’operato del primo. La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e i documenti interpretativi (come il TAXUD/800/2002), che supportano questa visione economica e sostanziale del valore doganale.

Le Conclusioni: Implicazioni per gli Importatori

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutte le aziende che importano beni prodotti su licenza. La decisione chiarisce che il calcolo del valore in dogana non può basarsi su una valutazione atomistica dei singoli contratti, ma richiede una visione d’insieme delle relazioni commerciali. Se il titolare del marchio esercita un controllo pervasivo che va oltre la semplice tutela della qualità, è molto probabile che le royalties debbano essere incluse nella base imponibile doganale.

Gli importatori devono quindi condurre un’attenta analisi dei loro accordi di licenza per valutare il grado di “potere di orientamento” del licenziante. Ignorare questi legami sostanziali può portare a contestazioni da parte delle autorità doganali, con conseguente irrogazione di sanzioni e pagamento di maggiori dazi.

Quando le royalties devono essere incluse nel valore in dogana delle merci importate?
Le royalties devono essere incluse nel valore doganale quando il loro pagamento costituisce una “condizione della vendita”. Ciò si verifica quando, dall’analisi complessiva dei rapporti contrattuali, emerge che l’acquirente non avrebbe potuto acquistare le merci senza pagare tali corrispettivi, a causa del controllo o del potere di orientamento esercitato dal licenziante (titolare del marchio) sulla filiera.

Il semplice controllo di qualità da parte del titolare del marchio è sufficiente per includere le royalties nel valore doganale?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che un mero controllo sulla qualità del prodotto non è, di per sé, sufficiente. Ciò che rileva è un controllo più ampio e pervasivo, un “potere di orientamento” che influisce sull’intera attività produttiva e distributiva, dimostrando che il pagamento delle royalties è una condizione sostanziale per la conclusione della vendita.

Cosa significa “controllo” del licenziante ai fini doganali?
Secondo la sentenza, il “controllo” è inteso in un’accezione ampia. Non si limita a un potere giuridico formale, ma include qualsiasi capacità, di diritto o di fatto, di esercitare un potere di costrizione o di orientamento sulla seconda parte (il produttore o il licenziatario). Indicatori di tale controllo possono essere la scelta dei produttori, l’imposizione di metodi di produzione, il controllo sulla logistica e la limitazione dei potenziali acquirenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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