Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa su atto allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di Bologna che ha indicato recapito EMAIL, presso cui il contribuente ha dichiarato di eleggere domicilio;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 999, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche il 15.7.2019, e pubblicata il 16.12.2019;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
OGGETTO: Irpef 2008 – RAGIONE_SOCIALE avente ristretta base partecipativa -Reddito di partecipazione -Oneri probatori – Causa societaria Decisione non definitiva -Conseguenze – Sanzioni: ius superveniens .
Fatti di causa
L’RAGIONE_SOCIALE notificava a COGNOME NOME l’8.3.2012 (ric., p. 2), l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, attinente ad Irpef e relative addizionali ed accessori, in relazione all’anno d’imposta 2008, per l’importo dichiarato di Euro 3.212,00. Mediante l’atto impositivo l’Amministrazione finanziaria contestava al contribuente di aver percepito un reddito superiore rispetto a quello dichiarato, sul fondamento della distribuzione di utili extrabilancio da parte della RAGIONE_SOCIALE, società di capitali avente ristretta base partecipativa di cui il ricorrente era socio al 24%, e nei confronti della quale sono stati ripresi a tassazione i costi relativi a fatture attinenti ad operazioni commerciali ritenute inesistenti intercorse con società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) riconducibili a COGNOME NOME, che ha reso dichiarazioni confessorie.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona lamentando, tra l’altro, l’illegittimità della presunzione di distribuzione degli utili, come giustificata solo sul fondamento della ristretta componente partecipativa della società di capitali. Contestava, inoltre, l’effettiva percezione da parte della società di utili extracontabili da distribuire, essendo stato il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE assolto in sede penale con formula perché il fatto non sussiste. Il giudice di primo grado, con sentenza n. 34 del 2013, rigettava integralmente il ricorso presentato dal contribuente.
COGNOME NOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche, riproponendo le proprie contestazioni. Il giudice dell’appello, con sentenza n. 999 del 2019 confermava la decisione assunta dalla CTP.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice del gravame, affidandosi a tre motivi di
impugnazione, resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria.
4.1. Il presente giudizio è stato chiamato per la trattazione innanzi alla sottosezione sesta della sezione tributaria, in occasione dell’udienza del 13.1.2022. Il Collegio ha però ritenuto opportuno differire la definizione del giudizio per assicurarne la trattazione contestuale con la causa avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al medesimo anno d’imposta notificato alla RAGIONE_SOCIALE, recante RGR n. NUMERO_DOCUMENTO (indicato nell’ordinanza dep. il 23.3.2022, n. 9432, come avente n. 25146/2020 per lapsus calami ).
4.2. Successivamente il ricorrente ha depositato istanza di sospensione del processo, ai sensi dell’art. 1, comma 197, della legge n. 197 del 2022, che è stata accolta con provvedimento Cass. sez. V, 31.1.2023, n. 2921.
4.3. Decorsi i termini di legge, senza che il contribuente abbia documentato il perfezionamento della definizione agevolata della controversia, la causa è stata nuovamente fissata per la definizione all’odierna udienza, in cui è stata trattata contestualmente al ricorso RGN 25180/2020, e ad altri processi pendenti in relazione a diverse annualità nei confronti della società e del socio.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., e degli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la sentenza impugnata fatto erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di onere della prova, in quanto compete all’Amministrazione finanziaria innanzitutto dimostrare ‘la ristretta base sociale o familiare’ (ric., p. 19) della società, e quindi provare l’intervenuta distribuzione degli utili extracontabili conseguiti ma non dichiarati dalla società, anche mediante presunzioni che siano però gravi, precise e concordanti.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il contribuente censura la nullità della sentenza per violazione dell’art. 295 cod. proc. civ., perché il giudice d’appello non ha osservato l’obbligo di sospendere la decisione in attesa della definizione del giudizio ‘pregiudicante’, pendente in relazione al medesimo anno d’imposta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, avendo il giudice di secondo grado trattato separatamente nello stesso giorno, il 15.7.2019, sia i giudizi relativi alle diverse annualità e concernenti il socio NOME COGNOME sia i procedimenti riguardanti la società, le cui decisioni evidentemente non potevano essere passate in giudicato.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997 e dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, non avendo il giudice del gravame applicato le sanzioni ridotte previste dal D.Lgs. n. 158 del 2015 ed il principio del favor rei , con riferimento all’ammontare RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate in conseguenza della ritenuta infedele dichiarazione dei redditi.
Con il suo primo mezzo d’impugnazione il contribuente contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver fatto erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di onere della prova, non rilevando che compete all’Amministrazione finanziaria innanzitutto dimostrare ‘la ristretta base sociale o familiare’ della società, e quindi provare l’intervenuta distribuzione degli utili extracontabili conseguiti ma non dichiarati, anche mediante presunzioni che siano però gravi, precise e concordanti.
4.1. Invero dalla lettura dell’avviso di accertamento, in passaggio riportato dallo stesso ricorrente nel suo atto introduttivo del giudizio (ric., p. 4), emerge che la RAGIONE_SOCIALE aveva il suo capitale ripartito tra solo quattro soci, RAGIONE_SOCIALE (25,65%),
COGNOME NOME (26,50%), COGNOME NOME (24,65%), e l’odierno ricorrente COGNOME NOME (24%). Questo dato, del resto agevolmente verificabile, non risulta contestato dal ricorrente. La RAGIONE_SOCIALE aveva quindi ristretta base partecipativa.
Tanto premesso la CTR ha ritenuto di respingere le contestazioni del contribuente, il quale già in grado di appello lamentava la mancata dimostrazione della ricorrenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, perché non costituisce sufficiente fondamento dell’accertamento del maggior reddito conseguito dal socio la sola ristretta base partecipativa della società nei cui confronti sia ritenuto accertato il conseguimento di un maggior reddito, e contestando anche l’utilizzazione di una c.d. doppia presunzione da parte dell’Ente impositore, operando il ricorrente riferimento all’orientamento espresso in materia da questa Corte regolatrice.
4.2. La valutazione espressa dal giudice dell’appello appare condivisibile, perché la giurisprudenza di legittimità ha raggiunto in materia un orientamento consolidato che i rilievi proposti dal contribuente non inducono a rivedere. Si è infatti chiarito che ‘in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale’, Cass. sez. V, 29.7.2016, n. 15824 (conf. Cass. sez. VI-V, 24.1.2019, n. 1947); si è anche spiegato che ‘in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente
di provare che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonché di dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria’, Cass. sez. VIV, 9.7.2018, n. 18042; e non si è mancato di specificare che ‘in tema imposte sui redditi di capitale, per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo’, Cass. sez. V, 19.12.2019, n. 33976.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere respinto.
Mediante il secondo strumento di impugnazione il contribuente censura la nullità della sentenza, poiché il giudice d’appello non ha osservato l’obbligo di sospendere la decisione in attesa della definizione del giudizio ‘pregiudicante’, pendente in relazione al medesimo anno d’imposta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
La questione posta dal ricorrente ha trovato una soluzione condivisibile già nella pronuncia Cass. sez. V, 6.10.2017, n. 23480, cui si intende assicurare continuità. La decisione risulta così massimata: ‘in tema di contenzioso tributario, ex art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo la formulazione vigente “ratione temporis”, successiva alle modifiche di cui all’art. 9, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 156 del 2015, allorché l’ipotetica causa pregiudicante penda in grado di appello trova applicazione l’art.
337, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una RAGIONE_SOCIALE parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole e non ancora definitiva’ (evidenza aggiunta).
Neppure può trascurarsi che successivamente le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte hanno statuito che ‘in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 cod. proc. civ.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, cod proc. civ. (Cass. S.U. n. 21763 del 2021); e si è pure specificato che ‘in tema di sospensione del processo, nel caso in cui il giudizio pregiudicante sia stato deciso con una sentenza impugnata, trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., e, poiché la sentenza, ancor prima e indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo, l’ambito di applicazione del predetto art. 337, comma 2, deve essere esteso alle impugnazioni diverse dalla revocazione straordinaria e dalla opposizione di terzo, e la stessa disposizione deve essere interpretata nel senso che essa impone al giudice l’alternativa di tenere conto della sentenza invocata – che è quella sulla quale può essere fondata un’azione o un’eccezione senza alcun impedimento derivante dalla sua impugnazione o dalla
sua impugnabilità, o di sospendere il processo nell’esercizio del suo potere discrezionale’, Cass. sez. V, 17.11.2021, n. 34966.
5.1. Nel caso di specie, non essendovi previsione normativa che disponga la sospensione necessaria del processo, pertanto, si verte in materia di sospensione facoltativa, che può essere sollecitata dalla parte la quale invochi una decisione per sé favorevole. Nel caso di specie COGNOME NOME si limita a segnalare che la decisione nei confronti della società non era divenuta definitiva quando è stata trattata la causa relativa al socio, ma non illustra come e quando abbia richiesto la sospensione del giudizio a causa della mancata definitività della decisione relativa alla causa pregiudicante, e neppure specifica che l’impugnativa proposta dalla società era stata respinta nel giudizio di primo grado, e la decisione non risultava pertanto per lui favorevole.
Per completezza, peraltro, sembra opportuno aggiungere che il giudizio ‘pregiudicante’, ed attinente il maggior reddito conseguito dalla società nell’anno 2008, ha assunto il numero di registro RAGIONE_SOCIALE NUMERO_DOCUMENTO, ed è stato trattato da questa Corte contestualmente nell’odierna udienza.
Il secondo mezzo di impugnazione risulta quindi infondato, e deve essere perciò respinto.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione di legge in cui reputa essere incorsa la CTR non avendo osservato il giudice dell’appello il principio del favor rei con riferimento all’ammontare RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate in conseguenza della ritenuta infedele dichiarazione dei redditi, non applicando lo ius superveniens che risulterebbe favorevole per il ricorrente.
Nel caso di specie, il ricorrente lamenta l’applicazione del minimo edittale secondo una disciplina più sfavorevolvole rispetto a quella entrata in vigore successivamente.
Replica l’Amministrazione finanziaria che la revisione del sistema sanzionatorio invocata non ha previsto una generalizzata
riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che nel caso di specie risulterebbe sfavorevole per il contribuente.
Invero lo ius superveniens risulta vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. sez. V, 30.3.2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sull’applicazione al contribuente della disciplina sanzionatoria più favorevole (v. Cass. n.14406/2017).
Il terzo strumento di impugnazione risulta pertanto fondato.
In definitiva deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati gli ulteriori, e la decisione impugnata deve essere cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
accoglie il terzo motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME , rigettati gli ulteriori, cassa la decisione impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 6 giugno