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Utili extracontabili: onere della prova per i soci

La Cassazione chiarisce che in caso di accertamento di utili extracontabili a una società fallita a ristretta base partecipativa, la mancata notifica dell’atto all’amministratore non invalida l’accertamento al socio. Quest’ultimo può contestare tutto, ma spetta a lui l’onere della prova di non aver percepito gli utili, essendo sufficiente per il Fisco dimostrare la ristretta compagine sociale.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili Extracontabili: la Cassazione definisce l’onere della prova per i soci

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25558/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili nelle società di capitali a ristretta base partecipativa. La decisione chiarisce in modo netto la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, delineando i diritti di difesa del socio anche quando la società è fallita. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, successivamente dichiarata fallita, non aveva presentato le dichiarazioni fiscali per l’anno 2009. L’Agenzia delle Entrate, utilizzando un metodo di accertamento induttivo, ha determinato un maggior reddito d’impresa non dichiarato.

Sulla base di questo accertamento, l’Amministrazione Finanziaria ha emesso un avviso di accertamento anche nei confronti di uno dei soci, titolare di una quota dell’11,11%, presumendo che la sua parte di utili extracontabili gli fosse stata distribuita. Il socio ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato inizialmente respinto. La Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha invece annullato l’accertamento, sostenendo che l’atto presupposto, quello notificato alla società fallita, non fosse definitivo perché comunicato solo al curatore fallimentare e non anche all’ex amministratore. Questo vizio, secondo i giudici regionali, invalidava l’atto successivo emesso nei confronti del socio.

La Notifica alla Società Fallita e i suoi Effetti sugli utili extracontabili

Il primo punto affrontato dalla Cassazione riguarda le modalità di notifica degli atti impositivi a una società fallita. La Corte ribadisce un principio consolidato: l’accertamento tributario relativo a periodi antecedenti al fallimento deve essere notificato sia al curatore, sia al contribuente stesso (cioè alla società tramite il suo legale rappresentante).

Il Diritto di Difesa del Socio

Tuttavia, la Suprema Corte chiarisce un aspetto fondamentale che era stato male interpretato dalla corte territoriale. La mancata notifica all’amministratore della società non determina l’invalidità automatica dell’accertamento emesso nei confronti del singolo socio. L’effetto di tale omissione è un altro: consente al socio di contestare in modo pieno e autonomo la pretesa fiscale, senza alcuna limitazione derivante dalla mancata impugnazione dell’atto da parte del curatore. In pratica, il socio può difendersi su ogni aspetto della pretesa, compresa la stessa esistenza degli utili extracontabili accertati alla società, come se l’accertamento societario non fosse mai diventato definitivo.

La Presunzione di Distribuzione degli Utili Extracontabili e l’Onere della Prova

Il secondo motivo di ricorso, anch’esso accolto, riguarda il cuore della questione: la presunzione di distribuzione degli utili. La Cassazione riafferma con forza il suo orientamento costante in materia di società a ristretta base partecipativa.

L’accertamento di un maggior reddito in capo a una tale società genera una presunzione semplice che tali profitti siano stati distribuiti ai soci. Questo si basa su una massima di comune esperienza: in contesti con pochi soci, spesso legati da vincoli familiari o di stretta fiducia, il controllo reciproco è elevato e i profitti non contabilizzati vengono solitamente ripartiti.

Cosa deve dimostrare il Fisco e cosa spetta al Socio

Per l’Amministrazione Finanziaria è sufficiente dimostrare due elementi:
1. L’esistenza di utili extracontabili accertati in capo alla società.
2. La ristretta base partecipativa della società.

Una volta provati questi due fatti, scatta la presunzione di distribuzione. A questo punto, l’onere della prova si inverte e passa al socio. È quest’ultimo che deve dimostrare, con prove concrete, che quegli utili non sono stati distribuiti, ma, ad esempio, sono stati accantonati, reinvestiti nell’attività aziendale o sono rimasti nelle casse sociali. Contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, non si tratta di una prova impossibile o diabolica, ma di una dimostrazione fattuale che rientra nella sfera di disponibilità del socio.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale perché ha disatteso i principi di diritto consolidati in materia. In primo luogo, ha errato nel considerare l’accertamento al socio automaticamente invalido a causa della mancata notifica dell’atto presupposto all’ex amministratore della società fallita. Come spiegato, tale omissione ha il solo effetto di ampliare le facoltà difensive del socio, non di annullare la pretesa fiscale. In secondo luogo, il giudice di merito ha sbagliato nel richiedere all’Agenzia delle Entrate una prova ulteriore rispetto alla semplice dimostrazione della ristretta compagine sociale per attivare la presunzione di distribuzione degli utili. La Cassazione ha ribadito che l’onere di superare tale presunzione grava interamente sul contribuente, che deve fornire la prova contraria della mancata percezione dei redditi.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per i soci di società a ristretta base partecipativa, l’accertamento di maggiori redditi in capo all’ente comporta un rischio concreto di vedersi tassati personalmente per la propria quota di utili presunti. La decisione chiarisce che la difesa del socio non può limitarsi a contestare genericamente la presunzione, ma deve fondarsi sulla prova positiva che i profitti non sono stati distribuiti. La mancata notifica dell’atto impositivo alla società non è uno scudo sufficiente, ma apre semplicemente la porta a una difesa a tutto campo nel merito della pretesa. La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, che dovrà riesaminare la controversia attenendosi a questi principi.

La mancata notifica dell’accertamento all’amministratore di una società fallita invalida l’atto emesso contro il socio?
No, non lo invalida automaticamente. Tale omissione, secondo la Corte, non incide sulla validità dell’atto notificato al socio, ma gli conferisce la possibilità di contestare in modo pieno e autonomo la pretesa fiscale, compresa la sussistenza degli utili accertati alla società.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per tassare gli utili extracontabili direttamente in capo ai soci?
L’Agenzia delle Entrate deve dimostrare due soli elementi: l’esistenza di un maggior reddito accertato nei confronti della società e la natura di “società a ristretta base partecipativa” (cioè con un numero limitato di soci). Una volta provati questi fatti, scatta la presunzione di distribuzione degli utili.

A chi spetta l’onere della prova riguardo alla distribuzione degli utili extracontabili?
L’onere della prova spetta al socio. Una volta che il Fisco ha attivato la presunzione, è il socio che deve fornire la prova contraria, dimostrando che gli utili non sono stati effettivamente distribuiti ma, ad esempio, sono stati reinvestiti o accantonati dalla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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