Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2752 Anno 2024
Oggetto: Tributi presunzione di
attribuzione “pro quota”
ai soci degli utili
extracontabili in caso di
società di capitali
a ristretta base azionaria
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 18380 del ruolo generale dell’anno 201 5, proposto
da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo difensore in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 21/67/2015, depositata in data 12 gennaio 2015, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2023 dal Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
udita per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Previa verifica fiscale svolta dalla Guardia di Finanza di Chiari (BS) nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE Chiari emetteva, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, nei confronti della società, gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO, ai fini Irpeg, Irap e Iva, relativi agli anni 2003 e 2004, notificati presso la sede della società, in persona del legale rappresentante in carica (NOME COGNOME) nonché a NOME COGNOME, quale legale rappresentante della medesima negli anni di imposta considerati.
A seguito della suddetta verifica, l ‘RAGIONE_SOCIALE di Brescia 1, notificava a NOME COGNOME gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO con i quali contestava nei confronti di quest’ultimo un maggior reddito di capitale, ai fini Irpef e addizionale regionale, pari, dal 10.1.2003 al 3.9.2003, al 95% dei maggiori ricavi accertati in capo a RAGIONE_SOCIALE, e al 100% dal 4.9.2003 al 31.12.2003, e per l’anno 2004, pari al 100% dei maggiori ricavi accertati in capo alla società, costituenti tutti distribuzione di utili extrabilancio in considerazione della ristretta base azionaria della detta società.
Avverso gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, NOME COGNOME proponeva separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, deducendo la nullità derivata dei
detti atti impositivi a seguito dell’accertata nullità degli avvisi presupposti n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO, per carenza di legittimazione passiva del ricorrente NOME COGNOME, in forza RAGIONE_SOCIALE sentenze, passate in giudicato, della CTP di Brescia n. 19/12/2008 e n. 20/12/2008.
4.La CTP di Brescia, previa riunione, con sentenza n. 78/12/08, respingeva i ricorsi.
Avverso la suddetta sentenza, NOME COGNOME proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza n. 209/65/10, rilevato il difetto di litisconsorzio necessario, dichiarava la nullità della pronuncia di primo grado e rimetteva la causa alla Commissione provinciale.
6.Integrato il contraddittorio nei confronti della società a cura del ricorrente, la CTP di Brescia, con sentenza n. 49/06/13, rigettava i ricorsi ritenendo legittima l’imputazione in capo al contribuente, in proporzione alle quote di partecipazione al capitale sociale, degli utili extrabilancio accertati, per gli anni in questione, in capo alla società, stante la ristretta base azionaria ed essendo divenuti definitivi i presupposti avvisi di accertamento (NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO) emessi nei confronti di qu est’ultima per mancata impugnazione da parte della stessa e dell’allora legale rappresentante NOME COGNOME.
La CTR della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con sentenza n. 21/67/2015, depositata in data 12 gennaio 2015, rigettava l’appello del contribuente e confermava la decisione di primo grado.
8.Avverso la suddetta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
9 .L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 324 c.p.c. e 2909
c.c. per avere la CTR confermato la legittimità degli avvisi impugnati atteso che i presupposti atti impositivi emessi nei confronti della società erano divenuti definitivi per mancata impugnazione da parte di quest’ultima sebbene detti avvisi fossero stati dichiarati nulli nei confronti del COGNOME, con le sentenze n. 19/12/08 e n. 20/12/08, passate in giudicato della CTP di Brescia.
2.Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per vizio di procedura ( in riferimento all’art. 2909 c.c.) ex art. 132 c.p.c. per avere la CTR, con una motivazione apparente, ritenuto che le sentenze favorevoli al contribuente, n. 19/12/08 e n. 20/12/08 della CTP di Brescia, erano inefficaci nel giudizio in oggetto avendo statuito la nullità degli avvisi presupposti per carenza di legittimazione passiva di NOME COGNOME, per cui il passaggio in giudicato di tali sentenze non incideva sulla fondatezza della pretesa erariale ormai definitiva nei confronti della società e sull’accertamento del maggior reddito a ti tolo di utili extrabilancio nei confronti del COGNOME; con ciò senza spiegare le ragioni per cui tali sentenze non potessero incidere sulla pretesa erariale nei confronti del contribuente atteso che nelle stesse si dava atto che la pretesa oggetto degli accertamenti nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto essere avanzata nei confronti del COGNOME.
3.Il primo e il secondo motivo – da trattare congiuntamente- sono infondati.
3.1.Quanto al secondo motivo, invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021; Cass. sez. 5, Sentenza n. 11106 del 06/04/2022).). Nella specie, tuttavia, con riguardo al profilo denunciato, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della
logica giuridica, avendo la CTR ritenuto che, con gli avvisi di accertamento impugnati, l’RAGIONE_SOCIALE avesse ‘ legittimamente imputato i maggiori ricavi accertati e non dichiarati proporzionalmente alle quote di partecipazione al capitale della società, a ristretta base azionaria ‘ atteso che i presupposti avvisi di accertamento – emessi nei confronti della società, notificati oltre che al legale rappresentante in carica anche a NOME COGNOME, quale legale rappresentante della società negli anni d’imposta verificati (2003 -2004), e da quest’ultimo impugnati dinanzi alla CTP di Brescia, con giudizio conclusosi con le sentenze passate in giudicato n. 19/12/08 e n. 20/12/08 in cui veniva sancita la nullità degli atti impositivi per carenza di legittimazione passiva del ricorrente COGNOMEsi erano resi definitivi per mancata impugnazione da parte della società stessa e del legale rappresentante in carica sig. COGNOME, quindi la pretesa fiscale si era resa definitiva e incontestabile per la società che, negli anni 2003 e 2004 era praticamente posseduta appieno dal ricorrente sig. NOME COGNOME secondo le percentuali di proprietà indicate in narrativa ‘ ( dal 10.1.2003 al 3.9.2003, al 95% dei maggiori ricavi accertati in capo a RAGIONE_SOCIALE, e al 100% dal 4.9.2003 al 31.12.2003, e per l’anno 2004). Trattasi dunque di un apparato argomentativo ben al di sopra del “minimo costituzionale”.
3.2.Quanto al primo motivo di ricorso, premesso che il vincolo derivante dal giudicato esterno ostativo dell’esame di ogni ulteriore censura è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, laddove si sia formato in merito ad una domanda assolutamente sovrapponibile, sotto il profilo dei soggetti interessati, del ” petitum ” e della “causa petendi” a quella su cui si è pronunciato il giudice del merito con la sentenza impugnata ( Sez. 1, Sentenza n. 11219 del 21/05/2014; v. anche Sez. 1, Sentenza n. 6830 del 24/03/2014; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 15026 del 15/07/2020; Cass. sez. 6-5, 17859 del 2022), nella specie, non si ravvisa la denunciata violazione del giudicato esterno con riguardo alle sentenze n. 19/12/08 e n. 20/12/08 essendo stata con queste ultime – come si evince dalla stessa sentenza impugnata – dichiarata la nullità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società dall’RAGIONE_SOCIALE di Chiari per difetto di legittimazione
passiva del ricorrente COGNOME, cui, quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE negli anni d’imposta verificati (2003 -2004), tali atti – oltre che al legale rappresentante in carica- erano stati notificati. Da qui la conseguente statuizione del giudice di appello che ‘ gli avvisi di accertamento si erano resi definitivi per mancata impugnazione da parte della società stessa e del legale rappresentante in carica NOME COGNOME ‘. In particolare, essendosi la CTP di Brescia, con le sentenze passate in giudicato 19/12/08 e n. 20/12/08, limitata a rilevare- senza entrare nel merito della legittimità degli avvisi emessi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE – il difetto di legittimazione passiva del ricorrente COGNOME, quale ex legale rappresentante della società, con riguardo alla pretesa tributaria contenuta nei detti atti impositivi, correttamente, la CTR, senza violare alcun vincolo di giudicato, ha osservato che il passaggio in giudicato di tali sentenze non incideva sulla fondatezza della pretesa erariale nei confronti della società contenuta nei suddetti avvisi, divenuta ormai definitiva per mancata impugnazione da parte di quest’ultima, e costituente il presupposto impositivo per l’applicazione in capo al soc io COGNOME, con gli avvisi oggetto di impugnazione nel presente giudizio, della presunzione di attribuzione “pro quota” degli utili extracontabili della società a ristretta base azionaria.
4 . Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 del d.P.R. n. 600/73, 115 e 116 c.p.c. nonché 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la CTR ritenuto legittima l’imputazione, pro quota , al contribuente degli utili extra-contabili accertati in capo alla società sebbene la ‘distanza logica’ tra l’esistenza di utili non dichiarati e la loro effettiva distribuzione ai soci, essendo la ‘ristrettezza della compagine sociale’ in mancanza di altri attendibili elementi probatori, insufficiente a dimostrare, con una probabilità maggiore rispetto ad altre ipotesi possibili, la effettiva ripartizione tra i soci dei maggiori utili accertati in capo alla società. In particolare, la presunzione di distribuzione occulta ai soci degli utili non dichiarati dalla società necessiterebbe, per assurgere al rango di ‘piena prova’, di altri fattiindice che l’RAGIONE_SOCIALE deve acquisire, pena l’illegittimità dell’accertamento. Inoltre, ad avviso del ricorrente, la presunzione di distribuzione degli utili occulti
si atteggerebbe a presunzione, formalmente relativa e de facto assoluta e, dunque, contraria all’art. 53 Cost. non potendo il contribuente fornire la prova della mancata percezione di utili, atteggiandosi a prova negativa ( probatio diabolica ) , specialmente, nel caso in cui, come nella specie, l’accertamento sia in capo alla società e successivamente in capo al socio intervenga in un periodo in cui lo stesso socio non faccia più parte, da anni, della compagine sociale.
5 . Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per vizio di procedura (in riferimento agli artt. 38 del d.P.R. n. 600/73, 115 e 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c.) ex art. 132 c.p.c. per avere la CTR, con una motivazione apparente, ritenuto che fosse legittima l’imputazione, in ragione della partecipazione al capitale sociale, in capo a NOME COGNOME degli utili extra-contabili accertati nei confronti della società senza spiegare su quali presupposti potessero considerarsi necessariamente distribuiti a favore del COGNOME tali ricavi, limitandosi ad affermare la sussistenza di una ‘ complicità avvincente i componenti della compagine sociale ‘.
6.Il terzo motivo e il quarto motivo di ricorso – da trattare congiuntamente -sono infondati.
6.1.Quanto alla denuncia di motivazione apparente, sotto il profilo esposto nel quarto motivo, dalla sentenza impugnata è chiaramente evincibile la ragione dell’operatività della presunzione di attribuzione, pro quota , in capo al socio COGNOME degli utili extra-contabili accertati in capo a RAGIONE_SOCIALE, da rinvenirsi nella ristrettezza della base azionaria della società, ‘ avente quale caratteristica peculiare la complicità avvincente i componenti della compagine sociale ‘. Non ricorre, pertanto, la supposta carenza strutturale della sentenza, essendo la evidenziata ristrettezza dell’assetto societario il fatto noto sul quale poggia la presunzione, salva prova contraria, di distribuzione, pro quota , in capo ai soci degli utili extracontabili accertati nei confronti della società di capitali.
6.2.Quanto al terzo motivo, premesso che l’accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati (nella specie, la definitività della pretesa tributaria nei confronti della società partecipata deriva dalla mancata
impugnazione degli avvisi emessi nei confronti di quest’ultima da parte della stessa) è il presupposto necessario per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi giacché, in mancanza, non sussiste la prova AVV_NOTAIO stesso fatto costitutivo della pretesa tributaria (Cass., Sez, 5^, 26 novembre 2014, n. 25115; Cass., Sez. 6^-5, 31 maggio 2016, n. 11208; Cass., Sez. 5^, 19 dicembre 2019, n. 33976; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2021, n. 7949; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2021, n. 14096), costituisce consolidato orientamento giurisprudenziale, quello secondo cui in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado , in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale , con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (tra molte, si veda Cass. Sez. 6 5, n. 1947 del 24/01/2019; Sez. 5, n. 26171 del 2023). In particolare, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova contraria del fatto che i maggiori redditi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 27 settembre 2016, n. 19013; Cass., Sez. 5, 4 settembre 2020, n. 18383; Cass., Sez. 5^, 11 settembre 2020, n. 18854; Cass., Sez. 5, 3 giugno 2021, n. 15393; Sez. 5, Ordinanza n. 22578 del 2023), giacché la ristrettezza della compagine societaria implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, che fa ritenere plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza della esistenza di utili extra-bilancio , alla cui distribuzione è ragionevole ritenere che tutti i soci abbiano partecipato in misura conforme al loro apporto sociale, fatta salva l’anzidetta possibilità riconosciuta al contribuente di fornire la prova contraria (Cass., Sez. 5, 29 dicembre 2017, n. 28542; Cass., Sez. 5, 19 gennaio 2021, n. 752;
Sez . 5, Ordinanza n. 24719 del 2023). Questa Corte ha anche più volte precisato che il contribuente non si ritiene dispensato dall’onere della prova contraria solo che alleghi la mancata prova di un valido accertamento nei confronti della società, ma è necessario che provi la mancata distribuzione degli utili extracontabili, se non l’inesistenza a monte di un loro effettivo conseguimento, stante l’autonomia dei giudizi (Cass. 19 dicembre 2019, n. 33976; Sez. 5, Ordinanza n. 20694 del 2023).
7 . Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del d.P.R. n. 917/86, per avere la CTR ritenuto legittima l’imputazione al COGNOME dei maggiori ricavi non dichiarati accertati in capo alla società in proporzione alle quote di partecipazione senza il rispetto del limite percentuale (del 40%) previsto ex art. 47 cit.
7.1.Il motivo è infondato.
7.2.Questa Corte ha già chiarito, con pronuncia alla quale il Collegio intende aderire dando continuità all’orientamento che essa esprime (in termini si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 26317 del 19/11/2020) nel caso di società a ristretta base, non opera la presunzione ex art. 47 TUIR di attribuzione ai soci degli utili extracontabili in quanto, essendo conseguiti in evasione di imposta, non essendo quindi gli stessi mai stati indicati nella contabilità societaria, non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che nei fatti non v’è stata, non avendoli la società mai dichiarati.
7.3.V a qui precisato che per tassare gli ‘utili da partecipazione’ in società ed enti soggetti ad IRES ex art. 44, comma 1, lett. e), TUIR vanno in via generale senza dubbio applicati e rispettati i criteri di imponibilità per esenzione (limitata) in capo ai soci, secondo le diverse percentuali stabilite in funzione della natura del socio partecipante, così come stabilite dagli artt. 47 (per le persone fisiche) e 89 (per imprese e società), TUIR. Si passa, com’è noto, dall’esenzione limitata al 95% – con imponibilità del 5% – se il socio è una società di capitali o ente commerciale soggetto ad IRES, all’esenzione limitata, oggi al 41,86% – con tassazione del 58,14% – (per gli utili posti in distribuzione a partire dal 1° gennaio 2008, ex L. 27 dicembre 2017, n. 205) se si tratta di socio di società di
persone o di persona fisica che detiene la partecipazione nell’esercizio di un’impresa, fino ad arrivare all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sugli utili deliberati se a percepire gli utili (dopo il 1° gennaio 2018) è una persona fisica che de tiene la partecipazione, fuori dall’esercizio di una impresa, sia che si tratti di partecipazione qualificata, che non qualificata. Per gli esercizi ante 2017 (e quindi per quanto qui viene in rilievo) occorre invece distinguere la posizione del socio, società o persona fisica che detiene una partecipazione qualificata nell’esercizio d’impresa per applicare le diverse percentuali supra indicate di imponibilità, a seconda dall’anno di maturazione dell’utile societario; se la partecipazione non è qualificata, la tassazione avviene a mezzo della ritenuta alla fonte del 26% da parte della società; – risulterebbe quindi violato il regime di tassazione per esenzione di cui ai citati artt. 44 e 47, e 89 TUIR, tassandosi il maggior reddito accertato in capo alla società ad IRES (24%) ed imputando lo stesso ‘maggior reddito’ -al lordo dell’imposta accertata ( e nemmeno al netto) ‘pro quota’ su tutti i soci della società ‘a ristretta base azionaria’ come se si trattasse di un reddito d’impresa tassabile per trasparenza ex art. 5 TUIR (o artt. 115/116 TUIR) ‘dimenticando’ l’Erario di aver tassato a fini IRES (24% ), quel medesimo maggior reddito, sulla partecipata. L’errore potrebbe effettivamente generare effetti distorsivi se si considera che quando il regime degli utili da partecipazione applicabile è la trasparenza – che riguarda, com’è noto, tutte le società di persone (art. 5 TUIR) e le società di capitali che hanno optato per quel regime alternativo (artt. 115/116 TUIR) – il reddito d’impresa prodotto dalla partec ipata non è tassato in alcuna misura ai fini RAGIONE_SOCIALE II.DD., ma è imputato proquota in capo ai soci ‘indipendentemente dalla percezione’, affinché il reddito prodotto venga assoggettato all’imposta personale esclusivamente in capo ai soci (e non quindi ‘anche’ sulla società); -in realtà, come si è detto sopra, l’effetto distorsivo non si produce in quanto il beneficio dell’esenzione parziale dall’imposizione degli utili societari di cui si è detto opera unicamente nel caso in cui, come questa Corte ha più volte sottolineato, si fa riferimento ai soli redditi regolarmente dichiarati dalla società in un documento contabile, di talchè l’atipicità era riferita solo alla nomenclatura attribuita agli stessi dalla società, ma rimaneva condizionata al positivo riscontro
della loro effettiva maturazione per effetto dell’inserimento in bilancio (Cass. n. 8730 del 2021) per i redditi regolarmente dichiarati dalla società in un documento contabile e non per gli utili extrabilancio; – tali utili una volta accertati per altra via, vanno imputati e quindi sottoposti a imposizione in misura ordinaria, quindi intera e non ridotta (Cass. n. 9137 del 2021); – il fondamento di tali conclusioni, invero, precisandosi sul punto ulteriormente quanto già affermato da questa Corte, non si riviene in alcun intento para sanzionatorio dell’interprete, ma unicamente nella considerazione per la quale nel caso che ci occupa la società risulta, nel concreto, trasparente come una società di persone poiché i soci, come avviene in tali entità, hanno agito come tali ripartendosi l’utile societario presuntivamente accertato in capo alla società; -il beneficio dell’esenzione parziale nella im posizione degli utili societari viene allora meno poiché la ripartizione del maggior utile sottratto a imposizione tra i soci giustifica la perdita del beneficio della più mite imposizione degli utili societari, la cui esistenza trova giustificazione e fondamento nel rispetto della normativa sulla loro determinazione in forza unicamente del bilancio di esercizio; l’ut ile extrabilancio, non rispettoso RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’art. 81 e seguenti TUIR, diviene allora un utile equiparato, anche nella dosimetria della imposizione che lo colpisce, a quello ottenuto per trasparenza da società di cui all’art. 5 TUIR e di cui agli artt. 115 e 116 TUIR (da ultimo, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26171 del 2023).
8.In conclusione, il ricorso va rigettato.
9.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.500,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2023