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Valore in dogana: commissioni, royalties e sanzioni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33021/2024, ha stabilito importanti principi sul calcolo del valore in dogana. Ha accolto il ricorso di un’azienda riguardo l’esclusione delle commissioni d’acquisto, rinviando alla corte di merito per una nuova valutazione. Ha inoltre affermato la necessità di applicare il principio di proporzionalità per le sanzioni, anche disapplicando la norma nazionale se in contrasto con il diritto UE. I motivi relativi a costi di assistenza tecnica e royalties sono stati invece rigettati.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore in Dogana: La Cassazione su Commissioni, Royalties e Sanzioni Proporzionate

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33021/2024) ha affrontato temi cruciali per le aziende che operano a livello internazionale, chiarendo quali costi debbano essere inclusi nel valore in dogana delle merci importate e stabilendo un principio fondamentale sulla proporzionalità delle sanzioni. La corretta determinazione del valore imponibile è essenziale per evitare contenziosi con l’amministrazione doganale e l’applicazione di pesanti sanzioni. La decisione analizza in dettaglio la questione delle commissioni d’acquisto, delle royalties e dei costi di assistenza tecnica.

I Fatti del Contenzioso

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane nei confronti di una nota multinazionale del settore dell’abbigliamento sportivo. L’amministrazione contestava alla società la mancata inclusione nel valore in dogana di tre tipologie di costi:

1. Commissioni d’acquisto: pagate a una società collegata con sede all’estero per servizi legati all’approvvigionamento dei prodotti.
2. Costi di assistenza tecnica (TAC): relativi a design, sviluppo e macchinari di produzione.
3. Royalties: corrisposte ai titolari dei marchi per l’utilizzo degli stessi sui prodotti importati.

A seguito di questa rettifica, l’Agenzia aveva irrogato sanzioni per quasi 10 milioni di euro, a fronte di maggiori tributi accertati per circa 2,5 milioni. La società ha impugnato l’atto, ma i suoi ricorsi sono stati respinti sia in primo che in secondo grado, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il valore in dogana

La Suprema Corte ha esaminato i quattro motivi di ricorso presentati dall’azienda, accogliendone due e rigettandone due. La decisione finale ha portato alla cassazione con rinvio della sentenza d’appello, imponendo un nuovo esame della controversia alla luce dei principi enunciati.

Le Commissioni d’Acquisto: Accoglimento del Ricorso

Sul primo punto, la Corte ha accolto il motivo dell’azienda. Ha chiarito che le commissioni d’acquisto, per essere escluse dal valore in dogana, devono remunerare un’attività di rappresentanza svolta dall’agente nell’esclusivo interesse dell’importatore. La Corte ha criticato i giudici di merito per non aver verificato concretamente la natura del rapporto contrattuale tra la società importatrice e la sua consociata, limitandosi a qualificare l’attività come ‘intermediazione’ senza un’analisi approfondita. Il caso è stato quindi rinviato per accertare se l’incarico fosse riconducibile a un mandato di acquisto, nel qual caso le commissioni non concorrono a formare il valore imponibile.

Costi di Assistenza Tecnica e Royalties: Rigetto dei Motivi

Il motivo relativo ai costi di assistenza tecnica (TAC) è stato dichiarato inammissibile per genericità, non avendo la ricorrente argomentato adeguatamente la violazione di legge.

Anche il motivo sulle royalties è stato respinto. La Cassazione ha confermato che le royalties devono essere incluse nel valore doganale quando il loro pagamento è una condizione per la vendita delle merci. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che il titolare dei diritti (licenziante) esercitasse un controllo di fatto sul produttore, tale da rendere il pagamento delle royalties un presupposto indispensabile per l’importazione dei beni. L’esistenza di contratti collegati (licenza e produzione) e clausole che garantivano al licenziante un potere di controllo sulla filiera produttiva sono stati elementi decisivi.

Il Principio di Proporzionalità delle Sanzioni e il valore in dogana

Il punto più innovativo della sentenza riguarda le sanzioni. La Corte ha accolto il ricorso dell’azienda, giudicando la sanzione applicata (quasi quattro volte l’importo dei tributi evasi) contraria al principio di proporzionalità del diritto dell’Unione Europea. I giudici hanno affermato che il giudice nazionale ha l’obbligo di interpretare la normativa interna in modo conforme ai principi UE. Qualora ciò non sia possibile, il giudice deve procedere alla disapplicazione della norma nazionale che impone una sanzione sproporzionata.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte offrono spunti di grande interesse. Sul tema delle commissioni d’acquisto, la sentenza ribadisce che la qualificazione del rapporto non può essere formale, ma deve basarsi sulla sostanza delle attività svolte. L’elemento chiave è verificare se l’agente agisce come un ‘procacciatore’ per entrambe le parti o come un rappresentante esclusivo del compratore.

Per quanto riguarda le royalties, la Corte si allinea alla giurisprudenza europea, adottando una nozione ampia di ‘controllo’. Non è necessario un controllo societario formale; è sufficiente un potere di fatto di orientamento o costrizione sul produttore, che renda la vendita delle merci subordinata al pagamento dei diritti di licenza. Questo potere può emergere dall’interconnessione dei contratti e dalle clausole che regolano la produzione.

Il passaggio più significativo è quello sulle sanzioni. La Corte ha creato un ponte tra i principi costituzionali italiani e il diritto dell’Unione, affermando che la proporzionalità è un principio generale che permea l’intero ordinamento. Di fronte a una sanzione palesemente eccessiva, come quella prevista dall’art. 303 del Testo Unico delle Leggi Doganali, il giudice non può essere un mero automa. Deve prima tentare un’interpretazione adeguatrice e, in caso di impossibilità, disapplicare la legge nazionale per garantire la primazia del diritto UE. Questa affermazione rafforza notevolmente gli strumenti di tutela del contribuente.

Le Conclusioni

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per le imprese importatrici. Innanzitutto, evidenzia la necessità di strutturare con estrema attenzione i contratti di ‘buying agency’, specificando chiaramente che l’agente opera nell’esclusivo interesse dell’importatore per poter legittimamente escludere le commissioni dal valore in dogana. In secondo luogo, conferma un orientamento rigoroso sull’inclusione delle royalties, specialmente all’interno di gruppi societari dove i legami tra licenziante e produttore sono spesso stretti. Infine, e soprattutto, la decisione apre una via concreta per contestare le sanzioni doganali sproporzionate, fornendo ai contribuenti un solido appiglio nel principio di proporzionalità del diritto europeo e conferendo al giudice il potere-dovere di disapplicare le norme nazionali che portano a risultati iniqui.

Le commissioni pagate a una società del proprio gruppo per l’acquisto di merci devono essere sempre incluse nel valore in dogana?
No. Secondo la Corte, le commissioni d’acquisto sono escluse dal valore in dogana se remunerano un’attività di rappresentanza svolta nell’esclusivo interesse dell’importatore. È necessario verificare la sostanza del rapporto contrattuale, indipendentemente dal fatto che l’agente faccia parte dello stesso gruppo societario.

Quando le royalties per l’uso di un marchio devono essere aggiunte al valore in dogana delle merci importate?
Le royalties devono essere incluse quando il loro pagamento rappresenta una condizione della vendita delle merci da importare. Ciò si verifica, secondo la Corte, quando il licenziante (titolare del marchio) è in grado di esercitare un potere di controllo o di orientamento, anche solo di fatto, sul produttore, rendendo l’importazione impossibile senza il pagamento delle royalties stesse.

Una sanzione doganale prevista dalla legge italiana può essere ridotta o annullata se risulta sproporzionata?
Sì. La Corte ha stabilito che il giudice nazionale deve valutare la sanzione alla luce del principio di proporzionalità del diritto dell’Unione Europea. Se la norma nazionale porta a una sanzione manifestamente eccessiva, il giudice deve prima tentare di interpretarla in modo conforme al principio e, se ciò non è possibile, deve disapplicare la norma nazionale per garantire il rispetto del diritto UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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