Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7676 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7676 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
Oggetto: Società di capitali a ristretta base – Reddito non dichiarato dalla società – Contestazione da parte del socio – Ammissibilità – Condizioni Sanzioni Ius superveniens (d.lgs. 158/2015)
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17540/2016 R.G. proposto da: COGNOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME , elettivamente domiciliat o presso lo studio di quest’ultim a, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 34/01/2016, depositata in data 15 gennaio 2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. T 7Q030300984/2012, con il quale l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione maggiori ricavi e, per l’effetto, rideterminava il reddito d’impresa, il valore della produzione e l’IVA, per l’anno 2007.
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. T7Q010300991/2012, con il quale veniva imputato al ricorrente, nella sua veste di socio della detta società, e, quindi, recuperato a tassazione, ai fini IRPEF per l’anno 20 07, il maggior reddito derivante dagli utili extra bilancio contestati alla società. Il ricorso era fondato sui seguenti motivi: a) illegittimità dell’accertamento, fondato sulla presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili della società; b) la mancata imputazione dei detti utili al ricorrente nella misura proporzionale alle quote (80%) societarie possedute; c) la carenza di motivazione dell’atto impugnato.
La Commissione tributaria provinciale di Biella, riuniti i ricorsi, disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME titolare del 20% delle quote della società; il giudizio fu, poi, interrotto per l’intervenuto fallimento d ella società e riassunto solo dall’odierno ricorrente, relativamente al procedimento dallo stesso instaurato.
La CTP estromise la COGNOME in quanto non doveva ritenersi litisconsorte necessario, ed accolse il ricorso del Forno, limitatamente alla censura sub b) (il contenuto della decisione è riportato nella sentenza della CTR, pag. 11), ovvero alla richiesta di attribuzione di quanto accertato in capo alla società nei limiti della propria partecipazione (80%).
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione tributaria regionale del Piemonte confermava la sentenza gravata rilevando, per quanto qui rilevi, che l’Ufficio non doveva addurre ulteriori elementi indiziari al fine di corroborare la presunzione della distribuzione al socio degli utili della società a ristretta base; inoltre,
evidenziava che il contribuente non aveva fornito alcuna prova contraria della distribuzione degli utili e, a monte, del mancato incasso, da parte della società, di utili extra bilancio.
Contro la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a due motivi. Resiste l’Ufficio con controricorso.
05/03/2025.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto -violazione o falsa applicazione degli artt. 53 Cost., 85 e 109 d.p.r. n. 917 del 1986 (tuir) -violazione di legge consistita nel ritenere la sussistenza di ricavi da sottoporre a tassazione, e quindi di utili extracontabili da imputare al ricorrente secondo la presunzione di distribuzione nelle compagini a ristretta base societaria, nonostante la documentata inesistenza di parte dei corrispettivi di cessione fatturati».
Assume, in particolare, di aver dedotto in giudizio elementi tali da escludere l’incasso, da parte della società, di utili extra bilancio, precisamente dei corrispettivi (accertati dall’Ufficio) di alcune compravendite.
Il motivo è infondato, in quanto la doglianza non poteva essere proposta dal Forno nell’originario ricorso.
Infatti, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Cass. 15/07/2024, n. 19357) «il socio di società a ristretta base partecipativa può contestare la sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria per come accertati in capo alla società, ma nel solo caso in cui il relativo avviso di accertamento non venga regolarmente notificato a quest’ultima. Solo in tal caso, infatti, l’avviso è inopponibile al socio, che può contesta re la sussistenza dei fatti posti a base di quell’accertamento (Cass. 24/06/2021, n. 18200), anche al di là di quanto normalmente consentito dalla giurisprudenza di questa Corte».
Nel caso di specie, invece, l’ avviso di accertamento fu regolarmente notificato alla società e da quest’ultima tempestivamente impugnato; dopo il fallimento della società, il giudizio non fu coltivato dal curatore, sicché deve ritenersi che l’avviso di accertamento notificato alla società sia divenuto definitiv o.
Si applica, pertanto, la regola per la quale il socio di una società di capitali a ristretta base partecipativa, al quale siano imputati i maggiori utili sociali extrabilancio, non può dolersi dell’accertamento effettuato nei confronti della società riproponendo doglianze ad esso riferibili (Cass. 18/02/2020, n. 3980), ma può unicamente eccepire che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonché dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria ( ex multis , Cass. 09/07/2018, n. 18042).
Con il secondo motivo il contribuente denuncia, sempre in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto -violazione o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 471 del 1997, siccome riformato dall’art. 15 d. lgs. 24 settembre 2015, n. 158 -efficacia retroattiva dello ius superveniens in materia sanzionatoria».
Deduce che la normativa del 2015 avrebbe introdotto una disciplina sanzionatoria più favorevole, applicabile anche al caso di specie (in cui l’Ufficio ha irrogato la sanzione nel minimo edittale), e che, in particolare, la sanzione, prima prevista nella forbice edittale dal 100% al 200% della maggiore imposta accertata, ora oscillerebbe tra il 90% ed il 180%.
Il motivo, ammissibile in quanto la riforma del 2015 è entrata in vigore in data successiva all’introduzione del giudizio di appello, è fondato.
La revisione del sistema sanzionatorio invocata, di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, non ha previsto una generalizzata riduzione delle sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in parte favorevole per il contribuente. Lo ius superveniens risulta
peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. 30/03/2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sull’applicazione al contribuente della disciplina sanzionatoria più favorevole (Cass. 04/09/2024, n. 23735).
In definitiva, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata , solo con riferimento all’aspetto relativo al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ovvero verifichi l’eventuale applicabilità della normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 158/2015 e succ. mod.) in materia di sanzioni (v. anche Cass. 16/12/2024, n. 32843), ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio limitatamente alla verifica dell’eventuale applicabilità della normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 158/2015 e succ. mod.) in materia di sanzioni, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.