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Utili extracontabili: presunzione di distribuzione ai soci

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19272/2024, ha rigettato il ricorso di un socio di una S.r.l. a ristretta base partecipativa. La Corte ha confermato il principio secondo cui gli utili extracontabili accertati in capo alla società si presumono distribuiti ai soci. È stato inoltre stabilito che a tali utili non si applica la tassazione parziale, ma l’imposizione sull’intero importo.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili Extracontabili: La Presunzione di Distribuzione nelle Società a Ristretta Base

L’accertamento di utili extracontabili in capo a una società di capitali rappresenta uno dei temi più delicati nel diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 19272 del 12 luglio 2024, è tornata su un principio consolidato, quello della presunzione di distribuzione di tali profitti “in nero” ai soci, specialmente nel caso di società a ristretta base partecipativa. Analizziamo la decisione per comprendere la logica del Fisco e le linee difensive del contribuente.

I Fatti del Caso: Accertamento Fiscale e Ricorso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un socio di una S.r.l. L’amministrazione finanziaria aveva accertato l’esistenza di utili extracontabili realizzati dalla società e, in base a una presunzione legale, li aveva imputati pro quota direttamente al socio, tassandoli come reddito personale.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, ma il suo ricorso era stato respinto sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Contro quest’ultima decisione, il socio ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. L’errata applicazione della presunzione di distribuzione, sostenendo che non fosse stata fornita la prova della natura “ristretta” della compagine sociale.
2. In subordine, la violazione delle norme sulla tassazione dei dividendi (art. 47 del TUIR), che avrebbe dovuto portare a una tassazione solo parziale degli utili e non dell’intero importo, per evitare una doppia imposizione.

La Decisione della Corte sugli Utili Extracontabili

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la validità dell’accertamento fiscale. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e in linea con l’orientamento giurisprudenziale dominante.

La questione della ristretta base partecipativa

Sul primo motivo, i giudici hanno ritenuto inammissibile la contestazione. Hanno chiarito che, per attivare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, l’elemento della “ristretta base partecipativa” è fondamentale. Questo elemento si considera provato quando il capitale sociale è detenuto da un numero esiguo di soci (nel caso di specie, cinque).

Secondo la Corte, in tali contesti societari, è altamente probabile (secondo la regola dell’ id quod plerumque accidit, cioè “ciò che accade di solito”) che i soci esercitino un controllo diretto o indiretto sulla gestione e siano a conoscenza dei fatti più rilevanti, inclusa la produzione di profitti non dichiarati. La ristrettezza della base sociale, quindi, è di per sé sufficiente a fondare la presunzione, senza che l’Agenzia delle Entrate debba provare l’esistenza di legami familiari o di una particolare complicità tra i soci. L’onere di fornire la prova contraria – cioè di non aver percepito tali utili – ricade interamente sul contribuente.

Il rigetto sulla tassazione parziale

Anche il secondo motivo, relativo alla presunta doppia imposizione, è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un principio cruciale: la normativa che prevede una tassazione parziale dei dividendi (prevista per attenuare la doppia imposizione economica sull’utile prima tassato in capo alla società con IRES e poi al socio con IRPEF) si applica esclusivamente agli utili regolarmente contabilizzati e distribuiti.

Al contrario, gli utili extracontabili, essendo per loro natura occulti e mai dichiarati dalla società, sfuggono a questa logica. Pertanto, una volta accertati e imputati al socio, essi devono essere tassati per intero come reddito personale, senza alcuna limitazione percentuale.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si basano sulla logica e sulla prassi commerciale. In una società con pochi soci, si presume un dominio di fatto sull’amministrazione che rende improbabile che i soci siano all’oscuro della produzione e della destinazione di profitti in nero. La presunzione semplice, quindi, non è una forzatura, ma una deduzione logica basata su un fatto noto (la ristretta compagine) per accertare un fatto ignoto (la distribuzione degli utili). La Corte ha inoltre sottolineato che nel caso specifico, il ricorrente era anche socio di maggioranza, un elemento che rafforzava ulteriormente la conclusione che gli utili occulti fossero stati distribuiti tra i soci.

Per quanto riguarda il secondo punto, la motivazione è di natura sistematica. Permettere l’applicazione delle norme di favore previste per i dividendi anche agli utili illecitamente occultati significherebbe concedere un vantaggio indebito a chi ha agito in violazione delle norme fiscali. La giurisprudenza citata (Cass. n. 26317/2020) è chiara nel negare l’applicazione della limitazione percentuale del Tuir in caso di accertamento di utili extracontabili mai dichiarati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida due importanti principi per i soci di S.r.l. e altre società di capitali a base ristretta:
1. Onere della prova: In caso di accertamento di utili extracontabili, spetta al socio dimostrare di non averli percepiti. Il semplice fatto di far parte di una compagine sociale ristretta è sufficiente per l’Amministrazione Finanziaria per presumere l’avvenuta distribuzione.
2. Tassazione piena: I profitti “in nero” imputati ai soci sono soggetti a tassazione per l’intero importo, senza poter beneficiare dei regimi di parziale imponibilità previsti per i dividendi ufficiali. La lotta all’evasione prevale sulla logica di evitare la doppia imposizione economica in caso di proventi illeciti.

Per i contribuenti, la sentenza rappresenta un monito sulla necessità di una gestione trasparente e sulla difficoltà di contestare, in sede giudiziaria, presunzioni fondate su elementi oggettivi come la struttura societaria.

In una società a ristretta base partecipativa, gli utili extracontabili si presumono distribuiti ai soci?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che, in presenza di una società con un numero limitato di soci, gli utili extracontabili accertati in capo alla società si presumono distribuiti tra i soci. Questo inverte l’onere della prova, che ricade sul contribuente.

Cosa si intende per “ristretta base partecipativa” ai fini di questa presunzione?
Secondo la sentenza, il fatto che il capitale sociale sia detenuto da un numero esiguo di soci (cinque, nel caso di specie) è un elemento di per sé sufficiente a qualificare la società come a ristretta base partecipativa e a fondare la presunzione di distribuzione degli utili.

Agli utili extracontabili si applica la tassazione parziale prevista per i dividendi?
No. La Corte ha stabilito che la limitazione percentuale prevista dall’art. 47 del TUIR, volta a evitare la doppia imposizione, non si applica agli utili extracontabili mai dichiarati. Tali utili, una volta imputati al socio, sono soggetti a tassazione per il loro intero ammontare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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