Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35443/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. GENOVA n. 492/2019 depositata il 18/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti RAGIONE_SOCIALE parti, a seguito di investigazioni dell’OLAF, l’Ufficio doganale di Firenze aveva proceduto con atto di rettifica n. 17692 del 22.9.2010 alla revisione di dichiarazioni doganali d’importazione di lampade fluorescenti effettuate tra il 2007 e 2008 dalla società RAGIONE_SOCIALE, avendo accertato che le merci dichiarate di origine tunisina provenivano dalla Cina e quelle indicate come prodotte dalla ditta cinese RAGIONE_SOCIALE (beneficiaria di un dazio del 20,2%) erano state in realtà prodotte da terzi (per i quali era previsto un dazio maggiore).
Impugnato quest’atto, il giudizio veniva definito con il suo annullamento da parte della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana che accoglieva l’eccezione di incompetenza dell’ufficio emittente.
Successivamente, in relazione alle dichiarazioni d’importazione presentate presso la Dogana di La Spezia, tra quelle di cui alla precedente rettifica, l’Ufficio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di La Spezia emetteva dapprima avviso di accertamento suppletivo e di rettifica prot. 45531/RU del 30.12.2014, ai soli fini interruttivi della prescrizione, e successivamente l’atto di accertamento definitivo n. NUMERO_DOCUMENTO/RU del 12.5.2016, relativamente alle merci prodotte dalle società cinesi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e dichiarate di produzione della RAGIONE_SOCIALE, al fine di trarre vantaggio dal minore dazio applicato a quest’ultima.
RAGIONE_SOCIALE impugnava quest’ultimo atto e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di La Spezia accoglieva il ricorso, osservando che l’atto impugnato era stato emesso oltre i termini di decadenza.
Con la sentenza in epigrafe il gravame erariale è stato accolto dalla CTR della Liguria, la quale ha rigettato l’eccezione preliminare, osservando che il termine di prescrizione, non di decadenza, di cui agli artt. 221 reg. n. 2913/1992 (Codice
Doganale Comunitario, CDC) e 84 d.P.R. n. 43/1973 decorreva dalla data in cui era divenuto irrevocabile il provvedimento che aveva definito il procedimento penale e non dalla data in cui era sorta l’obbligazione tributaria; inoltre, affermata la « piena valenza probatoria » degli accertamenti svolti dall’OLAF, ha ritenuto la fondatezza della pretesa erariale in mancanza di prova contraria a carico della contribuente, non essendo sufficiente la buona fede in difetto RAGIONE_SOCIALE altre condizioni dell’esimente prevista dall’art. 220 par.2 lett. b) del CDC.
Il ricorso è affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso la società deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c e omessa pronunzia con riferimento all’eccezione di nullità per difetto di motivazione dell’avviso di rettifica dell’accertamento, in quanto dotato di « un impianto motivazionale carente », riproposta con le controdeduzioni in appello.
1.1. Il motivo è infondato perché ricorre un rigetto implicito della questione. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa,
gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. n. 12652 del 2020); ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. n. 12131 del 2023).
2. Con il secondo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza perché fornita di motivazione meramente apparente, in violazione dell’art. 36 comma 2 n. 4 e 61 d.lgs. n. 546/1992, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l’art. 1 comma 2 d.lgs. n. 546/1992 e dei principi generali di cui agli artt. 111 commi 6 e 7 cost., evidenziando che la sentenza si era limitata ad attribuire valore probatorio insuperabile al rapporto OLAF, in ordine alla « origine cinese nella loro totalità » della merce; da un lato, la CTR non aveva dato conto degli elementi dedotti dalla contribuente che inficiavano quelle risultanze e, dall’altro, non aveva rilevato che la provenienza cinese RAGIONE_SOCIALE merci oggetto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di importazione rettificate era pacifica e non costituiva il tema del
contendere, riguardante invece l’effettiva provenienza della merce, disputata tra la ditta cinese RAGIONE_SOCIALE (titolare di benefici daziari), come riportato nelle dichiarazioni, e le altre società, indicate come intermediarie che avevano ricevuto i pagamenti.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022).
2.3. Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016).
2.4. In questo caso il percorso logico giuridico è chiaramente intelligibile sebbene tracciato in termini assai sintetici: esclusa la prescrizione della pretesa, la CTR ha riconosciuto la « rilevanza probatoria » degli accertamenti OLAF, che « possono essere posti a
fondamento dell’avviso di accertamento », con conseguente prova liberatoria a carico dell’importatore (« Spetta al contribuente fornire la prova contraria »), prova che in questo caso, con riguardo alla buona fede, non era stata fornita, perché non erano stati dimostrati i « tre requisiti voluti dall’art. 220 CDC fra i quali l’errore della Dogana »; va osservato, poi, che il rilievo della « origine cinese nella loro totalità » RAGIONE_SOCIALE importazioni è riferito agli accertamenti dell’OLAF, che riguardavano anche le merci dichiarate di origine tunisina, e non all’oggetto del giudizio, cosicché quel passaggio non può ritenersi illogico e non vizia la motivazione.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116, dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 9 par. 2 reg. CE n. 1073/1999, per violazione della regola del ‘prudente apprezzamento’ nella valutazione degli elementi di prova e, in particolare, del rapporto OLAF a cui la CTR aveva considerato quale prova legale, attribuendogli valenza di prova insuperabile, nonostante non potesse essere connotato come ‘accertamento diretto fidefaciente’ e non contenesse presunzioni gravi, precise e concordanti.
3.1. Il motivo è inammissibile per più ordini di ragioni e comunque è infondato.
3.2. La doglianza è estremamente generica, mette insieme elementi eterogenei e non rispetta i principi di specificità e autosufficienza, censurando l’apprezzamento del Giudice di merito con riguardo, in particolare, agli accertamenti dell’OLAF senza riportare puntualmente il loro contenuto; il motivo, poi, appare contraddittorio perché, da un lato, si fa valere una violazione di legge laddove le investigazioni dell’OLAF sarebbero state considerate come prova legale e, dall’altro, si critica il ragionamento presuntivo fondato su quegli stessi atti, il cui valore probatorio, in realtà, è differente a seconda della natura dei fatti da esso attestati, « potendosi distinguere tre diversi livelli di
attendibilità a seconda che i verbali siano assistiti da fede privilegiata, facciano fede fino a prova contraria, oppure costituiscano elementi di prova valutabili in concorso con altri elementi » (Cass. n. 7993 del 2019). Spettava alla parte, in ossequio alla regola di specificità -prevista, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma, nn. 4 e 6 c.p.c. -, riportare puntualmente il contenuto degli atti OLAF in modo da distinguere i ‘tipi’ di accertamento svolto (accertamenti diretti “fidefacenti’ e/o accertamenti indiretti liberamente valutabili) e così verificare le violazioni RAGIONE_SOCIALE regole di giudizio relative ai diversi livelli di efficacia probatoria.
3.3. Piuttosto, la sentenza impugnata, laddove ha riconosciuto rilevanza probatoria agli atti dell’OLAF, è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui « In tema di tributi doganali, gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi dell’OLAF ai sensi del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1073 del 1999 hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria » (Cass. n. 10118 del 2017; v. anche Cass. n. 25347 del 2020; Cass. n. 2139 del 2020); inoltre, quegli accertamenti « per la loro formazione ed il valore di atti pubblici ad essi attribuibile, ben possono essere posti, anche da soli, a fondamento degli avvisi di accertamento per il recupero dei dazi doganali sui quali siano state riconosciute esenzioni o riduzioni (…) tenuto conto del disposto degli artt. 9, primo, secondo e terzo comma, e 10, primo comma, del predetto Regolamento, sono inoltre utilizzabili quali fonti di prova emergenti dalle indagini svolte dall’OLAF anche i documenti acquisiti e la comunicazione di qualsiasi informazione ottenuta nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini espletate, compresi i verbali RAGIONE_SOCIALE operazioni di missione » (Cass. n. 5892 del 2013). La ricorrente rivolge la sua critica verso singoli elementi indiziari per concludere che gli accertamenti non
erano riferibili alle merci in questione e non potevano inficiare le risultanze dei certificati d’origine prodotti, ma non si confronta con il complessivo quadro probatorio in atti, risultante anche dalle prove raccolte dai funzionari della dogana (si vedano, in proposito, le controdeduzioni dell’RAGIONE_SOCIALE, pagg. 10 -13); la sua ricostruzione, quindi, risulta viziata perché devia dal modello “atomisticoanalitico”, che caratterizza il ragionamento presuntivo, fondato sul rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante e sulla successiva valutazione congiunta, complessiva e globale, degli stessi, da compiersi alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale e concordanza (Cass. n. 18327 del 2023).
3.4. La doglianza finisce per svolgersi esclusivamente sul piano della valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, nel tentativo di rimettere in discussione l’accertamento svolto dal giudice di merito che è incensurabile nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019), senza far emergere precisi profili di violazione di legge. Va rammentato, in proposito, che in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (per tutte, Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 3572 del 2021).
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, relativi, da un lato, al contenuto generico
degli atti OLAF e, dall’altro, ai certificati di origine preferenziale, attestanti la produzione della merce da parte della RAGIONE_SOCIALE, per i quali si sarebbe dovuto richiedere controllo di autenticità all’Autorità straniera emittente a cui compete l’annullamento dell’atto.
4.1. Il motivo è inammissibile. La censura prevista dal novellato art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 13024 del 2022; Cass. n. 14802 del 2017); non possono considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 10525 del 2022). In questo caso la doglianza non è riconducibile al paradigma di cui al n. 5 in quanto difetta il fatto storico decisivo, il cui esame sarebbe stato omesso, evidenziandosi questioni che attengono all’apprezzamento del materiale probatorio (quanto all’asserita genericità degli accertamenti OLAF) ovvero a profili di violazione di legge che non trovano riscontro, atteso che, secondo il disposto dell’art. 26 del predetto Reg. n. 2913 del 1992 (CDC) e dell’art. 94, par. 5, del Reg. n. 2454 del 1993 (DAC), il recupero “a posteriori” dei dazi esentati o ridotti, non è subordinato all’annullamento del documento da parte RAGIONE_SOCIALE autorità del Paese emittente ma è legittimata anche solo dalle risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini
effettuate dagli organi ispettivi comunitari (Cass. n. 24439 del 2013; Cass. n. 5400 del 2012; v. anche Cass. n. 892 del 2020).
Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza perché fornita di motivazione apparente, in violazione degli artt. 36 comma 2 n. 4 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con ‘art. 1 comma 2 d.lgs. n. 546/1992 e dei principi generali di cui agli artt. 111 commi 6 e 7 cost., con riguardo all’esimente di cui all’art. 220 CDC, non essendosi la CTR confrontata con gli elementi dedotti dalla contribuente; in particolare, era stata dedotta la buona fede della società importatrice, atteso che il procedimento penale nei confronti del suo legale rappresentante si era concluso con decreto di archiviazione da parte del GIP del Tribunale di La Spezia e, oltre a ciò, si era evidenziato il ‘comportamento passivo’ dell’Autorità doganale che « non aveva sollevato alcuna obiezione per quanto attiene alla classificazione tariffaria della merce ».
5.1. Va premesso che non si procede alla contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione, ai sensi dell’art. 220 comma 2, lett. b) CDC, nel momento in cui si verifichino cumulativamente i seguenti tre presupposti: a) che i dazi in questione non siano stati riscossi a causa di un errore RAGIONE_SOCIALE autorità competenti medesime; b) che l’errore di cui si tratta sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore che versi in buona fede; c) che il dichiarante abbia rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana (Corte di Giustizia 18 ottobre 2007, RAGIONE_SOCIALE, C-173/06, punto 30 e giurisprudenza ivi citata, punto 35, Corte di Giustizia 15 dicembre 2011, RAGIONE_SOCIALE, C-409/10, punto 47).
5.2. Se ne deve necessariamente inferire – come anche questa Corte ha più volte avuto modo di affermare – che lo stato soggettivo di buona fede dell’importatore, richiesto dall’art 220,
comma 2, lett. b) CDC, ai fini dell’esenzione dalla contabilizzazione a posteriori, non ha valenza esimente in re ipsa , ma solo in quanto sia riconducibile ad una RAGIONE_SOCIALE situazioni fattuali individuate dalla normativa comunitaria, tra le quali va annoverato anche l’errore incolpevole, ossia non rilevabile dal debitore di buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza (Cass. n. 33314 del 2019; Cass. n. 7674 del 2012); tale errore, tuttavia, per assumere rilievo esimente, deve essere in ogni caso imputabile a un comportamento attivo RAGIONE_SOCIALE autorità doganali non rientrandovi quello indotto da dichiarazioni inesatte dello stesso operatore o di altri soggetti (Corte di Giustizia, 27 giugno 1991, Mecanarte, C-348/89, punti 19, 23; Corte di Giustizia 18 ottobre 2007, RAGIONE_SOCIALE, cit., punto 31; Corte di Giustizia 10 dicembre 2015, RAGIONE_SOCIALE, C-427/14 punto 46; Corte di Giustizia, 15 dicembre 2011, NOME, cit., punto 54; Corte di giustizia, 14 maggio 1996, RAGIONE_SOCIALE, cause riunite C-153/94 e C-204/94, punti 91 e 92), in quanto l’Unione Europea non è tenuta a sopportare le conseguenze di comportamenti scorretti dei fornitori rientranti nel rischio dell’attività commerciale, contro cui gli operatori economici possono premunirsi solo nell’ambito dei loro rapporti negoziali (Cass. n. 18187 del 2023; Cass. n. 33314 del 2019; Cass. n. 15758 del 2012; Cass. n. 5199 del 2013). Spetta, in ogni caso, all’importatore che voglia fruire di detta esenzione, dimostrare l’esistenza cumulativa di tutti i presupposti indicati dall’art. 220 CDC ai fini della prova della fattispecie esimente in oggetto, mentre sull’autorità doganale incombe esclusivamente l’onere di allegare e dimostrare l’irregolarità RAGIONE_SOCIALE certificazioni presentate, atteso che qualsiasi certificato che risulti inesatto autorizza il recupero dell’imposta a posteriori (Corte di Giustizia, 15 dicembre 2011, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, cit., punto 44 e altra giurisprudenza ivi citata).
5.3. Anche sotto questo profilo la motivazione raggiunge il minimo costituzionale, avendo la CTR osservato, linea con gli
orientamenti sopra riportati, che la buona fede di per sé non era sufficiente in difetto della prova dei « tre requisiti voluti dall’art. 220 CDC » che perfezionano l’esimente, compreso l’errore dell’Autorità da intendersi come ‘errore attivo’.
Con il sesto motivo deduce , ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alle medesime circostanze di cui al precedente motivo, dalle quali si desumerebbe la buona fede dell’importatore e l’errore dell’Autorità doganale.
6.1. Anche in questo caso difetta il preciso fatto storico decisivo, il cui esame sarebbe stato omesso, perché gli elementi di cui si lamenta la mancata considerazione rilevano sul piano della valutazione del materiale probatorio, che resta estraneo al paradigma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 20553 del 2021), e le circostanze evidenziate non sono comunque idonee « ad orientare in senso diverso la decisione » (Cass. n. 37382 del 2022) alla luce di quanto sopra osservato sul contenuto dell’esimente; si noti, invero, che l’invocato decreto di archiviazione del 2.1.2002, secondo quanto esposto in ricorso, ha accertato soltanto la mancanza della prova del dolo, in particolare sulla contestazione relativa alle merci di provenienza tunisina (v. pag. 41 del ricorso), mentre la mancanza di « alcuna obiezione in ordine alla classificazione tariffaria RAGIONE_SOCIALE merci » da parte dell’Autorità doganale rileva nel caso in cui il « raffronto tra la voce doganale dichiarata e la designazione espressa dalle merci secondo quanto disposto dalla nomenclatura consentiva di scoprire l’errata classificazione doganale » (Corte giust. 1 aprile, 1993, C-250/91, RAGIONE_SOCIALE).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 18/10/2023.