Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2494 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2494 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
IRES IRPEF IRAP AVVISO ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10793/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , domicilio legale in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’ Avvocatura generale dello AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO e rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO,
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende,
COGNOME NOME,
-intimato – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO n. 287/2015, depositata il 03/02/2015.
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
dato atto che il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio quanto a NOME COGNOME e accogliersi ricorso nei confronti degli ulteriori controricorrenti;
sentiti l’ AVV_NOTAIO dello AVV_NOTAIO, NOME AVV_NOTAIO, per l’RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO , in sostituzione dell’AVV_NOTAIO per la RAGIONE_SOCIALE e per NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a seguito di indagini bancarie, emetteva separati avvisi di accertamento nei confronti dellla RAGIONE_SOCIALE, società a ristretta base, e dei soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con i quali, riscontrati maggiori utili extra-contabili, recuperava, per gli anni di imposta 2006 e 2007, maggiore Ires, Iva ed Irap nei confronti della società e maggiore Irpef nei confronti dei soci.
Avverso detti ultimi ricorrevano separatamente i contribuenti.
La RAGIONE_SOCIALE, previa riunione dei ricorsi, dopo aver preso atto che parte RAGIONE_SOCIALE riprese a tassazione erano state annullate dall’Ufficio in autotutela, riteneva legittimo l’accertamento , con esclusione, tuttavia, dei prelevamenti sui conti correnti, imputati a maggior reddito, per i quali riteneva non vi fosse prova che si trattasse di movimenti in evasione di imposta.
proponevano separati appelli sia i contribuenti sia l’RAGIONE_SOCIALE. La RAGIONE_SOCIALE, previa riunione, con la sentenza impugnata, così
statuiva in dispositivo «In parziale riforma dell’appellata sentenza determina in euro 4.925,00 le somme da imputare, quali maggiori redditi alla società. Conferma nel resto. Le spese compensate».
Avverso detta sentenza ricorre l ‘RAGIONE_SOCIALE e resistono con un primo controricorso la RAGIONE_SOCIALE unitamente al socio NOME COGNOME e con separato controricorso il socio NOME COGNOME. Il socio NOME COGNOME, invece, non ha svolto attività difensiva.
NOME COGNOME in data 12 giugno 2019 ha depositato istanza di sospensione del giudizio ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. , la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 stante la motivazione apparente o inesistente.
Assume che la motivazione non consente di comprendere la ratio decidendi sottesa al rigetto dell’appello dell’Ufficio ed all’accoglimento dell’appello RAGIONE_SOCIALE controparti ; rileva che la C.t.r. si è limitata a censurare l’operato dell’Ufficio sulla base di considerazioni generiche e senza alcuna disamina dei documenti in atti.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1 973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le presunzioni poste dall’Ufficio a fondamento dell’atto impositivo non fossero sorrette da validi elementi indiziari e che l’avviso di accertamento, in mancanza di prove concrete, non potesse reggersi solo su presunzioni.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la presunzione di distribuzione degli utili ai soci in modo paritario fosse inconsistente in quanto non teneva conto della disparità RAGIONE_SOCIALE somme movimentate sui singoli conti e della mancanza di prova dell’unità di intenti.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 47 t.u.i.r.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la tassazione dei dividendi andasse calcolata al netto RAGIONE_SOCIALE imposte a carico della società e che dei prelevamenti e dei versamenti non potesse tenersi conto in maniera assoluta e totale.
Preliminarmente deve rilevarsi che NOME COGNOME ha documentato, con riferimento ad entrambi gli atti impositivi personali (NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno 2006 e NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno 2007) oggetto del ricorso per cassazione, di aver presentato domanda di definizione agevolata ed ha versato le quietanze attestanti il pagamento della prima rata.
Entro il termine del 31 luglio 2020, fissato dall’art. 6, comma 12, d.l. n. 119 del 2018, l’RAGIONE_SOCIALE non ha notificato il diniego della definizione, ed entro il termine del 31 dicembre 2020 di cui all’ art. 6, comma 13, prima parte, d.l. cit. non è stata presentata alcuna istanza di trattazione del giudizio.
Secondo l’art. 6, comma 6, d.l. cit. la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del detto articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Invece, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere solo qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (cfr. Cass. 03/10/2018, n. 24083).
Le spese rimangono a carico RAGIONE_SOCIALE parti che le hanno anticipate ex art. 6, comma 13, cit.
In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato , siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
Nei confronti RAGIONE_SOCIALE altre parti, i motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono tutti fondati.
6.1. La sentenza della C.t.r., dopo aver ritenuto «chiara e circostanziata» la sentenza di primo grado -che aveva confermato la legittimità dell’accertamento , se pure limitatamente ai versamenti, e legittima l’imputazione del reddito pro quota ai soci -articola una serie di considerazioni in fatto ed in diritto, per poi giungere a rideterminare i maggiori redditi della società, confermando per il resto la sentenza impugnata. Resta, tuttavia, del tutto incomprensibile il percorso logico seguito per giungere dalle premesse al decisum.
Nelle premesse la C.t.r. rilevava che le operazioni transitate sui conti del soci provenivano da regolari fatture societarie; che l’accertamento si era fondato su presunzioni non sorrette da validi indizi e che, non essendovi prove concrete, l’accertamento non poteva fondarsi solo su presunzioni; che, quanto alla divisione degli utili tra i soci non si era tenuto conto RAGIONE_SOCIALE disparità RAGIONE_SOCIALE somme movimentate sui soci né vi era prova della unità di intenti; che l’Ufficio non poteva tener conto «in maniera assoluta e totale» dei versamenti e dei prelevamenti; che, in ogni caso, la tassazione dei dividendi doveva essere al netto RAGIONE_SOCIALE imposte corrisposte dalla società.
In disparte il rilievo che alcune RAGIONE_SOCIALE premesse, come si dirà in seguito, vanno censurate per violazione di legge, risulta, in ogni caso, del tutto incomprensibile come da dette ultime la C.t.r. sia giunta alla statuizione di cui al dispositivo. Per altro, la C.t.r. non si confronta con i motivi di appello che, se pure riportati nella parte espositiva, non vengono in alcun modo soggetti a vaglio critico, sicché risulta impossib ile comprendere, a fronte dell’ impugnazione sia ad opera dei contribuenti che de ll’Ufficio, quali motivi siano stati accolti e quali rigettati.
6.2. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., -disposta dall’art. 54 legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 -deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
In tema di processo tributario, si è, altresì, precisato che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione RAGIONE_SOCIALE
censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e RAGIONE_SOCIALE considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame»; (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf. ex multis 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che «La sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame»).
Deve aggiungersi che le premesse in diritto esposte dalla RAGIONE_SOCIALE incorrono nelle violazioni di legge censurate dall’Ufficio.
7.1. La RAGIONE_SOCIALE, come rilevato nel secondo motivo del ricorso, ha escluso che l’accertamento potesse fondarsi su presunzioni ed ha escluso, confermando la sentenza di primo grado, che potesse darsi rilievo ai prelevamenti.
7.1.1. Tuttavia, per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per
le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/221, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
Non rileva del resto, la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014; questa, infatti, ha ritenuto solo con riferimento ai lavoratori autonomi irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito (cfr. Cass. 02/02/2021, n. 2240).
A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione, ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni, oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
7.2. La RAGIONE_SOCIALE, come rilevato con il terzo motivo di ricorso, ha ritenuto che l’Ufficio non avesse provato la distribuzione paritaria degli utili extra-contabili tra i soci.
7.2.1. Per giurisprudenza costante di questa Corte, in caso di società a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass. 2/03/2011, n. 5076; Cass. 22/04/2009, n. 9519; Cass. 18/10/2017, n. 24534; Cass. 22/11/2017, n. 27778; Cass. 20/12/2018, n. 32959; Cass. 24/01/2019, n. 1947; Cass. 11/08/2020, n. 16913, Cass. 04/04/2022, n. 10679).
Il fondamento logico della costruzione giurisprudenziale si rinviene nella «complicità» che normalmente avvince un gruppo societario composto da poche persone sicché vi è la presunzione che gli utili extracontabili siano stati distribuiti ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, salva la prova contraria a carico del contribuente (Cass. 26 maggio 2008, n. 13485).
Tali principi sono stati completati con l’ulteriore precisazione che la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio può essere vinta dal contribuente fornendo la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (Cass. 2/02/2016, n. 1932; Cass. 14/07/2017, n. 17461; Cass., 22/12/2016, n. 26873; Cass., 9/07/2018, n. 18042; Cass. 27/09/2018, n. 23247).
7.3. La RAGIONE_SOCIALE, come rilevato con il quarto motivo, ha ritenuto che la distribuzione degli utili ai soci dovesse avvenire al netto RAGIONE_SOCIALE imposte corrisposte dalla società.
7.3.1. La Corte ha affermato che, quando viene contestata, in caso di società a ristretta base partecipativa, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non è applicabile il
disposto di cui all’art. 47 cit., che attiene alla tassazione degli utili distribuiti ai soci, con delibere formali dell’assemblea e, pertanto, non è estensibile ai redditi extracontabili, non menzionati nella contabilità societaria. Si è precisato sul punto che l’art. 47 cit., laddove dispone che, «salvi i casi di cui all’art. 3, comma 3, lett. a), gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società, anche in occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare» riguarda la modifica attuata con il d.lgs. n. 344 del 2003, sicché il sistema impositivo degli utili da partecipazione è stato caratterizzato dall’abrogazione del metodo del credito d’imposta sui dividendi e del sistema di imputazione e dall’adozione di un sistema di parziale esclusione della tassazione degli utili, al fine di mitigare gli effetti della doppia imposizione economica, in quanto gli utili distribuiti sono stati già tassati in capo alla società che li ha prodotti. Al contrario, nel caso in esame, trattandosi di utili c.d. «in nero», mai pervenuti nella contabilità societaria, non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è mai stata, non avendo la società mai dichiarato i medesimi (Cass. 22/02/2023, n. 5567, Cass. 19/11/2020, m. 26317, Cass. 23/12/2019, n. 34282).
8. In conclusione, il giudizio va dichiarato estinto quanto a NOME COGNOME.
Va accolto, invece, nei confronti degli altri contribuenti il ricorso della RAGIONE_SOCIALE; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio nei confronti di NOME COGNOME con spese a carico di chi le ha anticipate; accoglie, per il resto, il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, 30 novembre 2023.