Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5004 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 5004  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2537/2024 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Palma Campania INDIRIZZO), INDIRIZZO. EMAIL.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI II GRADO CAMPANIA n. 7196/2022, depositata in data 4 novembre 2022.
Udita la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  14  gennaio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
Opp. PDA (Avv. Acc. IRPEF 2013)
Il giudizio ha ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso ai sensi degli artt. 47, comma 1, e 38, comma 3, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e notificato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate direzione provinciale di Napoli – a NOME COGNOME in data 31 ottobre 2018. Con tale atto l’Amministrazione finanziaria aveva accertato per l’anno d’imposta 2013 un reddito di capitale pari a € 58.993,00, percepito dal contribuente sotto forma di utili extrabilancio in qualità di socio della società RAGIONE_SOCIALE L’avviso era relativo ad imputazione di redditi di capitale, derivante dalla quota di partecipazione societaria del 50%, detenuta dal ricorrente nell’anno 2013; tale atto si fondava integralmente su altro avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO allegato all’atto impugnato, con cui l’Ufficio aveva rettificato, ex art. 39, secondo comma, lett. d) bis , d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il reddito di impresa della società, rideterminandolo in € 237.302,00,00; esso veniva emesso nei confronti della società di capitali ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di cui il ricorrente e la sorella COGNOME NOME (detentrice dell’altro 50% RAGIONE_SOCIALE quote), avevano ceduto le intere quote, in data antecedente all’approvazione e deposito del contestato bilancio 2013
 Avverso  l’avviso  il  contribuente  proponeva  ricorso  dinanzi  la C.t.p. di Napoli; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
 La  C.t.p.  di  Napoli,  con  sentenza  n.  5636/28/2021,  dichiarava inammissibile il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.g.t. di II grado della Campania; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 7196/08/2022, depositata in data 4 novembre 2022, la C.g.t. di II grado adita rigettava il gravame del contribuente.
 Avverso  la  sentenza  della  C.g.t.  di  II  grado  della  Campania,  il contribuente  proponeva  ricorso  per  cassazione  affidato  a  due motivi. L’RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Sul ricorso, ritenuto inammissibile e infondato, veniva effettuata proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis. cod. proc. civ.; quest’ultima  veniva  comunicata  alle  parti  22  giugno  2024  e  il contribuente presentava istanza di opposizione alla stessa in data 2 settembre  2024  chiedendo,  a  norma  dell’art.  380  bis,  secondo comma cit., di decidere la causa.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 14 gennaio 2024 per la quale l’ente erariale ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Contraddittorietà dell’onere della prova in violazione dell’art. 2697 cod. civ. e art. 7, comma  5 -bis ,  D.lgs.  31  dicembre  1992,  n.  546  in  riferimento all’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.g.t. di II grado non ha riconosciuto che con l’avviso di accertamento  impugnato  e  il  relativo avviso  di  accertamento emesso  nei  confronti  della  società,  l’Ufficio  aveva  prodotto  una prova contraddittoria in contrasto con la pretesa impositiva.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «In subordine al primo motivo ed in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza impugnata in quanto corredata da motivazione apparente, in violazione dell’art. 111 Cost.; art. 36, comma secondo, n. 4, del D.Lgs. n. 546/1992 e art. 132 cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.g.t. di II grado ha motivato in maniera soltanto apparente, non risultando evincibile il ragionamento logico -giuridico seguito per la decisione.
 Il  primo  motivo  di  ricorso  proposto  risulta  inammissibile  ed infondato;  con  esso,  in  particolare,  parte  ricorrente  censura  la sentenza  di  secondo  grado  nella  parte  in  cui  non  ha  riconosciuto che con l’avviso di accertamento impugnato e il relativo avviso di accertamento  emesso  nei  confronti  della  società,  l’Ufficio  aveva prodotto  una  prova  contraddittoria  in  contrasto  con  la  pretesa impositiva.
2.1. Invero, il contribuente non offre alcun elemento utile al fine di riconsiderare  in  sede  di  legittimità  quanto  già  deciso  nei  gradi  di merito,  limitandosi  a  riproporre  le  medesime  difese  già  sostenute nei gradi precedenti, nei quali l’Ufficio ha costantemente ribadito di aver tenuto conto nell’accertamento di quanto indicato nel bilancio della società in ordine all’attività svolta nel 2013, anno nel quale il ricorrente era socio della società a ristretta base partecipativa.
2.2. Né il ricorrente risulta aver fornito prova contraria idonea a contrastare la contabilità societaria, limitandosi ad addurre l’avvenuta cessione della partecipazione societaria in un anno di imposta posteriore (l’accertamento si riferisce all’anno 2013 e la cessione è avvenuta nel 2014). Invero, la sola circostanza che il bilancio sia stato approvato e depositato dal socio subentrante post cessione non consente di ritenere che il maggior reddito accertato non possa riferirsi al socio uscente.
Sul punto la RAGIONE_SOCIALE ha rilevato come «il contribuente sostiene che la società abbia dichiarato un incremento di volume di affari riferito ad una attività che non sarebbe stata effettivamente sviluppata. In verità, sul punto, non si comprende per quale motivo giuridico/fiscale  l’Accertatore  avrebbe  dovuto  disattendere  il  dato dichiarato dalla Società rimodulandolo con una sorta di autonoma ‘riduzione’ del fatturato dichiarato».
La C.g.t., dunque,  ha  ritenuto che il ricorrente non  avesse dimostrato né il  minor reddito societario,  nè  la  propria  estraneità alla gestione sociale in epoca anteriore ad aprile 2014.
Anche il secondo motivo è infondato; con esso parte ricorrente censura la sentenza della C.g.t. di II grado per la sua motivazione meramente apparente.
3.1. Come argomentato anche nell’analisi del precedente motivo di ricorso, la sentenza impugnata contiene una motivazione esauriente ed effettiva, sia in ordine alla legittimazione sostanziale del ricorrente, sia in ordine agli elementi presuntivi fondanti la pretesa tributaria, sia, infine, in ordine al meccanismo presuntivo di distribuzione ai soci degli utili extracontabili in caso di società a ristretta base. E’ da ritenersi, quindi, pienamente comprensibile l’ iter logico -argomentativo adottato dal giudice d’appello dato che l’analisi dei redditi percepiti dal contribuente riguarda l’annualità 2013 per la quale lo stesso contribuente era socio della società a ristretta base partecipativa, ossia prima dell’avvenuta cessione RAGIONE_SOCIALE quote della società avvenuta nell’anno 2014.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le  spese  seguono  il  criterio  della  soccombenza  e  sono  liquidate come in dispositivo.
4.1. Il contribuente deve essere anche condannato al pagamento di somme -liquidate in dispositivo – in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, terzo comma,  cod.  proc. civ., nonché  della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali  che  si  liquidano  in  €  2.400,  oltre  spese  prenotate  a debito nonché  al pagamento  dell’ulteriore  somma  pari  ad  € 1.200,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
Condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di € 500,00 in favore della  cassa  RAGIONE_SOCIALE  ammende,  ai  sensi  dell’art.  96,  quarto  comma, cod. proc. civ.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio 2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 14 gennaio 2025.