Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9697 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15466/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1128/2019 depositata il 07/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso n. TFM030500296/2016 l’Agenzia delle Entrate accertava ex art. 39, primo comma, lett. D) del d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, un maggior reddito di impresa a carico della società RAGIONE_SOCIALE di cui il contribuente NOME COGNOME risultava essere in possesso delle quote per un ammontare pari al 99%, con riferimento all’anno di imposta 2012.
Concretandosi il maggior reddito rilevato in utili extracontabili, ossia ricavi non dichiarati da parte di società a ristretta base partecipativa, l’Amministrazione finanziaria procedeva alla rettifica del reddito dichiarato dai soci, attinti ciascuno da distinto avviso di accertamento. Conclusasi con esito negativo la fase amministrativa di mediazione, COGNOME NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento notificatogli dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Benevento, la quale respingeva pressoché integralmente i motivi di ricorso prendendo atto altresì dell’accertamento con adesione sottoscritto tra l’Agenzia e la società (rideterminativo del maggior reddito accertato in € . 30.059,00, a fronte di € .86.178,00 originariamente accertati), accogliendo in parte qua il ricorso .
Con tempestivo ricorso il contribuente adiva la Commissione tributaria regionale della Campania per i capi di soccombenza. I giudici del gravame con sentenza n. 1128/2019 (dep. 07.02.2019) riconoscevano la fondatezza dell’appello rideterminando in €.6.012,00 il reddito della società in liquidazione su cui calcolare gli utili del contribuente.
Invoca la cassazione della sentenza l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad un unico motivo di ricorso. Rimane intimata la parte privata.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo.
1.1 Con l’unico motivo il Patrono erariale deduce, sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 42 d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, nonché dell’art. 2697 cod. civ., censurando la sentenza per aver la CTR erroneamente ritenuto che nella rideterminazione del reddito del socio per effetto della distribuzione degli utili extracontabili incassati, poiché l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto tenere conto delle perdite societarie, le quali, abbattendo il reddito effettivo della società, riducono per l’effetto gli utili percepiti dai soci.
Il motivo è fondato.
1.2 Occorre sul punto rammentare l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte di legittimità, cui si deve dare continuità non rinvenendosi ragioni per discostarsene, ossia che in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale; con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria ( Cfr. Cass. Sez. VI-V, 24 gennaio 2019, n. 1947; Cass. Sez. V, n. 26171 del 2023), relativa al fatto che i maggiori redditi non siano stati distribuiti, ma accantonati dalla società o da essa stessa reinvestiti (Cfr. ex multis: Cass. Sez. VI-V, 27 settembre 2016, n. 19013; Cass. Sez. V, 4 settembre 2020, n. 18383; Cass. Sez. V, 11 settembre 2020, n. 18854; Cass. Sez. V, 3 giugno 2021, n. 15393). La ristrettezza della compagine sociale implica invero un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, che fa ritenere
plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza della esistenza di utili extrabilancio, alla cui distribuzione è ragionevole ritenere che tutti i soci abbiano partecipato in misura conforme al loro apporto sociale, fatta salva la anzidetta possibilità riconosciuta al contribuente di fornire la prova contraria (Cass. Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 752; Sez. V, Ordinanza n. 24719 del 2023).
Parimenti questa Corte con la stessa pronuncia n. 2752/2024 ha dato ‘ continuità all’orientamento che essa esprime nel caso di società a ristretta base, nel quale non opera la presunzione ex art. 47 TUIR di attribuzione ai soci degli utili extracontabili in quanto, essendo conseguiti in evasione di imposta, non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che nei fatti non c’è stata, non avendoli la società mai dichiarati ‘.
1.3. Ed invero, come sostenuto da parte ricorrente, la quantificazione delle perdite, elevata dai giudici di appello a elemento decisivo in ordine alla valutazione degli utili extracontabili incassati dal socio, è in realtà utile alla determinazione del reddito tassabile in capo alla società. Oggetto della contestata distribuzione ai soci è il maggiore reddito extracontabile, realizzato parallelamente a quello legittimo e contabilizzato dalla società, dovendosi pertanto ritenere gli utili distratti dalla società e distribuiti ai soci.
In definitiva, il ricorso è fondato e la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si uniformi ai principi testé enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19/03/2025.