Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15895 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15895 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
Oggetto:
IRPEF – società di
capitali a ristretta base partecipativa – utili extracontabili – presunzione di distribuzione tra i soci
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12053/2017 R.G. proposto da COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL ) e dall’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO, presso il quale elettivamente domicilia -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO;
– resistente –
Nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t.
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, depositata il 10 novembre 2016, n. 9902/2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
NOME COGNOME impugnava gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, con i quali venivano imputati alla ricorrente, nella sua veste di socia al 26% RAGIONE_SOCIALE quote della società RAGIONE_SOCIALE, e dunque recuperati a tassazione, i redditi complessivi di euro 65.520,00 e di euro 21.326,00, quali utili percepiti e non dichiarati, rispettivamente, per gli anni d’imposta 2006 e 2007.
La contribuente sosteneva che l’RAGIONE_SOCIALE aveva illegittimamente fondato gli avvisi sul principio di presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, senza aver svolto alcuna indagine specifica nei suoi confronti al fine di escludere che tali utili fossero stati reinvestiti ovvero distribuiti tra gli altri soci all’insaputa della NOME.
La Commissione tributaria provinciale di Avellino accoglieva il ricorso, affermando che, a differenza RAGIONE_SOCIALE società di persone, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa ovvero a base familiare, l’accertato utile tassabile superiore a quello dichiarato non potrebbe ritenersi sic et simpliciter distribuito ai soci in perfetta proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale sociale, occorrendo invece una preventiva indagine sull’effettiva percezione degli stessi.
L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, la quale riformava la sentenza di primo grado.
I giudici di secondo grado, pur ritenendo di natura relativa la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili ai soci, operante anche nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa
oppure a base familiare, ritenevano sussistenti i presupposti di operatività di tale presunzione, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico della contribuente. Essendosi quest’ultima limitata a mere allegazioni in ordine alla mancata percezione degli utili, senza fornire prova di un diverso utilizzo, l’appello veniva accolto, con il rigetto del ricorso della contribuente.
Contro questa statuizione, NOME NOME propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico articolato motivo.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità dell’adunanza camerale, la ricorrente ha depositato una memoria con la quale ha dato notizia di essersi avvalsa «RAGIONE_SOCIALE norme agevolative previste prima dalla ‘rottamazione ter’ e successivamente dalla ‘rottamazione quater’ , godendo dell’abbattimento di sanzioni ed interessi », aggiungendo che «i pagamenti della rottamazione quater sono a tutt’oggi regolari (prox. scadenza 31.05.2024)». Ha quindi chiesto l’adozione RAGIONE_SOCIALE «consequenziali determinazioni».
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In primo luogo, va dato atto della tardività della notifica del controricorso, avvenuta il 27 giugno 2017, a fronte della notifica del ricorso eseguita il 10 maggio 2017. Il comma 9 dell’art. 11 del D.L. n. 50 del 2017, convertito in L. n. 96 del 2017, per le controversie definibili ai sensi dei commi precedenti del medesimo articolo, a differenza di altre sospensioni dei termini dettate per altre fattispecie condonistiche, disponeva che fossero sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, principale o incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali nonché quelli per la riassunzione che scadessero dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE stesso articolo (24 aprile 2017) fino al 30 settembre 2017, non anche del termine per proporre il controricorso, sicché l’RAGIONE_SOCIALE, che non ha rispettato il termine ordinario di quaranta giorni previsto dall’art. 370 c.p.c., deve essere considerata meramente costituita in giudizio.
Ancora in via preliminare, va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, il quale non è stato parte del giudizio di appello, instaurato dopo il 1° gennaio 2001 (Cass., S.U., sentenza n. 3116 del 14/02/2006, rv. 587608-01).
Sempre preliminarmente, va evidenziato che, in allegato alla memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, la ricorrente ha depositato una risposta dell’RAGIONE_SOCIALE che accoglie -disponendo la rateizzazione del versamento fino al 30/11/2027 -una domanda di definizione agevolata dei carichi affidati all’RAGIONE_SOCIALE -Riscossione presentata in data 14/2/2023, senza però allegare anche quest’ultima o, comunque, altro documento che consenta di ritenere con certezza riferibile tale domanda agli avvisi di accertamento oggetto del presente giudizio. Tale omissione esime questa Corte dall’adottare provvedimenti di sorta, del resto neppure specificati nelle richieste della ricorrente.
Tanto premesso, va rilevato che il motivo di ricorso non è corredato dall’espressa indicazione di alcuna RAGIONE_SOCIALE specifiche ragioni di impugnazione previste dall’art. 360 c.p.c.: nel corpo dell’articolato motivo, la difesa della ricorrente ha richiamato esclusivamente la violazione di alcune disposizioni normative, quali l’art. 39 del d.p.r. n. 600 del 1973, gli artt . 2727 e 2729 c.c., in particolare, e l’ art. 2697 c.c., quest’ultimo in considerazione del ripetuto richiamo alla violazione RAGIONE_SOCIALE regole sulla ripartizione dell’onere della prova.
4.1. Ciò posto, deve trovare applicazione il principio secondo cui la mancata o l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non ne determina ex se l’inammissibilità, se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base RAGIONE_SOCIALE argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo
giuridico, il contenuto della censura (in tal senso, Cass., Sez. 5, ordinanza n. 12690 del 23/05/2018, rv. 648743-01).
Con un unico, complesso, motivo, la contribuente ha denunciato la violazione dell ‘ art. 39, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Secondo la ricorrente, in particolare, la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio ai soci non sarebbe da sola sufficiente a fondare l’accertamento di un maggior reddito recuperabile a tassazione, se non con riferimento alle società di persone. In caso di società di capitali, invece, tale presunzione semplice dovrebbe essere suffragata da una preventiva indagine, che nella specie sarebbe stata omessa, sull’effettiva percezione degli utili in misura proporzionale alla quota di partecipazione, attraverso, in particolare, la verifica della movimentazione bancaria del contribuente e il riscontro dell’acquisto di beni di particolare valore, non giustificabili sulla base dei redditi dichiarati.
5.1. Non assurgono alla dignità di censure specifiche, invece, altre critiche, disseminate lungo il ricorso senza una precisa enucleazione. Così è per la fugace osservazione contenuta a pag. 6 del ricorso, secondo cui non risulterebbe dalla motivazione della sentenza impugnata che il giudice abbia specificamente indagato circa la sussistenza del presupposto della ristrettezza della base partecipativa o della natura familiare della società: in disparte il fatto che la CTR ha specificamente rilevato la mancanza di contestazione in ordine alla sussistenza di tale presupposto di operatività della presunzione, si tratterebbe comunque di accertamento di fatto compiuto in entrambi i gradi di merito e non più sindacabile in sede di legittimità. Allo stesso modo, non può individuarsi un autonomo motivo di ricorso là dove la ricorrente (a pag. 7 del ricorso) lamenta la nullità degli avvisi di accertamento a lei notificati, in quanto motivati per relationem rispetto all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE: non risulta adempiuto, infatti,
l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, in quanto non sono specificamente indicati i documenti o gli atti processuali sui quali la censura si fonda (e manca anche qualsiasi riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati) e neppure ne sono riassunti il contenuto o trascritti i passaggi essenziali (Cass. Sez. 1, sentenza n. 12481 del 19/04/2022, rv. 664738-01). In ogni caso, si tratterebbe di profilo inammissibilmente fatto valere per la prima volta in sede di legittimità, e peraltro privo di pregio, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’avviso di accertamento nei confronti del socio per redditi da utili non dichiarati di società di capitali a ristretta base partecipativa è legittimamente emesso e adeguatamente motivato anche quando il socio non abbia partecipato all’accertamento nei confronti della società e l’atto contenga un mero rinvio per relationem ai redditi della società (Cass., Sez. 6-5, ordinanza n. 3980 del 18/02/2020, Rv. 65730401).
Così precisato il thema decidendum , il motivo non è fondato.
Va data continuità, infatti, al principio affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., Sez. 5 , sentenza n. 27778 del 22/11/2017, rv. 646282-01). Ciò vale anche nelle ipotesi di assenza di rapporti di parentela, in quanto la ristrettezza della base sociale
implica di per sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, e dunque la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell’esistenza di utile extrabilancio, consentendo di riconoscere sussistenti, ai fini della prova presuntiva, i requisiti richiesti dall’art. 2729 c.c.
Tale meccanismo probatorio non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell ‘ assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass., Sez. 6-5, ordinanza n. 1947 del 24/01/2019, rv. 652391-01).
Infine, è appena il caso di aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, questa Corte ha già affermato che non occorre che l’accertamento emesso nei confronti dei soci risulti fondato anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi RAGIONE_SOCIALE loro movimentazioni bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore, non giustificabili sulla base dei redditi dichiarati (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 16913 del 11/08/2020, rv. 658657 – 01).
Il ricorso va dunque rigettato e nulla va disposto in ordine alle spese, non essendosi l’RAGIONE_SOCIALE costituita con tempestivo controricorso e non avendo svolto alcuna attività gli altri soggetti intimati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e rigetta quello contro l’RAGIONE_SOCIALE. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso. Così deciso, in Roma, il 24 maggio 2024.