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Utili extracontabili: la Cassazione sulla prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una contribuente, socia unica di una società estinta, contro un avviso di accertamento per maggiori redditi di capitale. L’accertamento si fondava sulla presunzione di distribuzione di utili extracontabili, derivanti da vendite immobiliari a un prezzo ritenuto inferiore a quello di mercato. La Corte ha dichiarato inammissibili i motivi relativi all’omesso esame di fatti decisivi a causa della regola della “doppia conforme”, essendo le sentenze di primo e secondo grado basate sulla stessa ricostruzione fattuale. Ha inoltre ritenuto infondato il motivo sulla violazione delle norme sulla prova presuntiva, in quanto mascherava una richiesta di riesame dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili extracontabili: la Cassazione e la regola della ‘Doppia Conforme’

La gestione degli utili extracontabili nelle società a ristretta base societaria rappresenta un tema caldo nel diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti della prova per presunzioni e, soprattutto, sulle barriere procedurali all’impugnazione in sede di legittimità, in particolare la regola della cosiddetta ‘doppia conforme’.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate alla socia unica di una S.r.l., estinta e cancellata dal registro delle imprese. L’amministrazione finanziaria contestava alla contribuente un maggior reddito di capitale, presumendo la distribuzione di utili extracontabili realizzati dalla società nell’anno d’imposta 2007.

Secondo la tesi dell’Ufficio, la società aveva venduto appartamenti a un prezzo inferiore a quello di mercato, incassando una parte ‘in nero’. Questa presunzione si basava su indizi quali prelevamenti di denaro contante da parte degli acquirenti in prossimità dei rogiti. La contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo in primo grado una riduzione dell’importo accertato. La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, aveva confermato integralmente la decisione di primo grado, rigettando gli appelli di entrambe le parti. Contro questa sentenza, la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, rigettandolo integralmente. La decisione si fonda principalmente sull’applicazione di principi procedurali che limitano il sindacato della Suprema Corte sulla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.

Analisi dei motivi di ricorso e la ‘doppia conforme’

La ricorrente aveva basato il suo ricorso su tre motivi. I primi due denunciavano l’omesso esame di fatti ritenuti decisivi: la mancata produzione in giudizio dei verbali di interrogatorio degli acquirenti e dei loro estratti conto, e la mancata considerazione di una perizia tecnica che attestava la congruità dei prezzi di vendita.

Il terzo motivo, invece, lamentava la violazione delle norme sulla prova presuntiva (art. 2727 c.c. e art. 39 D.P.R. 600/73), sostenendo che la presunzione di maggiori ricavi si fondasse su fatti (gli interrogatori e gli estratti conto) mai provati.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto i primi due motivi inammissibili in applicazione del principio della ‘doppia conforme’ (art. 348-ter, comma 5, c.p.c.). Poiché le sentenze di primo e secondo grado erano giunte alla medesima conclusione basandosi sulla stessa ricostruzione fattuale, era preclusa alla ricorrente la possibilità di contestare in Cassazione l’omesso esame di un fatto. La Corte ha sottolineato che, per superare tale sbarramento, il ricorrente deve dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni sono diverse, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Di conseguenza, anche il terzo motivo è stato giudicato infondato. Secondo i giudici di legittimità, la critica mossa dalla contribuente non riguardava un’errata applicazione delle regole logiche della presunzione, ma mirava a contestare l’esistenza stessa dei fatti noti (i documenti mancanti) da cui il giudice aveva tratto il suo convincimento. In questo modo, la ricorrente tentava di riproporre una censura di merito sulla valutazione delle prove, inammissibile in Cassazione e già preclusa dalla ‘doppia conforme’. In sostanza, una volta che la ricostruzione dei fatti è ‘cristallizzata’ dalle due sentenze conformi, non può essere rimessa in discussione mascherandola da violazione di legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Il primo è la validità della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati in capo a una società di capitali a ristretta base. Il secondo, di natura processuale, è la portata preclusiva della ‘doppia conforme’, che limita fortemente la possibilità di contestare la valutazione dei fatti operata nei primi due gradi di giudizio. Per gli operatori del diritto e i contribuenti, ciò significa che le battaglie sulla prova dei fatti devono essere combattute e vinte nei giudizi di merito, poiché le possibilità di rimettere in discussione l’accertamento fattuale in Cassazione sono estremamente ridotte quando le decisioni di primo e secondo grado convergono.

Quando è inammissibile un ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo?
Quando si è in presenza di una ‘doppia conforme’, cioè quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulle medesime ragioni di fatto. In questo caso, il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la ricostruzione dei fatti nelle due sentenze è stata diversa.

Come può l’Agenzia delle Entrate accertare utili extracontabili in una società a ristretta base?
L’Agenzia può utilizzare la prova presuntiva. Nel caso esaminato, ha presunto l’esistenza di ricavi non dichiarati (e la loro successiva distribuzione ai soci) partendo da indizi come la vendita di immobili a un prezzo inferiore al valore di mercato e prelevamenti di contante da parte degli acquirenti.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove presuntive fatta dal giudice di merito?
La contestazione è possibile solo per violazione delle regole legali che disciplinano la presunzione (es. mancanza di gravità, precisione e concordanza), ma non per criticare la ricostruzione dei fatti o proporre un’interpretazione probatoria diversa da quella del giudice. Se la critica si fonda sulla non esistenza dei fatti posti a base della presunzione, essa si traduce in una questione di merito, preclusa in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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