Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21067-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
NOME , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso gli Uffici dell’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e dif esa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 6507/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 21/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/2/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del Lazio aveva accolto l’appello di Roma Capitale avverso la sentenza n. della RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Roma, in accoglimento del ricorso proposto dalla società contribuente avverso avviso di accertamento ICI 2010;
Roma Capitale resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 2909 cod. civ. per avere la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale omesso di rilevare l’intervenuto giudicato esterno in relazione alla sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del Lazio n. 5299/2017, in giudicato, con riguardo all’annualità ICI 2009;
1.2. va respinta l’eccezione di giudicato esterno, formulata dalla Società, con deposito di relativa documentazione;
1.3. il giudicato, al quale la Società fa riferimento, è costituito dalla sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del Lazio n. 5299/2017 con cui era stata affermata l’illegittimità del «metodo della trasformazione» utilizzato dall’Ente comunale per la stima dell’immobile tassato con riguardo ad entrambe le annualità;
1.4. in particolare, la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale, nella suddetta pronuncia, aveva affermato quanto segue: «Il
1.5. l’eccepito giudicato , come correttamente evidenziato dalla RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale, non osta dunque all’autonoma valutazione della fattispecie oggetto del presente giudizio;
1.6. invero, quello che costituirebbe l’elemento comune alle cause si risolve, in sostanza, in una questione che involge l’attività interpretativa delle norme di diritto, che nell’ordinamento processuale non può incontrare vincoli;
1.7 . l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta dal Giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da altro Giudice, dovendosi richiamare a tale proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dall’efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 cod. civ. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello stare decisis (cioè, del precedente giurisprudenziale vincolante) che non trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (cfr. Cass. 15/07/2016, n. 14509, Cass. 21/10/2013, n. 23723);
1.8 . ne consegue che l’interpretazione ed individuazione della norma giuridica posta a fondamento della pronuncia -salvo che su tale pronuncia si sia formato il giudicato interno -non limitano il Giudice dell’impugnazione nel potere di individuare ed interpretare la norma applicabile al caso concreto e non sono, quindi, suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (cfr. Cass. 20 ottobre 2010, n. 216561, Cass. 23 dicembre 2003, n. 19679);
1.9. ritiene in conseguenza il Collegio che, nella specie, non possa ravvisarsi alcun vincolo di giudicato determinato dalla citata pronuncia della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del Lazio;
2.1. con il secondo motivo di ricorso la Società denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D. Lgs. n. 504/1992 … (in quanto) … il ‘metodo della trasformazione’ non è previsto dalla normativa tributaria…»;
2.2. con il terzo motivo la Società denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 546/1992» asserendo che «il “metodo della trasformazione” definisce una base imponibile diversa da quella prevista dalla legge»;
2.3. con il quarto motivo la società denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 5, comma 5, D. Lgs. n. 504/1992» e lamenta «assenza di motivazione in merito alla scelta di utilizzare il “metodo della trasformazione” per la ricostruzione della base imponibile ICI» rivedendo il valore dichiarato dalla contribuente;
2.4. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate;
2.5. le doglianze attengono al rilievo circa l’estraneità, al disposto di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, del metodo di stima utilizzato dall’Ente, cd. del valore di trasformazione, e, dunque, nella sua conseguente illegittimità, così che le censure articolate dalla ricorrente non attingono accertamenti in fatto posti a fondamento della pronuncia impugnata quanto piuttosto la conformità, o meno, al precetto legale del criterio impiegato ai fini della valutazione delle aree edificabili;
2.6. ciò posto, come già affermato da questa Corte in identica fattispecie tra le medesime parti (cfr. Cass. n. 19811 del 12/7/2021), sulla base di principi di diritto che il Collegio condivide pienamente, il d.lgs. n. 504, cit., art. 5, c. 5, con riferimento alla determinazione della base imponibile dell’imposta da applicare sulle aree edificabili, dispone che «il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio
dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche»;
2.7. la Corte ha già avuto modo di rilevare che, a detti fini, è indispensabile che la misura del valore venale in comune commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, parametri che, pertanto, devono considerarsi tassativi (cfr., ex plurimis , Cass., 30 maggio 2017, n. 13567; Cass., 15 giugno 2010, n. 14385);
2.8. la Corte ha, altresì, statuito che a detta disposizione, che rinvia «ad una pluralità di elementi compositi, fondati su dati desumibili da atti amministrativi (ad esempio l’indice di edificabilità e la destinazione d’uso consentita) o da fonti esterne (prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche)», può senz’altro ricondursi il metodo analitico-ricostruttivo denominato del valore di trasformazione, metodo, questo, incentrato sulla «determinazione del valore dell’area fabbricabile sulla base della differenza tra il ricavato (valore dell’edificato), ‘ come si configurerebbe ad edificazione avvenuta della cubatura realizzabile per l’area presa in considerazione ‘ , ed i costi necessari all’edificazione stessa (costi di trasformazione)» (così Cass., 20 ottobre 2017, n. 24872; cfr. altresì, in motivazione, Cass., 9 marzo 2018, n. 5763; Cass., 2 marzo 2018, n. 4953);
2.9. la rilevanza, ai fini della determinazione del valore venale in comune commercio delle aree edificabili, dei parametri offerti dagli indici di edificabilità e dalla destinazione d’uso delle aree, dagli oneri di adattamento del terreno e dalla stessa maggiore o minore attualità della potenzialità edificatoria dell’area (cfr. Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506), dà conto, per vero, del rilievo secondo il quale il criterio analitico-ricostruttivo in questione trova fondamento nello stesso dettato normativo, nel cui contesto la potenzialità edificatoria dell’area viene assunta nella sua concreta, ed obiettiva, dimensione, e non in quella che,
in buona sostanza, viene rimessa alle scelte economiche (e di convenienza) del contribuente (secondo una valutazione cui allude la gravata sentenza nel rilevare che «nella realtà del mercato, i prezzi tengono anche conto del fatto che non tutti gli acquirenti sfruttano per intero le potenzialità edificatorie dei beni acquistati»), laddove, – come sempre avviene nelle operazioni concettuali legate a complesse metodologie di valutazione, si tratta di verificare la correttezza della concreta applicazione del metodo di stima prescelto, avuto riguardo alla riscontrabilità dei dati fattuali postivi a fondamento ed al rigore del procedimento inferenziale sotteso all’utilizzazione del metodo di stima;
3.1. con il quinto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma l, L. n. 212/2000 …(per)… omessa allegazione della documentazione richiamata nell’accertamento … quali … Regolamenti, stime OMI ecc., che vengono soltanto indicati e, in relazione ai medesimi, non è riportato alcun contenuto essenziale»;
3.2. la doglianza va disattesa;
3.3. secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, infatti, in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dall’art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto, al che deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione (cfr. Cass. n. 13105 del 25/07/2012; conf. Cass. n. 27237 del 27/9/2023 in motiv.; Cass. 11449 del 4/5/2023 in motiv.; Cass. n. 4095 del 9/2/2022; Cass. n. 17403 del 17/06/2021);
4.1. con il sesto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito «dall’insieme degli elementi che dovevano essere presi in considerazione per valutare il nucleo essenziale della lite, costituito dal valore di mercato attribuibile, ai sensi del più volte richiamato art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992», senza esaminare le prove offerte dalla contribuente e limitandosi ad affermare la correttezza delle stime comunali;
4.2. la censura è parimenti infondata;
4.2. la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale, nel l’accogliere il gravame dell ‘ente impositore , ha affermato quanto segue:«…l’Ufficio, in applicazione dell’art. 5, co. 5 del D.Lgs 504/92, ai fini dell’individuazione del valore venale delle aree fabbricabili in oggetto, in mancanza di un valore di mercato direttamente riferibile, ha considerato gli elementi che, nel rispetto dei requisiti di oggettività ed attendibilità, consentono di pervenire al più veritiero probabile valore dell’area fabbricabile medesima e ciò anche in ragione della suscettibilità alla trasformazione della stessa. Pertanto deve ritenersi legittimo il criterio adottato dall’Ente Impositore, consistente nel criterio di stima analitico c.d. “Metodo di Trasformazione”, peraltro già sottoposto a vaglio di costituzionalità, giusta sent. n. 302/20 l 0). In particolare questo metodo che costituisce, in realtà, uno dei criteri maggiormente utilizzati per pervenire ad una corretta valorizzazione delle aree fabbricabili, consiste nell’attualizzazione, alla data di riferimento dell’imposizione, del valore degli immobili che potranno sorgere sull’area, sulla base dei valori di mercato rilevati dall’OMI, per unità immobiliari similari già esistenti, peraltro con applicazione di una serie di correttivi dipendenti dalla vetustà e dalla tipologia edilizia del patrimonio immobiliare presente che costituisce il riferimento. Inoltre il valore si ottiene tenendo, altresì, conto dell’incidenza dei costi e degli oneri sostenuti per la realizzazione del prodotto edilizio realizzabile e tale valore viene attualizzato al tasso praticato dalla Banca d’Italia per un numero di anni derivante dal numero di anni intercorrenti tra la data di stima e la
presunta maturazione urbanistica dell’area, ossia derivante dal numero di anni tecnicamente necessari alla realizzazione dei fabbricati e dal numero di anni presumibilmente necessari per l’assorbimento, da parte del mercato, dei fabbricati stessi. Conclusivamente, in riforma dell’impugnata sentenza, deve ritenersi legittimo l’operato accertativo dell’Ufficio per la determinazione del valore dell’area fabbricabile in oggetto ai fini IMU, posto che nel criterio di trasformazione utilizzato, sono rinvenibili tutti i fattori richiamati nell’art. 5, co. 5 del D.Lgs 504/92 e che tali elementi utilizzati per effettuare la stima dell’area, sono stati indicati nell’atto accertativo medesimo»;
4.3. posto dunque che, secondo lo stabile indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, dal quale non vi sono ragioni per dissentire, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti (cfr. Cass. nn. 11511/2014; 19814/2013; 1754/2007), e che le censure motivazionali non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare -sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale -le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. ex multis , Cass. n. 742/2015), nella specie non sussiste alcuna lacuna nel ragionamento decisorio seguito dal giudice territoriale, né tantomeno sono ravvisabili le carenze
motivazionali dedotte, le cui doglianze palesano in sostanza soltanto che le circostanze di causa siano state lette dalla RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale in modo non corrispondente alle proprie aspettative;
4.4. per risultare rilevante ex articolo 360, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo deve consistere in un difetto di attività del giudice di merito che si verifica soltanto se vi sia traccia evidente (Cass. d.lgs. 5/2/1997, n. 22 marzo 2007, n. 7065; Cass. 8 giugno 2007, n. 13426; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 15 febbraio 2008, n. 3781; Cass. 8 giugno 2009, n. 13157) che egli abbia trascurato non già la deduzione o l’argomentazione che la parte ritiene rilevante per la sua tesi, bensì una circostanza obiettiva acquisita alla causa mediante prova scritta od orale, idonea di per sé, qualora fosse stata presa in considerazione, a condurre con giudizio di certezza e non di mera probabilità ad una decisione diversa da quella adottata (cfr. Cass. 23 dicembre 2003, n. 19679; Cass. 3 febbraio 2000, n. 1203;);
4.5. il motivo di ricorso così come prospettato si risolve, dunque, in un ‘i nammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, id est di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione, atteso che, peraltro, la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (cfr. Cass. n. 1414 del 26/01/2015):
4.6. il giudice di merito è infatti libero di attingere il proprio convincimento dagli elementi probatori che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori considerati nel loro complesso, pur senza una esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati o non considerati, come, nella specie, è di certo accaduto per la sentenza gravata;
4.7. non sussiste, dunque, il denunciato vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata appare congruamente motivata ed immune da vizi logico-giuridici, mentre le doglianze che la ricorrente solleva alla decisione impugnata si sostanziano nell ‘ inammissibile richiesta al Giudice di legittimità di sottopone le risultanze processuali emerse nel corso del giudizio di merito ad una nuova valutazione, in modo da sostituire alla valutazione sfavorevole effettuata dai giudici di appello una più consona alle proprie concrete aspirazioni (cfr., ex multis , Cass. n. 25332 del 2014);
4.8. la ricorrente, invero, a fronte della trascritta valutazione di fatto, si limita ad opporre censure generiche e non decisive (neppure trascrivendo e allegando la documentazione, di cui si assume che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia omesso l’esame) , tendenti in realtà a meramente contrapporre a quella operata dal giudice la propria, opposta, valutazione;
sulla scorta di quanto sin qui illustrato, assorbita ogni altra questione dedotta dalla controricorrente, il ricorso va integralmente respinto;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art.13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da