LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Utili extracontabili: le presunzioni fiscali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2494/2024, ha chiarito la validità delle presunzioni fiscali in materia di accertamento di utili extracontabili per le società a ristretta base. A seguito di un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte ha annullato la decisione di merito che aveva parzialmente invalidato l’accertamento, ribadendo che i movimenti bancari ingiustificati possono essere considerati ricavi e che gli utili non contabilizzati si presumono distribuiti ai soci. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili extracontabili: la Cassazione sulle presunzioni fiscali

La gestione fiscale delle società, specialmente quelle a ristretta base, è un terreno complesso dove le presunzioni legali giocano un ruolo cruciale. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 2494 del 26 gennaio 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: l’accertamento di utili extracontabili e la loro presunta distribuzione ai soci. Questa decisione riafferma principi consolidati e offre importanti chiarimenti sull’onere della prova che grava sul contribuente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da diversi avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata a base ristretta e dei suoi soci. A seguito di indagini bancarie, l’Amministrazione Finanziaria aveva rilevato maggiori utili non contabilizzati, procedendo al recupero di Ires, Iva e Irap per la società e di maggiore Irpef per i soci per gli anni d’imposta 2006 e 2007.

I contribuenti avevano impugnato gli atti, e la Commissione Tributaria Provinciale (C.t.p.) aveva parzialmente accolto i ricorsi. In particolare, pur ritenendo legittimo l’accertamento basato sui versamenti bancari, aveva escluso la rilevanza dei prelevamenti, ritenendo non provato che si trattasse di movimenti finalizzati all’evasione d’imposta.

Sia i contribuenti che l’Agenzia delle Entrate avevano proposto appello. La Commissione Tributaria Regionale (C.t.r.), con la sentenza impugnata, aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, rideterminando i maggiori redditi della società ma confermando nel resto la sentenza. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi nella sentenza d’appello.

La Decisione della Cassazione sugli utili extracontabili

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso presentati dall’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della C.t.r. e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto per un nuovo esame.

I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione della sentenza d’appello ‘apparente’ e incomprensibile, non permettendo di ricostruire il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione. Inoltre, la Corte ha censurato la C.t.r. per aver erroneamente disapplicato le presunzioni legali in materia di accertamenti bancari e di distribuzione di utili extracontabili.

Per uno dei soci, il giudizio è stato dichiarato estinto a seguito della definizione agevolata della controversia.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza della Cassazione si fonda su quattro pilastri argomentativi principali, che riaffermano principi cardine del diritto tributario.

1. La Motivazione Apparente della Sentenza Impugnata

Il primo motivo di accoglimento riguarda la nullità della sentenza d’appello per ‘motivazione apparente’. La Cassazione ha rilevato che la C.t.r. si era limitata a considerazioni generiche, senza un’analisi critica dei documenti e dei motivi di appello. Il percorso logico che collegava le premesse al dispositivo della sentenza era del tutto incomprensibile, violando così l’obbligo di motivazione sancito dalla legge.

2. La validità della presunzione sugli accertamenti bancari

La Corte ha ribadito la piena validità della presunzione legale prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973. Secondo tale norma, sia i versamenti che i prelevamenti non giustificati sui conti correnti di un’impresa sono considerati elementi positivi di reddito. Spetta al contribuente fornire una prova analitica e specifica per dimostrare che tali somme sono già state tassate o non sono fiscalmente rilevanti. La C.t.r. ha errato nell’escludere la rilevanza dei prelevamenti e nel ritenere che un accertamento non potesse fondarsi solo su presunzioni.

3. La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili ai soci

In linea con un orientamento consolidato, la Cassazione ha confermato che, nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, gli utili extracontabili accertati si presumono distribuiti ai soci. Il fondamento di tale presunzione risiede nella ‘complicità’ che normalmente lega il ristretto gruppo di soci. L’onere di provare il contrario, dimostrando che gli utili sono stati accantonati o reinvestiti dalla società, grava sul contribuente. La C.t.r. aveva sbagliato a ritenere che l’Ufficio dovesse provare la distribuzione paritaria, ignorando questo consolidato principio giurisprudenziale.

4. La tassazione degli utili ‘in nero’

Infine, la Corte ha chiarito che il regime di parziale esclusione dalla tassazione previsto dall’art. 47 del T.U.I.R. per i dividendi non si applica agli utili extracontabili. Quella norma è finalizzata a mitigare la doppia imposizione economica (sulla società e poi sul socio) degli utili regolarmente dichiarati e distribuiti. Nel caso di utili ‘in nero’, che non sono mai stati tassati in capo alla società, non vi è alcuna doppia imposizione da mitigare, e quindi il reddito va tassato per intero in capo al socio percettore.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida la forza delle presunzioni legali nel contenzioso tributario. Per i contribuenti, in particolare per le società a ristretta base e i loro soci, emerge con chiarezza la necessità di una contabilità trasparente e di una documentazione puntuale per superare le presunzioni dell’Amministrazione Finanziaria. La decisione sottolinea che l’onere della prova è a carico del contribuente, il quale deve fornire giustificazioni analitiche e non generiche. Per i giudici di merito, infine, viene ribadito l’obbligo di fornire una motivazione completa e logicamente coerente, pena la nullità della sentenza.

In una società a ristretta base, si può presumere che gli utili non dichiarati siano stati distribuiti ai soci?
Sì. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, in caso di società a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati. Spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti ma accantonati o reinvestiti dalla società.

I prelevamenti dal conto corrente di un’impresa possono essere considerati ricavi non dichiarati dal Fisco?
Sì. In base alla presunzione legale stabilita dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente imprenditore sono considerati elementi positivi di reddito, a meno che il contribuente non dimostri di averne tenuto conto nella determinazione del reddito o che sono estranei alla produzione dello stesso.

La tassazione degli utili extracontabili distribuiti ai soci beneficia delle stesse agevolazioni previste per i dividendi ufficiali?
No. La Corte ha chiarito che il regime di parziale esclusione dalla tassazione, previsto per mitigare la doppia imposizione economica sui dividendi, non si applica agli utili extracontabili (c.d. ‘in nero’). Poiché tali utili non sono mai stati tassati in capo alla società, non esiste una doppia imposizione da attenuare e, pertanto, devono essere tassati per intero in capo ai soci.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati