Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16655 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
adeguatamente motivato atteso che l’Ufficio si è limitato ad enunciare i criteri astratti, sulla cui base fondare l’eventuale maggior valore dell’azienda ceduta, ma non ha concretamente calato tale criteri nel caso concreto ».
Per quanto risulti comprensibile (e nel merito fondata) la ragione di contestazione in esame, a fronte del menzionato dato letterale della pronuncia in rassegna, il motivo non coglie tuttavia l’effettiva ratio decisoria della sentenza impugnata, dal cui complessivo esame risulta che il motivo di fondo che ha condotto il Giudice regionale al rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia ed a ritenere l’illegittimità dell’avviso impugnato riposa, in realtà, non sul difetto di motivazione dello stesso, quanto, piuttosto, sull’errata applicazione del criterio adottato, avendo la Commissione, a chiare lettere, affermato che « l’avviamento non può essere calcolato, come ha fatto l’Ufficio Finanziario, con semplici stime basate su calcoli matematici, su semplici percentuali, o quanto di simile ».
In tali termini, dunque, l’atto è stato considerato viziato nel merito della relativa pretesa e non, come erroneamente tradotto sul piano linguistico, sul versante della sua motivazione, in effetti ampiamente sussistente (alla luce del contenuto del ricorso riepilogato in atti) sulla scorta del criterio di calcolo applicato e dei dati documentali utilizzati, quali risultati dal questionario richiesto ed ottenuto dalla contribuente (cfr., sul principio di sufficienza dell’indicazione del criterio astratto, ex multis , Cass., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18106 e 18103, e Cass., Sez. V, 22 settembre 2017, n. 22148 e, da ultimo, Cass., Sez. T, 15 gennaio 2024, n. 1451, che richiama Cass., Sez. 5, 8 novembre 2013, n. 25153; Cass. Sez. VI/V, 6 giugno 2016, n. 11560; Cass., Sez. V, 22 settembre 2017, n. 22148; Cass., Sez. V, 8 agosto 2022, n. 24449).
Risulta, invece, fondato il secondo motivo di impugnazione.
7.1. Come sopra esposto, le ragioni per le quali il Giudice regionale ha considerato illegittimo l’avviso di rettifica impugnato risiedono nella ritenuta inidoneità del criterio applicato, basato sulla percentuale di redditività applicata alla media dei redditi dichiarati negli ultimi tre anni antecedenti la cessione in esame ai sensi dell’art. 2, comma 4, d.P.R. 31 luglio 1996, n. 460 (come risulta dall’avviso impugnato, ritrascritto nel ricorso), reputando che tale dato dovesse essere ponderato unitamente ad altri elementi caratterizzanti lo specifico andamento dell’attività
sociale, i suoi costi, la sua peculiare natura e le prospettive di esercizio futuro.
7.2. Tale approccio interpretativo non può essere condiviso.
L’art. 2 comma 4, d.P.R. 31 luglio 1996, n. 460 (‘Regolamento per l’attuazione delle disposizioni previste in materia di accertamento con adesione, con riferimento alle imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale e comunale sull’incremento di valore degli immobili’), nello stabilire i relativi criteri di applicazione prevedeva che «Per le aziende e per i diritti reali su di esse il valore di avviamento è determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata per 3. La percentuale di redditività non può essere inferiore al rapporto tra il reddito d’impresa e i ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle stesse imposte e nel medesimo periodo ».
Il costante orientamento di questa Corte ha chiarito che con detto criterio « il legislatore ha inteso fornire i valori minimi cui l’Amministrazione finanziaria deve attenersi nella procedura transattiva che conduce ad un accertamento con adesione, ciò nella consapevolezza del fatto che solo la proposta di valori inferiori a quelli effettivi e riscontrabili in esito ad un ordinario contenzioso può realisticamente indurre il contribuente ad una soluzione adesiva. Ne ha desunto che, utilizzati al di fuori della procedura adesiva, a tali valori va riconosciuto carattere presuntivo nel senso che l’effettivo valore di accertamento non sia inferiore a quello cui si perviene mediante la loro applicazione” (v. Cass. 16705/07, 3505/06, 613/06 Cass. n. 20280/08)» (cfr. Cass., Sez. T., 7 dicembre 2016, n. 25143).
Si tratta di criterio normativo che, « come tutti i metodi pratici di calcolo, lascia sussistere un certo margine di approssimazione, verificabile peraltro in ogni altro modello valutativo» (cfr. Cass., Sez. V, 14 febbraio 2022, n. 4732, che richiama Cass., Sez. T, 13 gennaio 2006,
n. 613), ma che ben può essere ancora utilizzato, nonostante l’abrogazione di tale decreto da parte del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, atteso che lo stesso non ha previsto un metodo alternativo di determinazione di tale valore, ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore dell’avviamento aziendale rispetto a quello accertato (cfr. Cass., Sez. V, 14 febbraio 2022, n. 4732, che richiama Cass., Sez. T., 20 marzo 2019, n. 7750, nonché Cass., Sez. T., 14 gennaio 2022, n. 1021, che richiama Cass., Sez. VI, 27 marzo 2012, n. 4931, oltre che Cass., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18106).
La Corte, in più occasioni, ha, quindi, precisato « che i criteri di stima di cui al d.p.r. n. 460 del 1996, art. 2, determinano valori minimali dell’avviamento, in funzione dell’accertamento con adesione, così che la loro applicazione, per un verso, integra un indizio a favore dell’Amministrazione, che potrà impiegare un criterio diverso dando conto della sua maggiore affidabilità specifica e, per il restante, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare, ove lo ritenga, un valore di avviamento inferiore a quello indicato dietro applicazione di parametri diversi da quelli previsti dallo stesso d.p.r. n. 460 cit. (v., ex plurimis , Cass., 29 luglio 2021, n. 21689; Cass., 23 giugno 2020, n. 12305; Cass., 20 marzo 2019, n. 7750; Cass., 7 aprile 2017, n. 9089; Cass., 27 marzo 2012, n. 4931; Cass., 27 luglio 2007, n. 16705; Cass., 17 febbraio 2006, n. 3505)» così che, « se ai detti criteri può attribuirsi un qualche rilievo indiziario, esso è nel senso che il valore effettivo non è inferiore a quello cui si perviene mediante la loro applicazione, con la conseguenza che l’Amministrazione non è tenuta a spiegare i motivi per cui ritiene incongrui nella specie i criteri in questione, ma deve solo fornire gli elementi indiziari sufficienti a giustificare il proprio assunto (Cass., 23 giugno 2020, n. 12305, cit.)» (cfr. Cass., Sez. T., 25 novembre 2022, n. 34736).
In tale direzione, va ribadito che il contribuente non può limitarsi alla semplice opposizione all’utilizzo di una metodologia di calcolo, senza dimostrare l’incoerenza del metodo utilizzato, contestando la valutazione degli elementi di fatto che sono alla base dei criteri utilizzati (cfr. Cass. n. 613 del 2006); è infatti onere del contribuente, che contesti
l’accertamento, in base ad allegazioni puntuali e specifiche, che tengano conto dei fattori economici dell’azienda, dimostrare le ragioni della divergenza dei propri dati da quelli medi indicati dall’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 17787/2017 in motiv.)» (così, Cass. Sez. V, 14 febbraio 2022, n. 4732).
7.3. Alla luce di tali consolidati principi, dunque, deve ribadirsi che l’applicazione del cd. metodo matematico di cui all’art. 2 comma 4, d.P.R. 31 luglio 1996, n. 460 integra una prova presuntiva e/o indiziaria, che rovescia sul contribuente l’onere di provare che il valore effettivo è inferiore ai parametri minimi stabiliti dal legislatore.
riconosciuto che la Commissione ha errato nel ritenere che l’avviamento non potesse essere «calcolato, come ha fatto l’Ufficio Finanziario, con semplici stime basate su calcoli matematici, su semplici percentuali » (così nella sentenza impugnata priva di numerazione), giacchè il metodo utilizzato dall’Amministrazione corrisponde al richiamato criterio legale di valutazione basato sulla percentuale di redditività.
Si tratta di criterio che già presuppone che si tenga necessariamente conto dei costi (cfr., Cass., Sez. V, 14 febbraio 2022, n. 4732, che richiama Cass., Sez. T., 22 maggio 2008, n. 13116), così come necessariamente considera (in ragione del menzionato modello di calcolo) l’andamento dei ricavi dei tre anni precedenti l’atto tassato, il che vale rendere giuridicamente inesatto il rilievo assegnato dal Giudice regionale alla riduzione dei ricavi nel corso dell’anno 2008 per considerare inattendibile il modello di calcolo sviluppati dall’Ufficio.
7.5. Le riflessioni che precedono conducono, quindi, all’accoglimento del secondo motivo di ricorso e con esso, in uno alla cassazione della sentenza impugnata, anche al rinvio al giudice d’appello.
L’accertamento del valore d’avviamento dell’azienda integra, infatti, un giudizio fattuale rimesso al prudente appressamento del Giudice di merito (cfr., Cass., Sez. V, 14 febbraio 2022, n. 4732, che richiama Cass., Sez. T. 4 novembre 2015, n. 22506; Cass., Sez. VI/V., 23 febbraio 2012 n.
2747; Cass., Sez. T., 20 gennaio 2006, n. 1137; Cass., Sez. T., 25 febbraio 2002, n. 2702; Cass., Sez. V., 3 settembre 2001, n. 11354) e nel caso di specie il rinvio si impone, dovendo il Giudice dell’appello procedere ad un rinnovato accertamento di fatto sul valore da attribuire all’avviamento dell’azienda ceduta con il menzionato atto, sulla base dei principi e criteri sopra illustrati e delle risultanze processuali acquisite (tenuto conto che dai contenuti della sentenza emergono le contestazioni avanzate dalla contribuente al valore assegnato dall’Ufficio), provvedendo, quindi, a determinare tale valore.
Le valutazioni che precedono consentono di ritenere -all’evidenza -assorbiti sia il terzo che il quarto motivo di impugnazione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e dichiara assorbiti il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia -in altra composizione per l’accertamento indicato in parte motiva, nonché per la liquidazione delle spese anche del presente grado di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024.