LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Valore doganale: spese di controllo qualità escluse

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5584/2024, ha stabilito che i costi sostenuti da un’azienda importatrice per il controllo qualità sulla merce, effettuato prima della spedizione, non devono essere inclusi nel valore doganale. La Corte ha ribadito la natura tassativa dell’elenco dei costi aggiuntivi previsto dall’art. 71 del Codice Doganale dell’Unione, distinguendo i controlli qualitativi volontari dai test di conformità obbligatori per legge. Questa decisione chiarisce un aspetto fondamentale per la corretta determinazione del valore doganale delle merci importate.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore Doganale: La Cassazione Esclude i Costi del Controllo Qualità

Determinare il corretto valore doganale delle merci è un’operazione cruciale per ogni azienda che opera con l’import-export. Un errore in questa fase può comportare rettifiche, sanzioni e contenziosi con l’Amministrazione finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5584/2024) ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che i costi per il controllo qualità volontario, sostenuti dall’importatore nel paese di origine, non concorrono a formare la base imponibile per i dazi.

I fatti del caso

Una società italiana, attiva nell’importazione di piastrelle dalla Cina, si vedeva recapitare un avviso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Dogane. L’Amministrazione contestava un valore dichiarato inferiore a quello reale, sostenendo che nel calcolo avrebbero dovuto essere inclusi anche i costi per una serie di servizi prestati da fornitori esteri. Tali servizi, descritti nelle fatture come “development fee”, erano in realtà riconducibili ad attività di controllo qualità sulla merce prima della sua spedizione in Italia. L’obiettivo dell’azienda era assicurarsi che le piastrelle non presentassero difetti estetici o non fossero integre, in linea con gli standard qualitativi del proprio marchio.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione all’azienda, ritenendo che tali costi non rientrassero nell’elenco tassativo degli elementi da aggiungere al valore di transazione. L’Agenzia delle Dogane, tuttavia, ricorreva in Cassazione.

La questione del valore doganale e l’elenco tassativo

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 71 del Codice Doganale dell’Unione (Reg. UE 952/2013). Questa norma elenca in modo tassativo gli elementi che devono essere aggiunti al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate al fine di determinare il valore doganale. L’Agenzia sosteneva che i costi per lo sviluppo e il controllo qualità fossero servizi connessi all’importazione e quindi da includere.
La difesa dell’azienda, al contrario, si basava sulla natura esaustiva di tale elenco: se un costo non è esplicitamente menzionato, non può essere aggiunto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Dogane, confermando le sentenze dei giudici di merito. Le motivazioni si articolano su due punti principali.

L’esclusione del controllo qualità dall’elenco tassativo

I giudici hanno innanzitutto ribadito che l’elenco dell’art. 71 CDU è “tassativo”, come chiaramente specificato dalla norma stessa. Analizzando le voci di costo contestate, la Corte ha stabilito che né l’attività di controllo di qualità del prodotto, né quella degli imballi, né la supervisione delle operazioni di carico rientrano tra quelle elencate.
La Corte ha operato una distinzione cruciale rispetto a precedenti pronunce, come quella della Corte di Giustizia UE (causa C-15/99), che aveva incluso nel valore doganale le “spese per test di conformità”. In quel caso, si trattava di test necessari per legge per poter importare e vendere il prodotto nell’Unione. Nel caso di specie, invece, il controllo qualità era un servizio “successivo alla produzione” e “precedente alla spedizione”, scelto volontariamente dall’importatore per ragioni puramente commerciali: garantire uno standard qualitativo specifico del proprio marchio. Non era un requisito obbligatorio per l’importazione, ma una selezione della merce da spedire. Pertanto, i relativi costi non possono essere considerati parte del processo produttivo e non concorrono a formare il valore doganale.

La valutazione delle prove dal processo penale

L’Agenzia aveva anche lamentato che la sentenza d’appello fosse immotivata perché si era basata acriticamente su una consulenza tecnica di parte proveniente da un parallelo procedimento penale (conclusosi con l’assoluzione dell’amministratore della società). La Cassazione ha respinto anche questa censura, chiarendo che i giudici tributari non si sono limitati a recepire la consulenza. Al contrario, hanno condotto un’autonoma e critica valutazione di tutto il materiale probatorio disponibile, che includeva la stessa sentenza penale, le testimonianze (tra cui quella di un funzionario doganale che ammetteva l’assenza di verifiche concrete sulla natura dei servizi) e la generale carenza di prove da parte dell’Agenzia. La sentenza penale e i suoi atti, pur non avendo efficacia vincolante, sono stati correttamente utilizzati come fonti di prova da valutare liberamente.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza offre un importante principio guida per gli importatori. La Corte di Cassazione ha rafforzato il principio della tassatività dell’elenco di cui all’art. 71 CDU, mettendo un freno a interpretazioni estensive da parte dell’Amministrazione finanziaria. La distinzione tra costi per test di conformità obbligatori (da includere nel valore doganale) e costi per controlli di qualità volontari e commerciali (da escludere) è netta. Per le aziende, ciò significa poter organizzare attività di controllo sulla qualità dei prodotti nel paese di origine, finalizzate a garantire i propri standard commerciali, senza il timore che tali spese vengano aggiunte alla base imponibile per il calcolo dei dazi, a condizione che siano correttamente documentate e distinguibili dai costi di produzione.

I costi per il controllo qualità della merce importata devono essere inclusi nel valore doganale?
No, secondo la Corte, i costi per un controllo qualità che avviene dopo la produzione e prima della spedizione, finalizzato a verificare la conformità a standard qualitativi scelti dall’importatore e non a requisiti di legge, non rientrano nell’elenco tassativo dell’art. 71 CDU e quindi non devono essere inclusi nel valore doganale.

L’elenco dei costi da aggiungere al valore di transazione previsto dall’art. 71 del Codice Doganale dell’Unione è tassativo?
Sì, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’elenco dei componenti da aggiungere al valore di transazione, previsto dall’art. 71 CDU, è tassativo. Ciò significa che solo ed esclusivamente gli elementi previsti da tale articolo possono essere aggiunti al prezzo pagato o da pagare.

Una sentenza di assoluzione in un processo penale ha valore di prova nel processo tributario?
Una sentenza penale di assoluzione non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Tuttavia, può essere considerata dal giudice tributario come una possibile fonte di prova. Il giudice deve valutarla autonomamente, insieme agli altri elementi probatori, per verificarne la rilevanza nel contesto specifico della controversia tributaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati