Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25549 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1124/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL PIEMONTE n. 749/1/16 depositata il 10 giugno 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento emesso nei confronti della fallita RAGIONE_SOCIALE, relativo all’anno 2008, la Direzione Provinciale II di Torino dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE determinava d’ufficio, con metodo induttivo, il reddito d’impresa, il valore della produzione netta e il volume d’affari imponibili ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA, sul
presupposto che la predetta società non aveva presentato le prescritte dichiarazioni fiscali relative a quel periodo d’imposta.
Con un successivo avviso di accertamento notificato al socio NOME COGNOME, titolare di una quota dell’11,11%, il medesimo Ufficio recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, il maggior reddito da partecipazione da questi asseritamente conseguito nel anno, applicando nei suoi riguardi la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili non dichiarati da una società di capitali a ristretta base partecipativa; contestualmente, irrogava al contribuente la sanzione amministrativa di 27.753,60 euro.
COGNOME impugnava la pretesa erariale dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva in sèguito riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con sentenza n. 749/1/16 del 10 giugno 2016, in accoglimento dell’appello della parte privata, annullava l’atto impositivo contestato.
A fondamento della decisione assunta il collegio regionale osservava che: l’avviso di accertamento emesso nei riguardi della fallita RAGIONE_SOCIALE non poteva ritenersi definitivo, essendo stato notificato al solo curatore, e non anche all’ex amministratore unico della società, con la conseguenza che veniva a mancare un «valido atto propedeutico all’accertamento nei confronti dei soci» ; – non poteva, inoltre, «escludersi la necessità di notificare anche a tutti gli altri soci la formale contestazione all’ente collettivo» , in quanto «la tesi fiscale per la quale l’atto riguardante la società si e (ra) reso definitivo (da cui l’inammissibilità di qualsiasi contestazione in ordine allo stesso) per l’inerzia del socio amministratore (ancorchè questo non ne a avuto notifica) e del curatore determina (va) -concorrendo la considerazione, così come effettuata dal fisco, di ristretta base socialela negazione della tutela giurisdizionale nei confronti dei soci, i quali (avrebbero) pot (uto) solo dimostrare che i maggiori ricavi non (era) no stati distribuiti ma
accantonati dalla società ovvero reinvestiti, fornendo prova, con tutta evidenza, ‘impossibile’ in via di principio, in tal senso» ; -«la ‘allegazione’ dell’accertamento in capo alla società a quello riguardante i soci non p (oteva) ritenersi equivalente alla dovuta ‘notifica’ del primo a costoro» ; – onde evitare che la presunzione «semplice» di distribuzione pro quota ai soci degli utili extrabilancio non dichiarati da una società di capitali a ristretta base partecipativa si trasformi «in un automatismo che sarebbe certamente contrario al principio della giusta imposizione sancito dall’art. 53 Cost., l’Amministrazione finanziaria (avrebbe) dov (uto) … non solo fornire la dimostrazione dell’esiguità della compagine sociale, ma anche svolgere un’adeguata attività istruttoria volta a ricostruire la posizione ricoperta dai singoli soci all’interno della società… ed a colmare la ‘distanza’ logica tra l’esistenza di utili non dichiarati e la loro effettiva distribuzione (parziale o totale) ai soci attraverso la prova, anche presuntiva, dell’effettiva percezione da parte di questi» ; -«l’argomento ristrettezza della base societaria non ha, da solo, valenza probatoria nell’àmbito dell’inferenza presuntiva» , ma «rappresenta un mero indizio da valutare in relazione ad altri elementi che l’Ufficio deve acquisire, giacchè il contribuente non può certamente fornire la prova della mancata percezione di utili occulti, che si configura alla stregua di una prova negativa (probatio diabolica)» .
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME è rimasto intimato.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42, 43 e 44 del R.D. n. 267 del 1942,
dell’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 156, comma 3, c.p.c..
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nell’affermare che l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società fallita doveva essere notificato non soltanto al curatore, come in effetti avvenuto, ma anche all’ex amministratore unico e legale rappresentante dell’ente, individuato nella persona di NOME COGNOME, e nell’avere fatto discendere dall’omissione di tale notifica l’invalidità dell’atto impositivo e di quello successivamente adottato, sulla base di esso, nei riguardi del socio NOME COGNOME.
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38, comma 3, e 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 2729 c.c..
2.1 Si contesta l’impugnata sentenza per aver erroneamente negato, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, che la presunzione di distribuzione pro quota ai soci degli utili extrabilancio non dichiarati da società di capitali a ristretta base partecipativa sia di per sé idonea a giustificare la ripresa a tassazione di maggiori redditi a carico dei soci medesimi, senza necessità che da parte dell’Amministrazione Finanziaria siano forniti ulteriori elementi probatori.
Il primo motivo è fondato.
3.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento tributario inerente a crediti fiscali i cui presupposti si siano realizzati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente deve essere notificato non soltanto al curatore, ma anche allo stesso contribuente, il quale, a sèguito della dichiarazione di fallimento, non è privato della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e rimane esposto ai riflessi della definitività dell’atto impositivo (cfr. Cass. n. 9434/2014).
3.2 Ne consegue che, sebbene l’impugnazione del fallito resti
condizionata al verificarsi dell’inerzia del curatore, qualora quest’ultimo si sia disinteressato del rapporto tributario, l’accertamento operato dall’Ufficio non può che decorrere, per il fallito medesimo, dal momento in cui gli viene notificato dall’Ufficio il relativo avviso, di modo che egli sia posto nell’effettiva condizione di difendersi.
3.3 Ciò comporta, da un lato, la non definitività dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di una società fallita e notificato unicamente al curatore, e non anche all’amministratore; dall’altro, l’incidenza della mancata notifica dell’atto impositivo al contribuente fallito non già sul processo, bensì sull’efficacia della pretesa tributaria nei riguardi del medesimo contribuente (cfr. Cass. n. 5392/2016, Cass. n. 6476/2007).
3.4 La notifica al solo curatore del fallimento di una società a ristretta base partecipativa non determina, pertanto, la nullità dell’avviso di accertamento notificato ai soci in quanto percettori di reddito di capitale, bensì la possibilità per ciascuno di loro di contestare in modo autonomo e diretto la pretesa erariale sotto ogni profilo, compreso quello della sussistenza stessa degli utili extrabilancio asseritamente distribuiti , senza alcuna limitazione derivante dalla mancata impugnazione da parte del curatore (cfr. Cass. n. 7042/2023, Cass. n. 21356/2022, Cass. n. 6626/2019).
3.5 Del resto, è stato ripetutamente affermato che, al fine di escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non basta che il socio alleghi genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, dovendo egli contestare l’effettivo conseguimento di tali utili da parte dell’ente collettivo, ove non sia in grado di dimostrare la loro mancata ripartizione (cfr. Cass. n. 39285/2021, Cass. n. 16913/2020, Cass. n. 33976/2019).
3.6 I suenunciati princìpi di diritto, che vanno qui ribaditi, sono stati disattesi dalla CTR piemontese, la quale ha ritenuto che l’omessa notifica all’ex amministratore -e all’occorrenza ( «non può escludersi la necessità» ) ai singoli socidell’avviso di accertamento riguardante la fallita RAGIONE_SOCIALE avesse automaticamente determinato l’invalidità derivata dell’atto impositivo successivamente adottato nei confronti del socio NOME COGNOME.
3.7 Invero, l’anzidetta circostanza, lungi dal precludere l’azionabilità della pretesa fiscale, assumeva rilievo nell’esclusivo senso di consentire al socio summenzionato di contestare senza alcuna limitazione la sussistenza di tutti i fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria.
3.8 Alla luce di ciò, il collegio regionale avrebbe dovuto esaminare nel merito le contestazioni eventualmente sollevate dal COGNOME in ordine all’effettivo conseguimento da parte della società di utili non contabilizzati presuntivamente distribuiti ai soci.
Anche il secondo motivo è fondato.
4.1 Per consolidato orientamento di legittimità, l’accertamento di un maggior reddito d’impresa in capo a una società di capitali a ristretta base partecipativa genera la presunzione semplice che tale reddito sia stato distribuito in forma di utili extracontabili ai soci, con la conseguenza che incombe su questi ultimi l’onere della prova contraria, consistente nel dimostrare che i ricavi accertati non sono stati ripartiti, bensì accantonati o reinvestiti (cfr., ex multis , Cass. n. 25322/2022, Cass. n. 24732/2022, Cass. n. 21487/2022, Cass. n. 10724/2022).
4.2 È stato, altresì, precisato che, ai fini della prova della distribuzione degli utili in parola, all’Ufficio è sufficiente dimostrare la ristretta base partecipativa della società -dato incontestato nella fattispecie in esame, non occorrendo che l’avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci si fondi anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi RAGIONE_SOCIALE loro movimentazioni
bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore non giustificabile sulla base dei redditi dichiarati (cfr. Cass. n. 16913/2020), e senza che in ciò sia ravvisabile la violazione del cd. divieto di doppia presunzione (cfr. Cass. n. 24870/2021, Cass. n. 25683/2016, Cass. n. 2606/2000).
4.3 Dal riferito insegnamento nomofilattico si è erroneamente discostata la CTR, la cui decisione va incontro, anche «in parte qua» , alle censure formulate dalla ricorrente.
4.4 D’altro canto, se è pur vero che la presunzione in oggetto si fonda sulla massima di comune esperienza per cui la ristrettezza dell’assetto societario implica normalmente reciproco controllo e marcata solidarietà fra i soci, onde una simile regola non è applicabile laddove risultino provate la qualità di mero «prestanome» rivestita dal socio e la sua estraneità alla gestione sociale (cfr. Cass. n. 28048/2022), è nondimeno vero che nessun accertamento specifico è stato compiuto in proposito dal giudice di secondo grado, limitatosi a rilevare che il contribuente aveva sostenuto, «con supporto documentale, la posizione di dominus assoluto dell’Amministratore Unico e direttore tecnico COGNOME NOME» , senza tuttavia chiarire se tali asserzioni fossero risultate fondate alla stregua RAGIONE_SOCIALE emergenze processuali.
Per le ragioni illustrate, va disposta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
5.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione