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Valore doganale: quando il Fisco non può rettificarlo

Una società importatrice si è vista contestare il valore dichiarato di merci provenienti dalla Cina. L’Agenzia Fiscale ha rettificato il valore, imponendo maggiori dazi e IVA. La Corte di Cassazione ha annullato la pretesa fiscale, stabilendo che il valore doganale primario è il ‘valore di transazione’, ovvero il prezzo effettivamente pagato. L’amministrazione può discostarsene solo in presenza di ‘fondati dubbi’ e seguendo una rigorosa procedura di contraddittorio con l’impresa, non potendo basare la rettifica su valori statistici generici se non ha prima invalidato le prove del prezzo reale.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Valore Doganale: La Cassazione Fissa i Paletti per gli Accertamenti Fiscali

La determinazione del corretto valore doganale è un aspetto cruciale per tutte le aziende che operano nel commercio internazionale. Da questo valore dipendono infatti i dazi e l’IVA da versare al momento dell’importazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i limiti del potere di rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria, rafforzando le tutele per gli importatori. La Corte ha chiarito che il Fisco non può scartare il ‘valore di transazione’ basandosi su presunzioni o dati statistici senza aver prima seguito un rigoroso iter procedurale.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia sul Valore delle Importazioni

La vicenda ha origine tra il 2006 e il 2007, quando una società, operante come rappresentante doganale per un’azienda di moda, importava diverse partite di borsette dalla Cina. In seguito a un controllo a posteriori, l’Ufficio delle Dogane contestava il valore dichiarato della merce, ritenendolo troppo basso. Di conseguenza, emetteva quattro avvisi di rettifica con cui richiedeva il pagamento di maggiori dazi, interessi e IVA all’importazione.

Ne scaturiva un lungo contenzioso. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione al Fisco. La società, tuttavia, non si arrendeva e ricorreva in Cassazione. La Suprema Corte, in una prima pronuncia, annullava la sentenza regionale per un vizio procedurale, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado.

Quest’ultima, nel riesaminare il merito della questione, accoglieva finalmente l’appello della società. Contro questa decisione, l’Agenzia Fiscale proponeva un nuovo ricorso in Cassazione, che ha dato origine alla sentenza in commento.

I Motivi del Ricorso e il Principio del Valore Doganale

L’Agenzia Fiscale basava il suo ricorso su tre motivi principali, tra cui la presunta inammissibilità di nuove difese nel giudizio di rinvio e, soprattutto, l’errata applicazione della normativa comunitaria sul valore doganale. L’Agenzia sosteneva di aver legittimamente rettificato il valore sulla base di ‘fondati dubbi’ circa l’attendibilità di quello dichiarato, utilizzando come riferimento dati statistici su ‘merci similari’.

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni dell’Agenzia, cogliendo l’occasione per fare chiarezza sui principi che regolano la materia. La normativa europea (in particolare gli artt. 29, 30 e 31 del Codice Doganale Comunitario) stabilisce una gerarchia precisa dei metodi di valutazione:

1. Metodo del Valore di Transazione: È il criterio principale e prioritario. Il valore doganale coincide con il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci. Questo per garantire un sistema equo, uniforme e non arbitrario.
2. Metodi Alternativi: Solo se è impossibile determinare il valore di transazione, o se l’amministrazione nutre ‘fondati dubbi’ sulla sua veridicità, si può ricorrere a metodi sussidiari (valore di merci identiche, di merci similari, ecc.), seguendo un ordine rigido.

La Procedura di Contraddittorio è Obbligatoria

La Corte ha sottolineato che, prima di poter scartare il valore di transazione, l’autorità doganale ha l’obbligo di avviare un contraddittorio con l’importatore (secondo l’art. 181-bis delle Disposizioni di Attuazione). Deve chiedere informazioni supplementari e dare all’interessato la possibilità di fornire prove (fatture, bonifici, contratti) a sostegno del prezzo dichiarato. Solo se, all’esito di questa procedura, i dubbi persistono, l’autorità può procedere con metodi di valutazione alternativi.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che nel caso di specie l’Agenzia Fiscale non avesse adeguatamente giustificato i suoi ‘fondati dubbi’. La rettifica si basava sull’ipotesi che il valore medio dichiarato (un presunto valore di 0,50 euro a pezzo) fosse antieconomico. Tuttavia, la società importatrice aveva prodotto documenti che dimostravano valori di transazione reali ben superiori a tale soglia e, in molti casi, prossimi al valore minimo di riferimento (1,94 euro) usato dalla stessa Agenzia.

Questo scostamento, molto inferiore a quello ipotizzato dall’Ufficio, rendeva ingiustificati i dubbi dell’Amministrazione e, di conseguenza, illegittimo il ricorso a metodi di valutazione alternativi. La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente applicato il criterio principale del valore di transazione, annullando la pretesa fiscale perché non erano stati provati i presupposti per derogarvi.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un’importante conferma a tutela delle imprese importatrici. Ribadisce che il valore di transazione è la regola e non l’eccezione. L’amministrazione finanziaria non può procedere a rettifiche del valore doganale in modo presuntivo o basandosi su dati statistici generici, ma deve dimostrare, con prove concrete e a seguito di un corretto contraddittorio, l’inattendibilità del prezzo effettivamente pagato dall’importatore. Per le aziende, emerge ancora una volta l’importanza fondamentale di conservare una documentazione precisa e completa di ogni transazione commerciale internazionale, quale strumento di difesa imprescindibile contro accertamenti doganali infondati.

L’autorità doganale può sempre modificare il valore dichiarato di una merce importata?
No. Può farlo solo se ha ‘fondati dubbi’ sulla corrispondenza tra il valore dichiarato e il prezzo effettivamente pagato. Inoltre, prima di procedere, deve obbligatoriamente avviare un contraddittorio con l’importatore, chiedendo chiarimenti e documenti supplementari.

Cosa si intende per ‘valore di transazione’ e perché è così importante?
Il ‘valore di transazione’ è il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate. È il metodo prioritario e principale per la determinazione del valore doganale secondo la normativa europea, perché garantisce un sistema di valutazione equo, uniforme e basato su dati reali anziché su stime arbitrarie.

Nel giudizio di rinvio, dopo un annullamento della Cassazione, è possibile presentare nuove difese?
Sì. La Corte ha chiarito che, sebbene nel giudizio di rinvio sia preclusa la proposizione di domande nuove, le parti possono svolgere nuove difese e argomentazioni per sostenere le loro posizioni originarie, purché queste non alterino completamente l’oggetto della decisione e si basino sui fatti già acquisiti nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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