Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 839 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 839 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto: Dazi doganali – Valore della merce in dogana – Royalties – Ricomprensione – Questione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29400/2019 R.G. proposto da Agenzia delle dogane e dei monopoli , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio tributario RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 943/09/19, depositata l’1 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 943/09/19 del 01/03/2019 la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) nei
confronti della sentenza n. 9466/43/16 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), la quale aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di rettifica per maggiori dazi doganali dovuti con riferimento a importazioni di merce avvenute nell’anno 2011 .
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’avviso di rettifica era stato emesso dall’Amministrazione doganale nei confronti del rappresentante indiretto dell’importato re, quale obbligato in solido, in ragione della mancata inclusione, nel valore dichiarato in dogana, delle royalties che RAGIONE_SOCIALE era tenuta a pagare alla capogruppo statunitense RAGIONE_SOCIALE
1.2. L a CTR rigettava l’appello di ADM evidenziando che: a) non erano emersi ragionevoli elementi di prova «circa la effettiva esistenza di un potere di controllo né diretto ma tantomeno indiretto da parte di RAGIONE_SOCIALE, titolare del marchio, sul produttore (sia terzo che la stessa Licenziataria) delle merci, come richiesto dalla normativa di settore, per legittimare l’inclusione del valore nella base imponibile dichiarata in Dogana»; b) le cautele introdotte dal Codice di condotta imposto dalla casa madre non orientavano o condizionavano «in modo coercitivo l’autonomia della Licenziataria o dei terzi fabbricanti», che operavano autonomamente, «ancorché sottoposti a controlli ispettivi/monitoraggi tesi solo alla verifica del rispetto degli standard qualitativi richiesti a fini cautelari».
Avverso la sentenza della CTR RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disattesa l’istanza di riunione proposta dalla ricorrente in data 14/02/2023. Invero, da un lato, non è opportuno disporre la riunione di cause vertenti tra parti diverse e aventi ad oggetto l’impugnazione di sentenze di diverso tenore ;
dall’altro, la trattazione disgiunta non è ostativa dell’applicazione dei medesimi principi di diritto.
Con l’unico motivo di ricorso ADM deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 157, 159 e 160 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione del 2 luglio 1993 (Disposizioni d’applicazione del Codice doganale comunitario – DAC), nonché dell’Allegato 23 delle DAC, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR apoditticamente affermato che il potere della licenziante fosse limitato ad un mero controllo di qualità dei prodotti, in assenza di alcuna facoltà di orientamento o condizionamento dell’autonomia della licenziataria o dei terzi fabbricanti.
2.1. In buona sostanza, la ricorrente deduce la sussistenza di un evidente errore di sussunzione commesso dal giudice di appello, il quale avrebbe escluso che le clausole contrattuali richiamate conclamassero un’ipotesi di controllo indiretto del licenziante.
Il motivo è fondato per le considerazioni che seguono.
3.1. La questione controversa investe la determinazione del valore delle merci in dogana e va affrontata alla luce di alcuni recenti arresti della S.C. ( ex multis , Cass. n. 8473 del 06/04/2018; Cass. n. 24996 del 10/10/2018; Cass. n. 33119 del 16/12/2019), le cui conclusioni è opportuno riassumere qui di seguito.
3.1.1. Il valore in dogana delle merci importate è, di regola, il valore di transazione, ossia il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione, fatte salve le rettifiche da effettuare conformemente all’art. 32 CDC (CGUE 12 dicembre 2013, causa C116/12, COGNOME e a. , punti 38, 44 e 50; CGUE 21 gennaio 2016, causa C-430/14, COGNOME , punto 15).
3.1.2. Detto valore deve comunque riflettere il valore economico reale della merce importata e, quindi, considerarne tutti i fattori
economicamente rilevanti (da ultimo, CGUE 20 dicembre 2017, causa C-529/16, Hamamatsu ). Ne consegue che anche i diritti di licenza, sono destinati ad incidere sulla determinazione del valore doganale qualora i corrispondenti beni immateriali siano incorporati nella merce, così esprimendone o contribuendo ad esprimerne il valore economico.
3.1.3. Pertanto, qualora il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate non ne includa il relativo importo, l’art. 32, § 1, lett. c), CDC stabilisce che al prezzo si addizionano «i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare (…)».
3 .1.4. Peraltro, ai sensi dell’art. 157, § 2, DAC, ai fini di computare i diritti di licenza nel valore della merce devono ricorrere tre concorrenti condizioni: a) i corrispettivi o i diritti di licenza non devono essere stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare; b) detti corrispettivi o diritti devono riferirsi alle merci da valutare; c) l’acquirente è tenuto a versare tali corrispettivi o diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare.
3.1.5. In particolare, con riguardo al caso in cui il diritto di licenza si riferisca a un marchio di fabbrica, ossia al diritto d’importare e di commercializzare prodotti riportanti marchi commerciali, l’art. 159 DAC specifica che il relativo importo si aggiunge al prezzo effettivamente pagato o da pagare soltanto se: 1) il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione; 2) le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza; 3) l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore.
3.2. Nel caso di specie, non è dubbio che le condizioni sub a) e b) siano rispettate: da un lato, è pacifico che il corrispettivo dei diritti di
licenza non è stato computato ai fini della determinazione del valore doganale delle merci importate; dall’altro, l ‘art. 32, paragrafo 1, lettera c), CDC non prevede che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza sia determinato al momento della conclusione del contratto di licenza o al momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, affinché i corrispettivi dei diritti di licenza siano considerati relativi alle merci da valutare (cfr. CGUE 9 marzo 2017, causa C-173/15, RAGIONE_SOCIALE.
3.3. La questione dirimente risulta, allora, quella concernente la terza condizione, data dalla configurabilità del versamento dei diritti di licenza come condizione di vendita della merce, nozione non precisata né dall’ art. 32, § 1, lettera c), CDC, né dall’art. 157, § 2, DAC; peraltro, secondo CGUE 9 marzo 2017, causa C-173/15, cit. , essa si traduce nella verifica se il venditore sia disposto, o no, a vendere le merci senza che sia pagato il corrispettivo del diritto di licenza, nonché, tenuto conto del fatto che ci si riferisce ad un marchio di fabbrica (cfr. art. 159 DAC), nella verifica se il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza.
3.3.1. Sul punto, l’allegato 23 al DAC – Note interpretative in materia di valore in dogana all’art. 143, § 1, lett. e) (a norma del quale due o più persone sono considerate legate se l’una controlla direttamente o indirettamente l’altra), stabilisce che «si considera che una persona ne controlli un’altra quando la prima sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sulla seconda».
3.3.2. Il controllo è dunque inteso in un’accezione ampia: da un lato, sul piano della fattispecie, perché è assunto per la sua rilevanza anche di fatto; dall’altro, su quello degli effetti, perché ci si contenta dell’effetto di “orientamento” del soggetto controllato. Quest’accezione ampia e necessariamente casistica, d’altronde, ben si coordina con la
nozione economica del valore doganale, la quale si traduce nel rilievo, anch’esso di fatto, degli elementi che definiscono il valore economico del bene.
3.3.3. Utili indicatori possono essere tratti dall’esemplificazione presente nel Commento n. 11 del Comitato del codice doganale (Sezione del valore in dogana) sull’applicazione dell’art. 32, § 1, lett. c), CDC (ormai parte dell’ acquis communautaire , ossia del diritto materiale dell’Unione, con valore di soft law ): queste indicazioni, ha precisato CGUE 9 marzo 2017, cit. , punto 45, « sebbene non giuridicamente cogenti, costituiscono tuttavia strumenti importanti per garantire un’uniforme applicazione del codice doganale da parte delle autorità doganali degli Stati membri e possono, quindi, essere di per sé considerate strumenti validi per l’interpretazione di detto codice ».
3.3.4. Ebbene, il documento in questione annovera, tra gli elementi utili per determinare la presenza di un controllo, tra gli altri, i seguenti:
il licenziante sceglie il produttore e lo impone all’acquirente;
il licenziante esercita, direttamente o indirettamente, un controllo di fatto sulla produzione (per quanto attiene ai centri di produzione e/o ai metodi di produzione);
il licenziante esercita, direttamente o indirettamente, un controllo di fatto sulla logistica e sulla consegna delle merci all’acquirente;
il licenziante decide a chi il produttore può vendere le merci o impone delle restrizioni per quanto concerne i potenziali acquirenti;
-il licenziante fissa le condizioni del prezzo al quale il produttore/venditore vende le proprie merci o il prezzo al quale l’importatore/l’acquirente rivende le merci;
il licenziante sceglie i metodi di produzione da utilizzare/fornisce dei modelli ecc.;
il licenziante sceglie/limita i fornitori dei materiali/componenti;
il licenziante limita le quantità che il produttore può produrre;
il licenziante non autorizza l’acquirente a comprare direttamente dal produttore, ma attraverso il titolare del marchio (licenziante) che potrebbe agire anche come agente di acquisto dell’importatore;
il produttore non è autorizzato a produrre prodotti concorrenti (privi di licenza) in assenza del consenso del licenziante;
le merci fabbricate sono specifiche del licenziante (cioè nella loro concezione, nel loro design e con riguardo al marchio di fabbrica);
le caratteristiche delle merci e la tecnologia utilizzata sono definite dal licenziante.
3.3.5. In definitiva, « in tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell’art. 32 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza » (Cass. n. 8473 del 2018, cit. ).
3.4. La CTR, ritenendo semplicisticamente l’autonomia della licenziataria e dei terzi fabbricanti rispetto alle indicazioni della licenziante, non si è confrontata con le risultanze degli accordi tra le parti per come trascritti in ricorso e, soprattutto, non ha correttamente inteso il concetto di controllo per come più sopra delineato, omettendo di compiere le necessarie verifiche alla stessa richiesta e incorrendo, in tal modo, nel vizio di sussunzione censurato.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma il 18 aprile 2023.