LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Valore in dogana: quando le royalties si includono

La Corte di Cassazione ha stabilito che le royalties pagate per l’uso di un marchio devono essere incluse nel valore in dogana delle merci importate se il titolare del marchio (licenziante) esercita un controllo pervasivo sulla produzione e commercializzazione. Analizzando un contratto di licenza, la Corte ha ritenuto che il potere di orientamento del licenziante rendesse il pagamento delle royalties una ‘condizione di vendita’ implicita, superando la decisione dei giudici di merito che avevano escluso tale importo dal calcolo dei dazi doganali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore in Dogana e Royalties: La Cassazione Chiarisce il Concetto di “Controllo”

L’importazione di merci brandizzate solleva spesso una questione cruciale per le aziende: le royalties pagate per l’utilizzo del marchio devono essere incluse nel valore in dogana? Questo importo, infatti, costituisce la base imponibile per il calcolo dei dazi, e la sua corretta determinazione è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi, focalizzandosi sul concetto di “controllo” esercitato dal licenziante e sul suo impatto nel definire il pagamento delle royalties come una “condizione di vendita”.

Il Caso: Un Contenzioso sul Calcolo dei Dazi Doganali

La vicenda ha origine dall’impugnazione di un avviso di rettifica emesso dall’Agenzia Doganale nei confronti di una società di spedizioni, coobbligata in solido con una società importatrice (licenziataria di un noto marchio di moda). L’Agenzia contestava l’esclusione, dal valore dichiarato in dogana, delle royalties che la licenziataria pagava alla casa madre, titolare del marchio (licenziante).

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari avevano dato ragione all’azienda, ritenendo che il controllo esercitato dalla casa madre fosse limitato a un mero monitoraggio della qualità dei prodotti. Secondo le commissioni tributarie, mancavano i presupposti per considerare il pagamento delle royalties una condizione essenziale per la vendita delle merci importate, e quindi per includerle nel valore doganale.

L’Analisi Contrattuale e il concetto di Valore in Dogana

L’Agenzia Doganale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente interpretato le norme comunitarie e ignorato numerose clausole contrattuali che dimostravano un controllo ben più profondo da parte della licenziante.

La normativa di riferimento (in particolare, l’art. 32 del Codice Doganale Comunitario) prevede che i corrispettivi e i diritti di licenza debbano essere aggiunti al prezzo della merce se il compratore è tenuto a pagarli, direttamente o indirettamente, come “condizione della vendita”. Il punto nodale della questione è, dunque, definire quando si concretizza tale condizione, specialmente quando il beneficiario delle royalties (il licenziante) è un soggetto diverso dal venditore dei beni.

Il Controllo che va Oltre la Qualità

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha spostato l’attenzione dall’analisi atomistica dei singoli negozi a una valutazione complessiva del rapporto contrattuale. I giudici hanno evidenziato come le pattuizioni tra le parti delineassero un penetrante potere di controllo e di orientamento della casa madre non solo sul prodotto finito, ma sull’intera filiera produttiva e distributiva. Tale controllo si manifestava attraverso:

* Monitoraggio dei produttori: La licenziante si riservava il diritto di approvare i produttori terzi e di monitorarli periodicamente.
* Standard produttivi vincolanti: I produttori dovevano attenersi a un dettagliato “Quality Standards Manual” che definiva materiali, design, colori e ogni caratteristica del prodotto.
* Controllo su pubblicità e marketing: Ogni materiale promozionale doveva essere preventivamente approvato dalla licenziante.
* Divieti e restrizioni: Ai produttori era vietato produrre beni concorrenti, rivelare a terzi i disegni o mostrare campioni senza autorizzazione.

Questa fitta rete di obblighi e controlli, secondo la Cassazione, dimostrava che l’autonomia della società licenziataria e dei suoi fornitori era fortemente limitata. Non si trattava di un semplice controllo di qualità, ma di un vero e proprio potere di indirizzo sull’attività produttiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha affermato che i giudici di merito hanno commesso un “vizio di sussunzione”, ossia hanno applicato in modo errato la legge ai fatti accertati. Hanno trascurato di considerare che il complesso delle clausole contrattuali, nel loro insieme, subordinava di fatto la possibilità di importare e vendere le merci al pagamento delle royalties.

Il ragionamento della Corte si basa su una nozione ampia e sostanziale di “controllo”, inteso come la capacità, di diritto o di fatto, di esercitare un potere di costrizione o di orientamento. In questo quadro, il pagamento delle royalties non era un elemento accessorio, ma diventava la chiave di accesso all’intera operazione commerciale voluta e orchestrata dalla casa madre. L’importatore non avrebbe potuto acquistare quei beni da quei produttori se non all’interno della cornice contrattuale che prevedeva il pagamento dei diritti di licenza.

La Corte ha ribadito che, per determinare il corretto valore in dogana, è necessario riflettere il valore economico reale della merce, considerando tutti i fattori economicamente rilevanti. La subordinazione implicita che emergeva dai contratti era sufficiente a qualificare le royalties come “condizione di vendita”, rendendo così legittima la loro inclusione nella base imponibile dei dazi.

Le Conclusioni: Implicazioni per le Imprese di Importazione

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per tutte le imprese che operano con contratti di licenza internazionale. La decisione chiarisce che la valutazione del rapporto tra royalties e valore doganale non può fermarsi a un’analisi formale, ma deve scendere nel merito della sostanza economica dei rapporti contrattuali. Le aziende importatrici devono esaminare con attenzione i propri accordi di licenza per valutare il grado di controllo e di ingerenza esercitato dal licenziante. Se tale controllo si estende oltre la mera verifica della qualità post-produzione e investe la scelta dei fornitori, i metodi produttivi, la logistica e le strategie commerciali, è molto probabile che le autorità doganali considerino le royalties come parte integrante del valore delle merci importate. È quindi fondamentale un’attenta pianificazione fiscale e doganale per evitare costose rettifiche e sanzioni.

Quando le royalties pagate per un marchio devono essere incluse nel valore in dogana delle merci importate?
Secondo la sentenza, le royalties devono essere incluse quando il loro pagamento costituisce una “condizione di vendita”. Questo si verifica non solo quando è esplicitamente previsto, ma anche quando il licenziante esercita un controllo o un potere di orientamento di fatto sulla produzione e commercializzazione, tale da rendere la vendita impossibile senza il pagamento di tali diritti.

Un semplice controllo sulla qualità dei prodotti da parte del licenziante è sufficiente per includere le royalties nel valore doganale?
No. La Corte chiarisce che un mero controllo di qualità non è, di per sé, rilevante. Ciò che conta è l’esistenza di un controllo più pervasivo e penetrante sullo svolgimento dell’intera attività produttiva e distributiva, che di fatto subordina la possibilità di vendere la merce al pagamento delle royalties.

Qual è la nozione di “controllo” rilevante ai fini doganali in questi casi?
La sentenza adotta una nozione ampia di controllo, che include non solo un potere di costrizione legale (“di diritto”), ma anche un’influenza di fatto (“di fatto”) in grado di orientare le scelte del produttore/licenziatario. Una combinazione di clausole contrattuali che limitano l’autonomia del produttore può dimostrare l’esistenza di tale controllo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati