Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32317 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32317 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Irpef -redditi partecipazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20566/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– resistente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 744/2016, depositata in data 9/02/2016, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 13 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Milano, emetteva, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività alberghiera, un avviso di accertamento con cui recuperava maggior imponibile a fini Ires, Irap e Iva, per l’anno di imposta 2006 , recependo le risultanze di una consulenza tecnica di ufficio redatta nell’ambito del giudizio di separazione personale tra NOME COGNOME COGNOME, socio della stessa all’80% ed amministratore, e la moglie.
Successivamente in base ad esso emetteva un avviso di accertamento nei confronti di NOME COGNOME COGNOME con cui recuperava, a fini Irpef, per quanto in questo grado rileva, i redditi di partecipazione, trattandosi di società a ristretta base.
Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano (CTP) che lo accoglieva in base alla sentenza emessa dalla medesima Commissione sull’avviso di accertamento societario.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR) accoglieva l’appello dell’ufficio; in particolare evidenziava l’ emanazione di sentenza ad esso favorevole nel contenzioso della società e ne spiegava le ragioni; rigettava altresì l’appello del contribuente attinente alle altre riprese.
Il contribuente propone ricorso affidato a cinque motivi.
L ‘Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 13 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e quindi la nullità della sentenza per mancata corrispondenz a tra chiesto e pronunciato avendo i giudici d’appello deciso come se il sig. COGNOME avesse chiesto di ridurre i ricavi extracontabili accertati in capo ad Agape dei costi extracontabili laddove egli aveva chiesto che venissero riconosciute le maggiori imposte accertate in capo alla società e dunque, in applicazione del l’art. 47, comma 1, t.u.i.r., al socio fossero ribaltati i soli utili, al netto delle imposte Ires e Irap gravanti sulla società, e non tutti i redditi accertati in capo ad essa.
Col secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione del l’art. 47, comma 1, t.u.i.r., laddove è stata giudicata legittima la determinazione dei redditi di partecipazione mediante l’attribuzione dei ricavi della società in luogo degli utili.
Col terzo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n.3) cod. proc. civ., deduce la violazione dell’art. 163 t.u.i.r. e del divieto di doppia imposizione laddove la CTR ha giudicato legittimo l’assoggettamento a Irpef dei redditi di partecipazione determinati attribuendo al sg. Costa i ricavi di Agape (in luogo degli utili), ricavi che erano stati soggetti a Ires e Irap.
I primi tre motivi devono essere esaminati congiuntamente e sono infondati nei termini che seguono.
2.1. Occorre premettere che il principio secondo il quale l’interpretazione della domanda è compito esclusivo del giudice del merito non opera quando si deduca un error in procedendo , vale a dire la violazione di una norma processuale, come nel caso in cui si assuma violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, il divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa a quella formalmente
proposta, o il travisamento del contenuto della domanda proposta con l’atto introduttivo del giudizio quale causa dell’errato convincimento che il suo successivo sviluppo costituisca domanda nuova (Cass. 03/05/1984, n. 2681).
La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda o un ‘ eccezione, sia quando sostituisca d’ufficio un’azione ad un’altra, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda (Cass. 06/07/2023, n. 19214; Cass. 16/06/2003, n. 9644).
Dai passaggi del ricorso del contribuente richiamati nel ricorso per cassazione appare evidente che quest’ultimo, nell’ impugnare l’avviso di accertamento dei propri redditi, in conseguenza dell’accertamento emesso contro la società, non avesse chiesto il riconoscimento dei costi extracontabili della società ma l’applicazione dell’art. 47, comma 1, t.u.i.r., che dispone che solo gli utili distribuiti dalla società concorrano alla formazione del reddito imponibile, e quindi che, ai fini del calcolo dei suoi redditi, si defalcassero, dai maggiori redditi accertati nei confronti della società, gli importi della maggior Ires e della maggior Irap da essa dovuta in conseguenza dell’accertamento.
Rispetto a tale doglianza le considerazioni della CTR appaiono pertanto fuori centro trattando un tema diverso, quello della possibilità di riconoscere in deduzione costi extracontabili alla società destinataria di un accertamento per maggiori ricavi.
Quindi il lamentato vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., effettivamente sussiste.
2.2. Va fatta però applicazione del consolidato principio per cui nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di
appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto. (Cass. 16/06/2023, n. 17416; Cass. 28/06/2017, n. 16171; Cass., Sez. U., 02/02/2017, n. 2731).
2.3. Infatti, sulla questione posta dal primo e dal secondo motivo di ricorso, l’orientamento di questa Corte è assolutamente fermo nel senso che, quando viene contestata, in caso di società a ristretta base partecipativa, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non è applicabile il disposto di cui al citato art. 47, attenendo quest’ultimo alla tassazione degli utili distribuiti ai soci con delibere formali dell’assemblea e non essendo, pertanto, estensibile ai redditi extracontabili, non menzionati nella contabilità societaria.
Più in generale si è precisato, sul punto, che l’art. 47, laddove dispone che, «salvi i casi di cui all’art. 3, comma 3, lett. a), gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società , anche in occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare», riguarda la modifica attuata con il d.lgs. n. 344 del 2003, sicché il sistema impositivo degli utili da partecipazione è stato caratterizzato dall’abrogazione del metodo del credito d’imposta sui dividendi e del sistema di imputazione e dall’adozione di un sistema di parziale esclusione della tassazione degli utili, al fine di mitigare gli effetti della doppia imposizione economica, in quanto gli utili distribuiti sono stati già tassati in capo alla società che li ha prodotti.
Al contrario, nel caso in esame, trattandosi di utili c.d. «in nero», mai pervenuti nella contabilità societaria, non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è mai stata, non avendo la società mai dichiarato i medesimi (Cass. 19/11/2020, n. 26317, Cass.
30/11/2022, n. 35293 proprio in riferimento alla necessità di scorporo dell’Ires e dell’Irap a carico della società; Cass. 23/12/2019, n. 34282; nonché, da ultimo, Cass. 22/02/2023, n. 5567; Cass. 8/09/2023, n. 26171; Cass. 30/01/2024, n. 2752).
2.4. Infine, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’operatività del divieto di doppia imposizione, previsto dall’art. 67 del d.P.R. n. 600 del 1973, attualmente art. 163, postula la reiterata applicazione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto; tale condizione non si verifica in caso di duplicità meramente economica di prelievo sullo stesso reddito, come quella che si realizza, in caso di partecipazione al capitale di una società commerciale, con la tassazione del reddito sia ai fini dell’Ires o Irpeg, quale utile della società, sia ai fini dell’Irpef, quale provento dei soci, attesa la diversità non solo dei soggetti passivi, ma anche dei requisiti posti a fondamento delle due diverse imposizioni (Cass. 29/05/2018, n. 13503; Cass. 14/12/2016, n. 25683; Cass. 27/09/2011, n. 19687; Cass. 12/06/2002, n. 8351).
2.4. I primi tre motivi vanno quindi rigettati sebbene la motivazione della sentenza della CTR debba essere nei predetti termini integrata.
Col quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si d educe violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e nullità della sentenza nella parte in cui pare che i giudici abbiano giudicato la correttezza del maggior reddito della società Agape, questione estranea al giudizio.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Infatti i giudici della CTR non hanno affatto esteso la loro cognizione all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società ma hanno dato conto della decisione della stessa Commissione, in altro giudizio, sul medesimo accertamento, decisione che produceva i suoi effetti nel giudizio intrapreso dal socio (anche in considerazione del fatto che
l’annullamento dell’avviso societario , operato dalla CTP, era stato posto dai giudici di primo grado a base dell’annullamento dell’avviso emesso nei confronti del socio).
Con il quinto motivo si chiede, per il caso di rigetto del ricorso, la rideterminazione delle sanzioni a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 158 del 2015 che ha modificato il sistema sanzionatorio amministrativo, riducendo la sanzione dal 100% al 90% in caso di infedele dichiarazione di cui all’art. 1 d.lgs. n. 471 del 1997 .
Il motivo è fondato.
Va fatta applicazione del regime più favorevole in tema di dichiarazione infedele e sanzioni, derivante dalla novella dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 18/12/1997, n. 471, entrata in vigore dall’1/01/2016, per effetto dell’art. 32, d.lgs. 24/09/2015 n. 158, atteso che l’istanza così formulata è intervenuta in un processo ancora pendente, ciò rendendo non definitiva la parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (Cass. 25/11/2012, n. 36576; Cass. 27/06/2017, n. 15978; Cass. 30/03/2021, n. 8716).
Concludendo, rigettati i primi quattro motivi, va accolto solo il quinto, cui segue la cassazione, in relazione ad esso, della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
rigettati i primi quattro motivi, accoglie il quinto; cassa, in relazione ad esso, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma in data 13 novembre 2024.