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Utili extracontabili: presunzione di distribuzione

La Cassazione conferma la legittimità della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili di una S.r.l. L’accertamento è valido anche se l’imputazione del reddito al socio avviene in un anno d’imposta successivo a quello di produzione del maggior ricavo della società, qualora l’incasso effettivo avvenga in tale anno. Il socio non è riuscito a fornire la prova contraria per superare la presunzione.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili Extracontabili: la Presunzione di Distribuzione ai Soci è Valida Anche in Anni Diversi

La gestione fiscale di una società a responsabilità limitata (S.r.l.) presenta diverse complessità, soprattutto quando si parla di utili extracontabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: i profitti non dichiarati da una società a ristretta base azionaria si presumono distribuiti ai soci. La Corte ha chiarito che tale presunzione opera anche se l’accertamento sul socio avviene in un anno d’imposta successivo a quello in cui la società ha generato i maggiori ricavi, purché coincida con l’anno dell’effettivo incasso. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un avviso di accertamento IRPEF notificato a un socio, detentore del 45% delle quote di una S.r.l. a ristretta base azionaria. L’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente, per l’anno d’imposta 2008, la mancata dichiarazione di redditi da partecipazione derivanti dalla presunta distribuzione di utili extracontabili realizzati dalla società.

Secondo la ricostruzione del Fisco, la società aveva conseguito maggiori ricavi non dichiarati nel corso del 2007. Tali somme, secondo l’Amministrazione finanziaria, erano state successivamente distribuite ai soci nel 2008. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, riformando la decisione di primo grado. La CTR aveva evidenziato che le somme, formalmente classificate come ‘finanziamento soci’, presupponevano l’esistenza di un credito dei soci verso la società e quindi una loro precedente disponibilità economica, in assenza di prove contrarie.
Il contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: l’errata applicazione della presunzione a un anno d’imposta diverso da quello di produzione del reddito societario, la contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello e la violazione delle regole sull’onere della prova.

La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili

Nelle società di capitali a ristretta base azionaria, ovvero quelle con un numero limitato di soci (spesso familiari), la giurisprudenza ha consolidato una presunzione: gli utili non contabilizzati si considerano distribuiti ai soci. Questo perché, in tali contesti, il legame tra la proprietà (i soci) e la gestione è così stretto da far supporre che ogni vantaggio economico della società si traduca in un beneficio diretto per i soci stessi.

Questa presunzione, tuttavia, non è assoluta. Il socio ha la possibilità di fornire la ‘prova contraria’, dimostrando che gli utili non sono stati effettivamente percepiti o che hanno avuto una diversa destinazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la validità dell’accertamento fiscale. I giudici hanno analizzato e respinto ciascuno dei motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.

Le motivazioni

La Corte ha affrontato punto per punto le doglianze del ricorrente.

In primo luogo, ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla presunta erronea imputazione temporale del reddito. I giudici hanno ribadito che, sebbene la regola generale sia che gli utili si presumono distribuiti nello stesso periodo d’imposta in cui sono stati conseguiti dalla società, è cruciale il momento dell’effettivo incasso. Nel caso di specie, la CTR aveva accertato in fatto (e tale valutazione non è sindacabile in Cassazione) che, pur derivando da attività svolte nel 2007, le somme erano state incassate nel 2008. Di conseguenza, l’imputazione della distribuzione al socio nell’anno 2008 era corretta.

In secondo luogo, la Corte ha escluso qualsiasi contraddittorietà nella motivazione della sentenza impugnata. La CTR aveva logicamente descritto il percorso contabile delle somme: il loro transito nella voce ‘finanziamento soci’ presupponeva che i soci ne avessero avuto la disponibilità prima di ‘prestarle’ alla società. Questa ricostruzione, secondo la Cassazione, è tutt’altro che illogica.

Infine, per quanto riguarda l’onere della prova, la Corte ha sottolineato che spetta al contribuente superare la presunzione di distribuzione. La perizia e la documentazione prodotte dal socio non sono state ritenute sufficienti dalla CTR, che le ha anzi interpretate come un’ammissione del percorso contabile utilizzato per occultare i fondi al fisco. La valutazione della prova contraria è un giudizio di merito che, se motivato, non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Le conclusioni

La decisione consolida il principio secondo cui la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili nelle società a ristretta base è uno strumento potente a disposizione del Fisco. La sentenza chiarisce che il criterio per l’imputazione del reddito al socio è quello ‘di cassa’, ovvero il momento dell’effettivo incasso, che può non coincidere con l’anno di maturazione del ricavo per la società. Per i soci di S.r.l. a compagine ristretta, ciò significa che l’onere di dimostrare la mancata percezione di utili occulti è particolarmente gravoso. È indispensabile mantenere una documentazione chiara e inoppugnabile che possa, in caso di accertamento, vincere la presunzione legale e dimostrare la reale destinazione dei fondi societari.

Nelle società a ristretta base azionaria, gli utili non dichiarati si presumono sempre distribuiti ai soci?
Sì, secondo un principio consolidato, esiste una presunzione legale secondo cui gli utili extracontabili (cioè non dichiarati) si considerano distribuiti ai soci. Tuttavia, questa è una presunzione relativa, il che significa che il socio può fornire la prova contraria per dimostrare di non averli percepiti.

La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili può applicarsi in un anno diverso da quello in cui la società ha realizzato i maggiori ricavi?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’imputazione del reddito al socio segue il principio di cassa. Pertanto, anche se i ricavi sono stati realizzati dalla società in un anno, la distribuzione al socio viene tassata nell’anno in cui le somme sono state effettivamente incassate, che può essere un anno successivo.

Chi deve provare che gli utili extracontabili non sono stati distribuiti ai soci?
L’onere della prova spetta al socio contribuente. Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha accertato l’esistenza di utili extracontabili in capo alla società, scatta la presunzione di distribuzione. È il socio che deve dimostrare, con prove concrete e idonee, di non aver mai avuto la disponibilità di tali somme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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