Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32859 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32859 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
IRPEF, AVVISO DI ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20897/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della CALABRIA n. 134/2017 depositata l’08/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Catanzaro, notificava a COGNOME NOME l’avviso di accertamento n. TDY01T201754/2013 con il quale recuperava a tassazione ai fini delle imposte dirette una plusvalenza asseritamente realizzata dalla contribuente a seguito della cessione a titolo gratuito di terreni
lottizzati, assumendo che il valore dei terreni non fosse quello dichiarato ma quello definito ai fini dell’imposta di registro. Si contestava alla COGNOME di essere donataria e comproprietaria di un quarto di detti terreni e di averli ceduti a una società di costruzioni contro prezzo; la società si era impegnata a costruire dietro pagamento di un corrispettivo di appalto e a consegnare una unità immobiliare; di seguito le reciproche obbligazioni pecuniarie si erano compensate, ma la contribuente aveva percepito un appartamento di valore maggiore del terreno ceduto e aveva realizzato una plusvalenza. Veniva accertata evasione in relazione alla cessione degli immobili e delle imposte indirette (registro) e tale pendenza veniva definita con adesione ovvero con l’istituto della definizione delle liti pendenti.
Quanto all’accertamento Irpef, la contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro deducendo che vi era un errore nella qualificazione giuridica della operazione negoziale e che, ad ogni modo, il valore definito per l’imposta di registro non poteva assumere automatica efficacia ai fini delle imposte sui redditi. L’Ufficio si costituiva e resisteva.
2.1. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso con la sentenza 933/03/2015 del 23.3.2015.
COGNOME NOME proponeva appello avverso la sentenza, lamentando il difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento e riproponendo le doglianze già svolte innanzi al giudice di primo grado. L’Agenzia delle Entrate si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
3.1. La Commissione tributaria regionale della Calabria, con la sentenza n. 134/17 dell’08/02/2017 dichiarava inammissibile il primo motivo di ricorso relativo alla sottoscrizione dell’accertamento e rigettava l’appello quanto agli altri motivi.
COGNOME NOME propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso e chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 03/10/2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 67, comma 1, e 68 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 e art 5, comma 3, d.lgs. 14/09/2015, n. 147 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente l’accertamento prima e la sentenza impugnata poi avrebbero errato nello stimare la plusvalenza recuperata a tassazione per euro 125.229,00 e tanto perché l’Ufficio si sarebbe limitato a traslare gli esiti dell’accertamento di maggior valore effettuato ai fini dell’imposta di registro sull’accertamento della contestata plusvalenza ai fini delle imposte dirette, operando in definitiva una equiparazione tra valore venale previsto dell’imposta di registro e corrispettivo della compravendita.
1.1. Nel controricorso l’Agenzia delle Entrate ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione perché la stessa non varrebbe ad attingere alcuno dei punti sui quali si fonda la motivazione della sentenza impugnata.
1.2. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata: la sentenza impugnata, nel confermare l’accertamento, tratta precipuamente del motivo di appello circa il metodo di definizione del valore della cessione ai fini delle imposte dirette e afferma: «ancora, si contesta il maggior valore del terreno facendo riferimento ad un distinguo tra valore e corrispettivo che, a ben vedere, la giurisprudenza di legittimità considera solo ove il contribuente riesca a dimostrare di aver ceduto il bene a un prezzo inferiore a quello del suo valore». Pertanto la sentenza di appello
ha chiaramente ritenuto legittima la semplice e diretta equiparazione operata dall’accertamento tra il valore determinato ai fini dell’imposta di registro e quello rilevante per le imposte dirette e, d’altra parte, l’accertamento, riprodotto nel ricorso per cassazione, si fonda in modo pressoché esclusivo su questa argomentazione e recita: «secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il valore di cessione di un terreno accertato ai fini dell’imposta di registro è utilizzabile anche in sede di accertamento della plusvalenza realizzata dal venditore e, quindi, nell’ambito delle imposte dirette».
1.3. Il motivo è, dunque, ammissibile ed è anche fondato. La sentenza, nel convalidare l’argomentazione già descritta e posta a fondamento dell’accertamento ha trascurato il disposto dell’art. 5, comma 3, d.lgs. 147/2015 e l’interpretazione della stessa disposizione offerta da copiosa giurisprudenza di questa Corte. In tal senso si consideri che: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro» (Cass. 17/05/2017, n. 12265); e ancora: «in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente,
su cui grava la prova contraria» (Cass. 08/05/2019, n. 12131). Nella specie, giova ribadirlo, l’accertamento si fondava in via pressoché esclusiva sulla dedotta equiparazione e le ulteriori argomentazioni non sorreggevano l’accertamento, ma sono state offerte dall’Ufficio solo in via generica e nella fase contenziosa.
Il ricorso deve, così, essere accolto con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 3 ottobre 2024.