LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Valore doganale: quando includere le royalties

La Corte di Cassazione ha stabilito che le royalties pagate per l’uso di un marchio devono essere incluse nel valore doganale delle merci importate se il titolare del marchio esercita un controllo sul produttore. Tale controllo, anche implicito, rende il pagamento una ‘condizione di vendita’, anche in assenza di un legame diretto tra venditore e licenziante. La Corte ha inoltre escluso l’applicazione del giudicato esterno per diverse operazioni doganali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Royalties e Valore Doganale: La Cassazione Fa Chiarezza sul “Controllo” del Licenziante

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le aziende che importano beni di marca: l’inclusione delle royalties nel valore doganale. La decisione chiarisce in modo definitivo i criteri per stabilire se i corrispettivi pagati per l’uso di un marchio debbano concorrere a formare la base imponibile per il calcolo dei dazi, con importanti conseguenze economiche per gli operatori del settore. Il caso esaminato riguardava un gruppo di società importatrici di calzature e accessori di un celebre marchio, alle quali l’Agenzia delle Dogane aveva contestato l’omessa inclusione delle royalties nel valore dichiarato delle merci.

I Fatti del Caso: Importazioni, Marchi Famosi e Dazi Doganali

Un gruppo di società, operanti come importatore, rappresentante doganale e rappresentante fiscale, si è visto recapitare una serie di avvisi di rettifica da parte dell’Agenzia delle Dogane. L’amministrazione contestava il mancato inserimento, nel valore dichiarato in dogana, dei diritti di licenza (royalties) versati al titolare del marchio internazionale dei prodotti importati. Secondo l’Agenzia, tali royalties costituivano una ‘condizione di vendita’ e, pertanto, dovevano essere sommate al prezzo di acquisto delle merci, aumentando così l’importo dei dazi dovuti. Le società importatrici hanno impugnato tali atti, dando il via a un contenzioso giunto fino in Cassazione.

La Questione del Giudicato Esterno e il Valore Doganale

Uno dei principali motivi di ricorso delle società si basava sul principio del ‘giudicato esterno’. Le aziende sostenevano che una precedente sentenza, diventata definitiva, avesse già risolto la stessa identica controversia tra le stesse parti, escludendo la tassabilità delle royalties in relazione al medesimo contratto di licenza. A loro avviso, tale decisione avrebbe dovuto precludere all’Agenzia delle Dogane di emettere nuovi accertamenti sulla stessa questione.

La Corte di Cassazione ha però respinto questa tesi. I giudici hanno chiarito che, in materia doganale, il presupposto dell’imposta sorge con ogni singola operazione di importazione, attestata dalla relativa bolletta doganale. Ogni importazione è un fatto a sé stante. Di conseguenza, il ‘petitum’ (l’oggetto della domanda) di ogni causa è diverso, poiché riguarda differenti atti di contestazione relativi a distinte operazioni. Il principio del giudicato esterno non può quindi trovare applicazione, a differenza di quanto accade per i tributi periodici (come l’IRPEF) dove una sentenza su un’annualità può vincolare le successive in presenza di presupposti stabili nel tempo.

L’Analisi del Valore Doganale e il Concetto di ‘Condizione di Vendita’

Il cuore della controversia riguardava l’interpretazione del Codice Doganale dell’Unione, secondo cui le royalties vanno aggiunte al prezzo della merce se costituiscono una ‘condizione della vendita’. Le società ricorrenti negavano tale circostanza, ma la Cassazione ha dato ragione all’Agenzia delle Dogane, basandosi su un’analisi approfondita della relazione trilaterale tra licenziante (titolare del marchio), produttore (venditore della merce) e licenziatario (acquirente/importatore).

Il Controllo del Titolare del Marchio come Elemento Chiave

La Corte ha stabilito che, per integrare la ‘condizione di vendita’, non è necessario un legame societario o contrattuale diretto tra il produttore e il titolare del marchio. L’elemento decisivo è il controllo di fatto che il titolare del marchio esercita sul produttore. Se questo controllo è così penetrante da poter ‘orientare’ l’attività produttiva e commerciale del venditore, allora il pagamento delle royalties diventa una condizione implicita e imprescindibile per poter acquistare i beni marchiati.

le motivazioni
La Suprema Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente individuato una serie di ‘indicatori’ che dimostravano l’esistenza di un controllo ferreo da parte del licenziante. Tra questi figuravano:

1. La scelta e l’approvazione del produttore da parte del licenziante.
2. La necessità di approvazione di ogni ordine di acquisto.
3. Il potere del licenziante di decidere a chi il produttore potesse vendere la merce.
4. Il controllo sui metodi di produzione e la fornitura dei modelli.
5. La supervisione sulla qualità dei prodotti, che andava oltre un mero controllo formale e incideva sul processo produttivo stesso.

Questo insieme di facoltà, secondo la Corte, dimostra che il produttore non era un soggetto terzo e indipendente, ma agiva di fatto come una ‘longa manus’ del titolare del marchio. Di conseguenza, il produttore non avrebbe mai potuto vendere i beni all’importatore se quest’ultimo non avesse pagato le royalties al licenziante. Il pagamento, pur essendo destinato a un soggetto diverso dal venditore, diventava così una condizione essenziale della compravendita, giustificandone l’inclusione nel valore doganale.

le conclusioni
La sentenza consolida un orientamento fondamentale per il diritto doganale, allineandosi alla giurisprudenza europea. Per le aziende importatrici, la lezione è chiara: la struttura dei contratti di licenza e di fornitura deve essere analizzata non solo formalmente, ma nella sua sostanza economica. La presenza di un forte potere di controllo e indirizzo da parte del titolare di un marchio sul processo produttivo è un fattore di rischio che molto probabilmente porterà all’inclusione delle royalties nel valore imponibile ai fini dei dazi. Le imprese devono quindi valutare attentamente queste dinamiche per calcolare correttamente i propri oneri doganali ed evitare costosi contenziosi con l’amministrazione finanziaria.

Le royalties pagate per un marchio devono sempre essere aggiunte al valore doganale delle merci?
No, non sempre. Devono essere aggiunte solo se sono relative alle merci importate e se il loro pagamento costituisce una ‘condizione della vendita’. Secondo la Corte, questa condizione sussiste quando il titolare del marchio esercita un controllo di fatto sul produttore, tale da rendere la vendita impossibile senza il pagamento delle royalties.

Una precedente sentenza favorevole su un caso simile impedisce all’Agenzia delle Dogane di fare nuovi accertamenti?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che in materia doganale ogni operazione di importazione è un evento autonomo. Pertanto, una sentenza relativa a specifiche bollette doganali non crea un ‘giudicato esterno’ che impedisca all’Agenzia di contestare operazioni di importazione successive, anche se basate sullo stesso contratto di licenza.

Cosa si intende per ‘controllo’ del titolare del marchio sul produttore ai fini del calcolo del valore doganale?
Si intende un potere, di diritto o di fatto, di imporre orientamenti al produttore. Non è un semplice controllo di qualità sul prodotto finito, ma un’ingerenza nel ciclo produttivo e commerciale. Esempi includono la scelta del produttore, l’approvazione degli ordini, l’imposizione di standard qualitativi e tecnici, e la limitazione dei potenziali acquirenti a cui il produttore può vendere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati