Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4483  Anno 2025
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
Oggetto: Ici
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1939/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  sindaco  p.t.,  rappresentato  e difeso dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
Contro
NOME, NOME NOME, rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO;
-controricorrenti – avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della Puglia, n. 1743/2022 depositata il 22 giugno 2022;
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  15  novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un  avviso di accertamento (n. 11347/09) con cui il comune di RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi  ricorrente)  aveva  chiesto  ad  NOME,  dante  causa  di NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME (d’ora  in  poi controricorrenti),  il pagamento dell’Ici relativa all’anno 2009 , dovuta per un’area fabbricabile, in quanto comproprietaria nella misura di un terzo.
La CTP ha rigettato il ricorso e la CTR ha riformato parzialmente la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti ragioni:
-come  riconosce  anche l’ appellante,  originaria ricorrente, le doglianze attengono alla determinazione del valore del bene e su tale aspetto viene limitato l’esame nel presente giudizio, collegandolo  al  motivo  principale  che  ha  inteso  censurare  la completezza della motivazione dell’atto impositivo;
-l’avviso  di  accertamento  è  completo,  in  quanto  dà  conto , dell’intestazione del terreno (pro quota) alla contribuente, della superficie, della consistenza, della destinazione urbanistica, della delibera  comunale  che  ha  fornito  l’indicazione  quantitativa, ponendo la contribuente nella condizione di difendersi;
-gli  atti  di  compravendita  addotti  dal  comune  si  riferiscono  a terreni che hanno ottenuto l’approvazione dei piani attuativi e il calcolo  è  sviluppato  in  base  al  ricavo  ipotetico  degli  immobili edificabili sul suolo;
-tali deduzioni, tuttavia, non tengono conto che il terreno oggetto di causa, almeno con riferimento all’annualità 2009, non poteva essere concretamente edificato per la mancata approvazione dei piani attuativi;
-il valore del terreno è diverso, infatti, se il bene è corredato delle autorizzazioni  necessarie  per  consentire  la  realizzazione  del programma  edificatorio  e,  in  tal  senso,  sono  condivisibili  le
deduzioni dell’appellante in ordine alla mera potenzialità edificatoria;
-il  comune,  del  resto,  non  ha  confutato  la  circostanza  della mancata approvazione dei piani attuativi, nemmeno all’attualità, nonostante il lungo tempo trascorso dall’annualità di imposizione, confermando così la fondatezza della stima effettuata dal consulente dell’appellata ;
-il  valore  dell’immobile  deve  essere  determinato ,  alla  stregua delle indicazioni della consulenza tecnica di parte, in € 22,50 al mq.
Il  ricorrente  propone  ricorso,  fondato  su  due  motivi  e  deposita memoria; le controricorrenti si costituiscono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con  il  primo  motivo  di  impugnazione  il  ricorrente  lamenta,  in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per carenza di motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto preferibile la perizia di parte.
1.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui tende a rimettere in discussione una valutazione probatoria effettuata dal giudice del merito, interdetta in sede di legittimità. È difatti preclusa nella presente sede ogni verifica sull’utilizzo degli elementi probatori effettuata nei gradi di merito, pena il riconoscimento del giudizio di legittimità come il terzo grado di un giudizio di merito, non previsto dal nostro ordinamento.
Nel caso di specie i giudici di secondo grado hanno fondato il proprio convincimento su una pluralità di elementi probatori e hanno esposto in modo chiaro e logico le ragioni della decisione, come riepilogato nella parte in fatto della presente ordinanza.
Giova, sul punto, ricordare che in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la
valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della RAGIONE_SOCIALE. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (Cass. Sez. 3, n. 37382/2022, Rv. 666679 -05).
Già da tempo è stato affermato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento
del giudice di merito, ipotesi da escludere nel caso di specie, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass., Sez. 5, n. 19547/2017, Rv. 645292 -01, Sez. 6 – 5, n. 29404/2017, Rv. 646976 – 01).
Si rileva un ulteriore profilo di inammissibilità legato alla natura del giudizio reso dal giudice tributario. Si afferma da tempo che la valutazione del giudice tributario non è riconducibile ad una decisione  della  causa  secondo  la  cosiddetta  equità  sostitutiva, che, consentita nei soli casi previsti dalla legge, attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia ed attribuisce al giudice il potere di prescindere nella fattispecie dal diritto positivo.
Si tratta, invece, di una valutazione di tipo estimativo in relazione alla quale non è, pertanto, ipotizzabile la violazione dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ. e, rientrando il suddetto apprezzamento nei generali poteri conferiti al giudice dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., la relativa pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalità, è suscettibile di controllo, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondente motivazione (Cass., 3 aprile 2024, n. 8839; Sez. 5, n. 12021/2020, Rv. 657933 – 01; Sez. 65, n. 25707/2015, Rv. 638078 – 01; Cass., Sez. 5, n. 4442/2010, Rv. 611651 – 01; Sez. 5, n. 24520/2005, Rv. 585565 – 01).
1.2. Il motivo è, inoltre infondato, in quanto, come sopra esposto anche nella parte in fatto della presente sentenza, i giudici del
merito hanno ben esplicitato le ragioni per le quali hanno ritenuto di condividere gli esiti della consulenza tecnica di parte.
È da escludere, dunque, che nel caso concreto vi sia stata una motivazione apparente . Quest’ultima, infatti, ricorre quando, pur se graficamente esistente, non consenta alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost., ipotesi che si verifica quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’effettiva disamin a logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (tra le molte, Cass. Sez. 6 – 5, n. 9105/2017, Rv. 643793 -01, Sez. L, n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 -02, Sez. 1, n. 13248/2020, Rv. 658088 – 01). Nella specie, invece, la sentenza ha reso sul punto una motivazione ben sviluppata, chiara ed esente da vizi logici, come risulta da quanto riportato nella parte relativa ai Fatti di causa.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Si duole che i giudici di merito non abbiano tenuto conto che la perizia di parte era fondata sul presupposto non provato che il prezzo medio di mercato  fosse  di € 32  al  mq,  quando,  invece,  nell’atto  di compravendita, dallo stesso ricorrente addotto, era stato fissato in € 78,40 al mq.
2.1.  Il  motivo  è  inammissibile  per  diversi  ordini  di  motivi.  Il ricorrente, in primo luogo, non ha dedotto la ragione per la quale tale omessa valutazione di tale atto, tenuto conto della pluralità degli elementi presi in considerazione dalla sentenza impugnata, sarebbe  decisiva  per  la  definizione  del  giudizio  in  senso  a  lui favorevole.
In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, dalla sentenza si evince chiaramente per quale ragione è stata ritenuta più convincente la consulenza di parte in rapporto agli atti di compravendita addotti dal comune, odierno ricorrente, a supporto della propria pretesa. È da escludere, pertanto, che vi sia stata un’omessa decisione su un fatto oggetto di discussione tra le parti.
Con tale motivo il ricorrente sottopone al Collegio una rivisitazione degli elementi probatori preclusa in sede di legittimità. Nel giudizio di cassazione è precluso, infatti, l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operata dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti’ (Cass. n. 21439 del 2015, Rv. 637497 – 01).
La valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in  cassazione  se  non  sotto  il  profilo  della  congruità  della motivazione del relativo apprezzamento (Cass., Sez. 2, n. 23286 del  2005,  Rv.  585444 -01,  Sez.  6-5,  n.  1414  del  2015,  Rv. 634358 -01).
Nel giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento, peraltro, in base ad un condiviso e consolidato orientamento di legittimità, il giudice del merito non è tenuto a dare conto del fatto di aver valutato  analiticamente  tutte  le  risultanze  processuali,  né  a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo  sufficiente che egli, dopo  averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo
convincimento e l’ iter logico seguito, implicitamente disattendendo gli argomenti morfologicamente incompatibili con la decisione adottata, come nel caso di mere allegazioni difensive quali sono le osservazioni contenute nella perizia stragiudiziale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16650 del 29/07/2011, Rv. 619080 -01, Sez. 5, n. 3104/2021, Rv. 660644 -02).
2.2.  Nel  caso  in  esame  secondo  la  sentenza  impugnata,  la consulenza di parte risultava maggiormente concludente perché teneva «conto della mera potenzialità edificatoria,  non  ancora espressa in una forma compiuta che potesse dare sfogo a una redditiva commercializzazione, e quindi a una valutazione allineata alla realizzabilità di un costruito».
Il motivo di ricorso non dà conto della decisività del contratto di vendita prodotto per comparazione con riferimento alla condizione del bene e, dunque, alla sua suscettibilità edificatoria più o meno immediata (senza necessità di un piano attuativo).
Il ricorrente si limita a rilevare che il rogito del 2008 aveva ad «oggetto un fondo vicino (foglio 38, partt. 977, 978) a quello oggetto di causa (foglio 38, part. 287), rientra nella stessa zona urbanistica (vedasi doc. nn. 10 e 11 allegati al ricorso) ed è stato stipulato  un  anno  prima  rispetto  a  quello  per  il  quale  è  stato emesso l’avviso di accertamento impugnato (2009) ».
Con il motivo di ricorso in esame, dunque, ai fini della verifica della decisività, il ricorrente, al di là della dimostrazione che a volere prendere come base di calcolo quella ricavabile dall’atto a rogito AVV_NOTAIO, il valore sarebbe stato più alto, non si confronta con la motivazione della sentenza nella parte in cui si afferma che il valore venale determinato dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente è stato ricostruito sulla base di atti di compravendita riferiti a terreni che hanno ottenuto l’approvazione de i piani attuativi,
circostanza  che  non  ricorre  per  il  terreno  per  cui  è  causa.  Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
 Da  quanto  esposto  consegue  il  rigetto  del  ricorso;  le  spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.  Si  dà  atto  che  sussistono  i  presupposti  per  il versamento  da  parte  del  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare in favore delle controricorrenti le  spese  del  presente  giudizio,  che  liquida  nell’importo di  € 1.400,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi ,  rimborso forfettario  nella  misura  del  15%  e  accessori  di  legge,  con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento  da  parte  del  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso il 15 novembre 2024.