Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30640 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34611/2018 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 4878/2018 depositata il 10/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A seguito del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Latina in data 6 febbraio 2013, l’RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE un avviso
di accertamento relativo all’anno d’imposta 2010, con il quale rideterminava il reddito mediante metodo induttivo, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973.
In forza di tale accertamento, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva un successivo avviso, imputando al sig. COGNOME NOME, ex socio della società, gli utili extracontabili, avvalendosi della presunzione di distribuzione degli utili in parola ai soci nelle società di capitali a ristretta base sociale.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Latina. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in sede di appello, accoglieva invece il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi di impugnazione, e deposita memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE si costituisce al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta l’omessa pronuncia e la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sull’inammissibilità dell’appello.
Con il secondo motivo si deduce l’omessa pronuncia e la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sulla ritualità della notifica dell’appello in busta chiusa.
Con il terzo motivo si contesta l’omessa pronuncia e la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111
Cost., ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sulla dedotta tardività dell’appello.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973, avuto riguardo all’eccepita illegittimità dell’accertamento integrativo.
Con il quinto motivo si evidenzia l’omessa pronuncia e la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata in merito alla dedotta illegittimità della delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento.
Con il sesto motivo si rileva l’omessa pronuncia e la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR soffermata in alcun modo sulla questione relativa alla effettività della distribuzione al socio dei maggiori ricavi accertati in capo alla società né sulle giustificazioni rese dal socio.
Con il settimo motivo si invoca, in relazione alle sanzioni, l’incidenza dello jus superveniens introdotto dal D.Lgs. n. 158/2015, che ha riformato la normativa sulle sanzioni tributarie, riducendo le sanzioni irrogate con l’atto impugnato dal 100% al 90%. In virtù del principio del favor rei , ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, si chiede la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Il primo , il secondo , il terzo motivo sono inammissibili.
Le censure attengono a eccezioni di rito (inammissibilità dell’appello, irregolarità della notifica, tardività), rispetto alle quali non è configurabile il vizio di omessa pronuncia, essendo tale vizio limitato alle questioni di merito. Questa Corte ha affermato in plurime occasioni, d’altronde, che il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito,
e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass., 16 febbraio 2022, n. 5098; Cass., 15 aprile 2019, n. 10422; Cass., 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass., 25 gennaio 2018, n. 1876).
Il quarto motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La censura si risolve, in realtà, nella richiesta di un nuovo accertamento in punto di novità degli elementi posti a fondamento dell’avviso di accertamento integrativo, il che implica una rivalutazione del quadro fattuale già esaminato dal giudice di merito. Il ricorrente, infatti, sollecita questa Corte a verificare l’esistenza o meno di un presupposto fattuale della fattispecie, demandando così un accertamento di fatto che esula dai limiti del sindacato di legittimità, spettando esclusivamente al giudice di merito.
Non rileva, a tal fine, la veste formale di violazione di legge attribuita alla doglianza, giacché la questione della congruenza giuridica del giudizio di fatto esperito dal giudice di merito può porsi solo ove i fatti siano pacifici e non richiedano, come nel caso in esame, ulteriori accertamenti in ordine alla loro ricorrenza. La Commissione Tributaria Regionale ha esercitato il proprio potere valutativo, ritenendo che l’avviso impugnato costituisse un secondo accertamento sulle imposte dirette, emesso sulla scorta di nuovi elementi, rappresentato – come testualmente posto in evidenza dall’accertamento ‘ n. NUMERO_DOCUMENTO, determinato successivamente a quello derivante da lavoro subordinato accertato a carico del COGNOME ‘.
Come chiarito da questa Corte (Cass. n. 16528/2018; n. 11421/2015; n. 576/2016; n. 8029/2013), il contenuto preclusivo dell’art. 43, ultimo comma, deve essere limitato al divieto, rebus sic stantibus , di emettere un avviso integrativo sulla base della semplice rivalutazione o maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’Ufficio al momento dell’emissione dell’avviso originario.
Ne consegue che la doglianza, volta a censurare la valutazione di fatto compiuta dalla CTR circa la sussistenza di elementi nuovi, si pone al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità e non può trovare accoglimento.
Il quinto motivo è infondato.
La censura relativa alla sottoscrizione dell’avviso da parte del delegato risulta superata dalla definizione nel merito del procedimento, che ha comportato una statuizione sulla pretesa fiscale. Sebbene la CTR Campania non si sia espressamente pronunciata sull’eccezione sollevata in appello, deve ritenersi che vi sia stato un rigetto implicito, desumibile proprio dalla struttura logico -giuridica della decisione, che trascende la questione di rito in quanto si sofferma incisivamente sul merito.
In proposito, si richiama il consolidato principio di diritto secondo cui ‘non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo’ (Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191).
Secondo costante giurisprudenza, ‘ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la domanda non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia’ (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).
Anche più recentemente, questa Corte ha ribadito che ‘non ricorre il vizio di mancata pronuncia su un’eccezione di merito sollevata in
appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronuncia di rigetto dell’eccezione medesima. Il relativo mancato esame può essere dedotto non come omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge o difetto di motivazione, consentendo il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non considerato’ (Cass., 12 aprile 2022, n. 11717; Cass., 6 novembre 2020, n. 24953).
Alla luce di quanto sopra, nella vicenda in esame non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., poiché il rigetto dell’eccezione risulta implicito nella costruzione logico -giuridica della sentenza impugnata, che ha ritenuto l’appello parzialmente fondato nel merito, accogliendo una tesi incompatibile con l’eccezione proposta. In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente che insiste sull’imprescindibilità dell’indicazione nominativa del delegato, della durata della delega e RAGIONE_SOCIALE ragioni specifiche che la giustificano – si osserva che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento, conferita ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, ha natura di delega di firma e non di funzioni. Pertanto, non richiede, per la sua validità, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato né del termine di validità, potendo tali elementi essere individuati anche mediante ordini di servizio, idonei a consentire ex post la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Cass., n. 21972 del 2024; Cass., n. 8814 del 2019).
Il sesto motivo è fondato.
La censura è fondata in quanto la motivazione della sentenza impugnata si rivela meramente apparente. La CTR si è limitata ad applicare in via automatica la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili al socio, senza svolgere alcuna effettiva valutazione
in ordine alla effettività della percezione da parte del contribuente, né ha scrutinato le giustificazioni specificamente offerte dal socio COGNOME, che aveva dedotto il mancato percepimento RAGIONE_SOCIALE somme e contestato la riconducibilità a sé dei maggiori ricavi accertati in capo alla società.
La motivazione si risolve in un automatismo presuntivo, fondato sulla sola ristrettezza della compagine sociale, senza alcuna indagine concreta sulla destinazione dei ricavi extracontabili, né sulla posizione soggettiva del socio. In tal modo, la sentenza si sottrae al dovere di motivazione imposto dall’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dall’art. 118 disp. att. c.p.c. e dall’art. 111 Cost., risultando priva di una reale giustificazione logico -giuridica.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la motivazione è da considerarsi apparente quando il giudice si limita a enunciare formule generiche o stereotipate, senza confrontarsi con le questioni concretamente dedotte dalle parti e senza fornire una spiegazione idonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito (Cass. n. 9105 del 2012; Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 22598 del 2018).
Nel caso in esame, la CTR ha omesso ogni valutazione in ordine alla prova contraria offerta dal contribuente, sotto forma di giustificazioni fornite. La mancata considerazione dei correlati elementi rende la motivazione inidonea a giustificare la decisione adottata.
La sentenza va pertanto cassata, con rinvio al giudice d’appello affinché proceda a un esame effettivo e puntuale della questione della riconducibilità al RAGIONE_SOCIALE degli utili extracontabili dell’ente anche in rapporto alle giustificazioni offerte dal socio.
Il settimo motivo , col quale viene stigmatizzato il calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni, resta assorbito.
In ultima analisi, il ricorso va accolto in relazione al sesto motivo, dichiarati inammissibili i motivi primo, secondo e terzo, rigettati i
motivi quarto e quinto e dichiarato assorbito il settimo motivo. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio, per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
P.Q.M.
accoglie il sesto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il quarto e il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbito il settimo motivo di ricorso. Cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio, per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 25/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME