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Valore in dogana: quando includere le royalties

La Corte di Cassazione ha stabilito che le royalties pagate da una società importatrice al titolare di un marchio devono essere incluse nel valore in dogana delle merci. Ciò avviene quando il licenziante, anche se non è il venditore diretto, esercita un controllo di fatto sull’attività dell’importatore che va oltre la mera verifica di qualità. La Corte ha chiarito che tale controllo, che può riguardare la produzione, la logistica o la distribuzione, rende il pagamento delle royalties una “condizione della vendita”, giustificandone l’inclusione nella base imponibile per i dazi.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore in dogana e Royalties: La Cassazione chiarisce quando includerle

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema cruciale per le imprese che operano nell’import-export: la corretta determinazione del valore in dogana delle merci. La questione centrale riguarda l’obbligo di includere, nella base di calcolo dei dazi, le royalties pagate dall’importatore a un soggetto terzo, titolare del marchio. La Corte ha stabilito che tale inclusione è necessaria qualora il titolare del marchio eserciti un controllo significativo sull’importatore, rendendo di fatto il pagamento delle royalties una condizione essenziale per la vendita dei prodotti importati.

I fatti di causa

Il caso ha origine dall’impugnazione di alcuni avvisi di rettifica emessi dall’Agenzia delle Dogane nei confronti di una società di spedizioni. Quest’ultima operava come rappresentante doganale indiretto per una società che importava in Europa prodotti di un noto marchio di moda. L’Agenzia aveva ricalcolato i dazi e l’IVA dovuti, aumentando il valore dichiarato delle merci per includervi le royalties che la società importatrice (licenziataria) versava alla casa madre americana (licenziante), proprietaria del marchio.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che non vi fosse prova che il pagamento delle royalties costituisse una ‘condizione della vendita’ delle merci. Secondo i giudici di secondo grado, inoltre, l’Amministrazione non aveva dimostrato che il licenziante potesse effettivamente impedire la vendita dei prodotti in caso di mancato pagamento delle royalties.

La questione giuridica e l’impatto sul valore in dogana

La controversia verte sull’interpretazione della normativa doganale comunitaria, in particolare sugli articoli 32 del Codice Doganale Comunitario e 157 delle relative disposizioni di attuazione. La legge prevede che i corrispettivi e i diritti di licenza (royalties) debbano essere aggiunti al prezzo di transazione delle merci se l’acquirente è tenuto a pagarli come ‘condizione della vendita’.

Il punto critico, specialmente quando le royalties sono pagate a un soggetto diverso dal venditore, è stabilire se esista un legame e un livello di controllo tali da rendere il pagamento una condizione imprescindibile per l’acquisto e l’importazione dei beni. L’Agenzia delle Dogane sosteneva che il contratto di licenza prevedesse poteri di controllo così penetranti da parte del titolare del marchio sull’importatore da configurare proprio questa situazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Dogane, cassando la sentenza d’appello e fornendo un’importante chiave di lettura della normativa.

Il concetto di ‘controllo’ va oltre la qualità del prodotto

I giudici hanno chiarito che, per integrare la ‘condizione della vendita’, non è necessario un mero controllo di qualità sui prodotti. Il concetto di controllo è molto più ampio e include qualsiasi potere, di fatto o di diritto, che il licenziante esercita sull’importatore e che ne orienta le scelte strategiche. Nel caso di specie, dal contratto di licenza emergevano numerosi indicatori di un controllo pervasivo, tra cui:

– Il diritto di ispezionare i prodotti e di rimuovere il marchio in caso di non conformità.
– La necessità di autorizzazione preventiva per qualsiasi forma di pubblicità o imballaggio.
– L’obbligo per i fornitori terzi di rispettare specifici codici di condotta imposti dal licenziante.
– La presentazione annuale di un business plan dettagliato sulla produzione e vendita dei prodotti.

Questa ingerenza dimostra, secondo la Corte, che il rapporto tra licenziante e licenziatario andava ben oltre un semplice accordo di licenza, configurando un ‘legame’ rilevante ai fini doganali. Tale legame è sufficiente a garantire che l’importazione delle merci sia subordinata al pagamento delle royalties.

La mancata analisi del contratto da parte dei giudici di merito

La Cassazione ha censurato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per non aver esaminato nel dettaglio le clausole del contratto di licenza. I giudici di merito si erano fermati a una valutazione superficiale, senza cogliere la portata del potere di controllo esercitato dal titolare del marchio. Un’analisi approfondita avrebbe invece rivelato che il pagamento delle royalties non era un elemento accessorio, ma il fulcro di un sistema in cui il licenziante dirigeva l’intera filiera produttiva e distributiva.

La Corte ha inoltre accolto un secondo motivo di ricorso, rilevando un vizio di ultrapetizione, poiché i giudici d’appello si erano pronunciati sulla responsabilità dello spedizioniere doganale anche se tale questione non era stata sollevata nel ricorso introduttivo.

Le conclusioni

La decisione della Suprema Corte stabilisce un principio fondamentale: per determinare correttamente il valore in dogana, è necessario guardare alla sostanza economica e giuridica dei rapporti contrattuali. Le royalties devono essere incluse nel valore imponibile se il licenziante, pur essendo un soggetto terzo rispetto alla transazione di vendita, esercita un controllo strategico e operativo sull’importatore. Le imprese devono quindi prestare massima attenzione alla strutturazione dei contratti di licenza e valutare attentamente l’impatto che i poteri di controllo possono avere sugli obblighi doganali, per evitare contestazioni e pesanti sanzioni.

Quando le royalties pagate a un soggetto terzo devono essere incluse nel valore in dogana delle merci importate?
Secondo la Corte di Cassazione, le royalties devono essere incluse quando il loro pagamento costituisce una ‘condizione della vendita’. Questo si verifica se il beneficiario delle royalties (il licenziante) esercita un controllo, diretto o indiretto, sul venditore o sull’acquirente, tale da poter subordinare l’importazione delle merci al versamento di tali corrispettivi.

Cosa si intende per ‘controllo’ del licenziante sull’importatore ai fini doganali?
Il controllo non si limita alla verifica della qualità dei prodotti. Include un’ampia gamma di poteri, di fatto o di diritto, che permettono al licenziante di influenzare o orientare l’attività dell’importatore, come la scelta dei produttori, il controllo sulla logistica, l’approvazione delle campagne pubblicitarie, la definizione dei piani aziendali e l’imposizione di codici di condotta ai fornitori.

Perché la Corte ha ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale non avesse valutato correttamente il caso?
La Corte ha stabilito che i giudici d’appello si sono limitati a una valutazione superficiale, senza esaminare nel dettaglio le clausole del contratto di licenza. Se lo avessero fatto, avrebbero rilevato l’esistenza di un penetrante potere di controllo del licenziante sull’importatore, sufficiente a dimostrare che il pagamento delle royalties era una condizione imprescindibile per la vendita e l’importazione dei beni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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