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Valore in dogana: quando le royalties si includono

La Corte di Cassazione ha stabilito che le royalties pagate per l’uso di un marchio devono essere incluse nel valore in dogana dei beni importati se il licenziante esercita un controllo significativo, anche indiretto, sulla produzione. Secondo la Corte, il pagamento di tali corrispettivi diventa una “condizione di vendita” implicita, rendendoli parte della base imponibile, anche in assenza di un legame diretto tra chi detiene il marchio e il produttore estero. La sentenza di merito è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione basata su questi principi.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore in dogana: la Cassazione chiarisce l’inclusione delle royalties

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale per le aziende che importano beni di marca: il corretto calcolo del valore in dogana. Specificamente, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla necessità di includere le royalties, pagate al titolare del marchio, nel valore dichiarato delle merci importate. La decisione ribalta l’orientamento dei giudici di merito, fornendo principi interpretativi fondamentali sulla nozione di “condizione di vendita” e sul potere di controllo del licenziante.

I Fatti del Contenzioso

Il caso nasce da diversi avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Dogane nei confronti di un gruppo di società, tra cui importatori di capi di abbigliamento, un rappresentante doganale e un rappresentante fiscale. L’Agenzia contestava la mancata inclusione, nel valore dichiarato in dogana, delle royalties corrisposte al titolare svizzero di un noto marchio di abbigliamento.

Le società importatrici sostenevano che tali pagamenti non dovessero essere inclusi, in quanto non costituivano una “condizione di vendita” delle merci. I giudici tributari, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alle società, ritenendo che il controllo del licenziante fosse limitato alla qualità del prodotto e che non esistesse un legame diretto o un potere di costrizione sui produttori extracomunitari. Di conseguenza, l’acquisto delle merci non era subordinato al pagamento delle royalties. L’Agenzia delle Dogane ha quindi presentato ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno ritenuto errata l’interpretazione fornita dai giudici di merito, poiché non in linea con la normativa unionale e la giurisprudenza consolidata.

L’analisi del valore in dogana e delle royalties

La Corte ha ripercorso il quadro normativo europeo, in particolare gli artt. 70 e 71 del Codice Doganale dell’Unione (CDU). La regola generale è che il valore in dogana corrisponde al valore di transazione, ossia il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci. Tuttavia, a questo prezzo vanno aggiunti alcuni elementi, tra cui “i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagare come condizione per la vendita delle merci”.

La questione centrale, quindi, è stabilire quando il pagamento delle royalties costituisce una “condizione di vendita”. La Corte ha chiarito che questa condizione può essere anche implicita e non deve necessariamente essere specificata nel contratto di vendita. Il criterio fondamentale è capire se il venditore venderebbe, o il compratore acquisterebbe, le merci senza che le royalties vengano pagate al licenziante.

L’importanza del controllo del licenziante sul valore in dogana

Un punto chiave della decisione è la nozione di “controllo” esercitato dal licenziante. Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, questo controllo non deve essere totale o riguardare ogni aspetto dell’attività del produttore. È sufficiente un potere di orientamento o di costrizione, anche di fatto, che garantisca al licenziante che l’importazione dei beni con il suo marchio sia subordinata al versamento delle royalties.

Elementi come la protezione dell’immagine del marchio, l’imposizione di standard qualitativi elevati e la facoltà di risolvere il contratto di licenza in caso di mancato pagamento sono tutti “indicatori” di un potere di controllo rilevante. Questi elementi, nel loro insieme, creano un legame funzionale tra l’acquisto dei beni e il pagamento dei diritti di licenza.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione ha evidenziato come i giudici di secondo grado abbiano errato nel sottovalutare la portata delle clausole del contratto di sub-licenza. In particolare, la clausola che prevedeva la risoluzione del contratto e la conseguente cessazione del diritto di commercializzare i prodotti in caso di mancato pagamento delle royalties (art. 8.2 e 8.3 del contratto) era un elemento decisivo. Questa previsione, di fatto, rende il pagamento una condizione imprescindibile per l’intera operazione commerciale, inclusa l’importazione.

La Corte ha inoltre specificato che, con la nuova disciplina doganale, l’assenza di un collegamento formale tra venditore e licenziante non è più un ostacolo all’inclusione delle royalties nel valore in dogana. Ciò che conta è il nesso economico e funzionale tra il pagamento e la vendita. Il giudice di rinvio dovrà quindi riesaminare i contratti e le circostanze fattuali alla luce di questi principi, per accertare se, in concreto, il pagamento delle royalties costituisse una condizione della vendita e se sussistesse un potere di controllo, anche indiretto, del licenziante tale da influenzare l’intera filiera produttiva e distributiva.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori economici. La Suprema Corte adotta un approccio sostanziale, guardando oltre gli schemi formali dei contratti per individuare la reale natura economica delle operazioni. Le aziende importatrici devono prestare massima attenzione alla struttura dei loro accordi di licenza e di fornitura, poiché clausole apparentemente standard, come quelle sulla qualità del prodotto o sulla risoluzione contrattuale, possono essere interpretate come indici di un controllo che rende le royalties parte integrante e imponibile del valore in dogana delle merci.

Le royalties pagate a un soggetto terzo (il licenziante) devono sempre essere incluse nel valore in dogana delle merci importate?
No, non sempre. Devono essere incluse se il loro pagamento costituisce una “condizione di vendita” delle merci, ossia se l’acquirente non potrebbe acquistare i beni senza pagarle. Questa condizione può essere esplicita o implicita e va verificata caso per caso analizzando i contratti di vendita e di licenza.

Cosa si intende per “controllo” del licenziante sul produttore ai fini della determinazione del valore in dogana?
Il controllo non deve essere necessariamente un potere giuridico formale o un controllo su tutta l’attività del produttore. È sufficiente un potere di orientamento o di costrizione, anche di fatto, che permetta al licenziante di garantire che l’importazione delle merci con il suo marchio sia subordinata al pagamento delle royalties. Indicatori di tale controllo includono la gestione della qualità, la protezione dell’immagine del brand e la possibilità di terminare l’accordo di licenza.

Il fatto che il contratto di licenza preveda la sua risoluzione in caso di mancato pagamento delle royalties è rilevante?
Sì, è molto rilevante. Secondo la Corte di Cassazione, questa clausola è un forte indicatore che il pagamento delle royalties è una condizione essenziale dell’intera operazione commerciale. Se, a seguito della risoluzione, il licenziatario perde il diritto di commercializzare i prodotti, ciò dimostra che il pagamento è un presupposto implicito per la stessa vendita delle merci importate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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