Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14404 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14404 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
Oggetto: IVA -scommesse -coobbligato solidale -utilizzabilità elementi diversa imposta e Agenzia – limiti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26485/2022 R.G. proposto da NOME COGNOME NOMECOGNOME titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME c/o RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, n.2786/17/2022 depositata il 30 marzo 2022, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, n.2786/17/2022, veniva rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Catania n.3862/5/2016 di rigetto del ricorso introduttivo.
Il ricorso aveva ad oggetto l’avviso di accertamento notificatogli quale coobbligato solidale della Stanleybet, per maggiori ricavi, II.DD., IVA e accessori relativamente al periodo di imposta 2009. Veniva in particolare contestato dall’Agenzia delle Entrate l’ esercizio illegale di attività di raccolta di scommesse, in assenza di regolare concessione e di collegamento al totalizzatore nazionale, quale intermediario di bookmaker straniero. Il giudice d’ appello ha confermato la decisione di primo grado sfavorevole al contribuente.
Avverso la decisione propone ricorso per Cassazione NOME COGNOME COGNOME per cinque motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360 primo comma n.3, n.4 e n.5 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112
cod. proc. civ., 7 della legge n. 241/90, 1, 10 e 10 bis della Legge n. 212/2000, 5 del d.lgs. n. 218/97 e 97 della Costituzione; lamenta inoltre, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 e n.4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., dolendosi della carenza delle argomentazioni giuridiche idonee a rivelare le ragioni della decisione, in ordine all’eccezione di nullità dell’atto impugnato per mancato svolgimento del contraddittorio preventivo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, n.4 e n.5 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 42 del d.P.R. n. 600/73, 56 del d.P.R. n. 633/72, 7 della legge n. 212/2000, 3 e ss. della legge n. 241/1990 per omessa esposizione delle ragioni del rigetto dell’appello in relazione alla spiegata eccezione di carenza di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato. Nel corpo della medesima censura si denuncia, in rapporto all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. per omessa o apparente motivazione, che impedirebbe di conoscere « l’iter logico-giuridico in virtù del quale l’A.E. resistente ha ritenuto di rettificare il reddito dallo stesso dichiarato ai fini delle imposte dirette, sulla base delle risultanze delle verifiche effettuate nei suoi confronti da altra autorità fiscale (ADM) in relazione ad un tributo completamente diverso (Imposta Unica sulle Scommesse); le modalità con cui l’A.E. resistente ha determinato in suo danno la liquidazione delle imposte e, in particolare, le modalità con cui il detto Ufficio abbia avuto modo di determinare la base imponibile utilizzata ai fini della liquidazione delle imposte pretese» (cfr. p. 11 del ricorso).
I due motivi, di analoga concezione e per tale ragione trattati congiuntamente, sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
3.1. I mezzi di impugnazione in disamina sono, anzitutto, quanto alla tecnica di formulazione inammissibili perché inestricabilmente contraddittori fin dalla loro formulazione che compendia una pluralità di paradigmi di censura tra loro incompatibili, dal momento che se, come nel caso, la censura è declinata come vizio motivazionale, non può logicamente e utilmente contenere anche una deduzione di violazione di legge. Inoltre, se, come nella fattispecie, la doglianza prospetta un’omessa pronuncia, non può anche prospettare utilmente un’omessa motivazione, né una motivazione apparente poiché i profili presuppongono che una pronuncia comunque ci sia stata.
3.2. Non sussiste in ogni caso l’omessa pronuncia avendo il giudice di seconde cure accertato che «il contribuente, a seguito di istanza di accertamento con adesione (prot. n. 6118 del 20.01.2015) ha avuto due incontri con l’Ufficio Finanziario in data 25.02.2015 e 12.05.2015, che non hanno dato esito positivo» (cfr. p. 3 della sentenza). Ancora, poco sopra il citato passaggio argomentativo, la CTR accerta che il contribuente ha ricevuto il p.v.c. del 21.11.2013 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Perciò il giudice ha accertato, ai fini dell’effettivo contraddittorio procedimentale, che nella fattispecie e che la conoscenza del fondamento delle riprese e la loro motivazione erano ben conosciute sin dalla fase amministrativa.
3.3. Le doglianze si appalesano, altresì, generiche perché non sottopongono al giudizio di legittimità alcun concreto riferimento o precisa indicazione in ordine alla quale si sostanzierebbe la contestata omissione di motivazione. Infatti, il giudice, tra l’altro, accerta quanto alla concreta effettuazione dell’interlocuzione procedimentale che «con proposta di accordo conciliatorio n. 5000006 del 4.02.2021 l’Agenzia proponeva all’appellante un accordo conciliativo che, a quanto risulta in atti, non è stato accettato dalla controparte. Alla luce di quanto ora esposto ed accertato, il Collegio ritiene innanzitutto che l’appellante
non abbia prodotto un’idonea dimostrazione a corredo delle sue lamentele, né il Collegio può esimersi dal valutare il comportamento dello stesso, in ordine alla proposta di conciliazione, mai portata a termine» ( ibidem , p.3).
3.4. Quanto poi alla prospettata apparenza della motivazione, si deve ribadire che la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016) La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
La motivazione della sentenza impugnata, nei passaggi sopra riportati, contiene riferimenti circostanziati al quadro istruttorio in relazione ai profili di contestazione e certamente rispetta il minimo costituzionale. 4. Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e n.4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. in merito alla denunciata «illegittimità dell’avviso di accertamento per la inutilizzabilità delle risultanze di altro accertamento eseguito da altra Agenzia fiscale in relazione ad altro tributo e per la illegittima determinazione della base imponibile in relazione a componenti reddituali non di competenza del ricorrente».
5. Il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 42 del d.P.R. n. 600/73, 7 della legge n. 212/2000, 3 ss. della legge n. 241/90, 1, 3, 55 ss. del d.P.R. n. 917/86, 39, comma 2, e 41 bis del d.P.R. n. 600/73, 53 Cost. e 5, comma 1, lettera 1, del D.M. MEF n. 179/2003 circa la denunciata illegittimità dell’avviso di accertamento per la inutilizzabilità delle risultanze di altro accertamento eseguito da diversa Agenzia fiscale in relazione a diverso tributo.
6. I due motivi, connessi, sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza.
6.1. Sotto un primo profilo di specificità e localizzazione, in ricorso alle pagg. 12-13 si legge che l’appello avrebbe contestato l’inutilizzabilità dell’accertamento dell’Agenzia delle Dogane svolto in relazione all’Imposta Unica sulle Scommesse ai fini dell’accertamento relativo ad IRPEF, IRAP, IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate, nonché l’illegittimità dei criteri di determinazione delle maggiori componenti reddituali (maggiori ricavi) utilizzati dall’A.E. resistente ai fini della liquidazione dell’imposta pretesa. La quarta censura egualmente presuppone la rituale introduzione della questione circa l’inutilizzabilità
dell’accertamento compiuto da ll’Agenzia delle Dogane circa l’imposta unica scommesse ai fini dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate sulle imposte erariali dirette e indirette. Orbene, non solo non viene riprodotto in ricorso il pertinente passaggio dell’atto di appello in cui le suddette questioni sarebbero state dedotte o almeno indicata la pagina e il relativo passaggio pertinente, ma non viene neppure allegato in modo specifico e dimostrato che le questioni erano state introdotte tempestivamente con il ricorso di primo grado.
6.2. Inoltre, le questioni sono anche destituite di fondamento per le ragioni che seguono. L ‘art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 stabilisce che « l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni». A tal fine, l’Amministrazione finanziaria è abilitata dalla legge ad avvalersi di presunzioni e, può ben anche utilizzare una seconda volta gli stessi elementi probatori già utilizzati in precedenza e idonei secondo l’ordinamento a provare il fatto posto a base dell’accertamento (ragionando da Cass. n.19548/2005, n. 21055/2005, poi sempre confermate).
È risalente nella giurisprudenza di legittimità ( ex pluribus , Cass. Ordinanza del 30 agosto 2013 n. 20013) l’affermazione del principio secondo cui è valido un atto impositivo emesso sulla base di presunzioni raccolte relativamente ad un’altra imposta, gravando sul contribuente l’onere di provare l’inesattezza o l’inattendibilità dei dati posti a fondamento del diverso accertamento operato.
Non vi sono ragioni per non applicare tale principio di diritto anche al caso di specie, con la seguente precisazione. Un p.v.c. redatto dall’Agenza delle Dogane e dei Monopoli in relazione all’imposta unica scommesse può essere successivamente utilizzato dall’Agenzia delle
Entrate per trarre elementi presuntivi ai fini delle imposte dirette e dell’IVA . Non si tratta di un automatismo applicativo di presupposti di imposta diversi, come genericamente ed erroneamente prospetta il ricorrente, ma dell’utilizzo degli stessi elementi probatori già utilizzati in precedenza ai fini dell’imposta unica scommesse e idonei secondo l’ordinamento a provare il fatto posto a base dell’accertamento relativo alle imposte dirette e all’IVA. Per tale ragione, non comporta alcun automatismo neppure il fatto che il primo accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sia stato successivamente annullato in autotutela, trattandosi di atti diversi, nell’ambito dei quali i medesimi fatti ben possono essere valutati a fini diversi con esiti differenti.
È il giudice del merito a poter valutare la loro ammissibilità e rilevanza, nonché la loro congruità a dimostrare che la pretesa dell’amministrazione è fondata o meno.
Infine, questa valutazione esprime un giudizio di fatto che è sottratto al sindacato di legittimità allorché il giudice ha motivato il suo convincimento e, nel caso di specie, tale valutazione è stata conforme in primo e in secondo grado.
7. Il quinto e ultimo motivo di ricorso prospettano, in rapporto all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 1, 3, 55 ss. del d.P.R. n. 917/86, 39, comma 2, e 41 bis del d.P.R. n. 600/73, 53 Cost. e 5, comma 1, lettera 1, del D.M. MEF n. 179/2003 «circa la illegittima determinazione della base imponibile in relazione a componenti reddituali (volume della raccolta scommesse) non di competenza del ricorrente e mai maturate dallo stesso».
8. Il motivo è inammissibile.
Il giudice di seconde cure, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato perché, richiamato il p.v.c., il contribuente «veniva invitato a presentare
elementi utili a ricostruire la base imponibile» ed ha accertato che costui «non può essere considerato un semplice centro di trasmissione dati; il Sig. COGNOME Giuseppe COGNOME rientra nei soggetti di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 504/1998, che lo stesso, anche se contrattualmente obbligato con un operatore estero e cioè la Stanleybet, svolge la propria attività in un esercizio pubblico ubicato in Italia e precisamente a Catania; la documentazione contabile relativa alla raccolta di scommesse non presentava i doverosi elementi di completezza e attendibilità» (cfr. p. 3 della sentenza, in calce).
Non sussiste, pertanto, l’omessa pronuncia lamentata a pag.17 del ricorso, né è inintelligibile il processo logico-giuridico a base della decisione che anche con riferimento alla base imponibile conferma la ricostruzione induttiva ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 condotta dall’Agenzia e posta alla base dell’accertamento, in ragione del fatto che il contribuente non ha prodotto documentazione attendibile e completa.
A fronte di tale accertamento, il ricorrente ripropone in sede di legittimità la questione concernente l’erronea determinazione della base imponibile, già sollevata in entrambi i gradi di merito e risolta in termini di doppia conforme, lamentandosi del fatto che fosse tenuto a svolgere unicamente attività di intermediazione tra lo scommettitore e il bookmaker, a fronte delle quali riceveva un aggio settimanale calcolato in misura percentuale sul totale della raccolta scommesse, in forza del contratto di ricevitoria stipulato tra le parti e sulla base dei report settimanali emessi da Stanleybet, dai quali emergerebbero i valori delle scommesse raccolte e dei premi pagati, nonché il valore del compenso provvigionale maturato dal ricorrente. Così facendo, il ricorrente si limita a riproporre quanto dedotto nei gradi di merito senza offrire alcun elemento che possa far ritenere ingiusta la decisione
del giudice di seconde cure, in sostanziale difetto di specificità della censura.
Le argomentazioni del dissenso che la parte intende sollevare nei riguardi della decisione impugnata debbono essere formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato. Il motivo che non rispetti tale requisito deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. n. 4.
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 8.200 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025