Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7111 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7111 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
Oggetto:tributiaccertamentodistribuzione utili extracontabili
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9313/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso il suo studio in Agrigento, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Sicilia, Palermo, n. 3902/24/15 pronunciata il 17 giugno 2015 e depositata il 17 settembre 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La contribuente è socia unica e amministratrice della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, la quale aveva realizzato una struttura balneare operante nel solo periodo da giugno a settembre. Per l’anno d’imposta 2007 l’Ufficio, a seguito di verifica fis cale eseguita sui conti correnti, emetteva nei confronti della suddetta società un avviso di accertamento, seguito da un ulteriore atto impositivo per presunta distribuzione degli utili extracontabili emesso nei confronti della contribuente in ragione della ristretta base sociale (socio unico).
La contribuente adiva i giudici di merito rappresentando che i versamenti operati sul conto della società concretavano aumento di capitale ovvero apporti infruttiferi, pertanto estranei all’attività d’impresa. Offriva altresì la prova della provenienza dei suddetti fondi, trattandosi di un prestito del nonno paterno comprovato da una scrittura privata. Chiedeva quindi la riunione dei due procedimenti, ovver o l’integrazione del contradditorio rispetto alla socia, oppure ancora la sospensione del suo giudizio in attesa della definizione di quello promosso dalla società.
I due gradi di merito esitavano in favore all’RAGIONE_SOCIALE.
Insorge con ricorso per cassazione la contribuente, che si affida a quattro motivi di ricorso, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 14 e 29 d.lgs. n. 546/92, 101 c.p.c. e 111, co. 2, Cost. in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. nonché
la mancata sospensione del processo. Afferma l’illegittimità della sentenza nella parte in cui la CTR avrebbe ritenuto inapplicabile alla fattispecie in esame il disposto di cui all’art. 5 TUIR laddove impone il rispetto del contraddittorio processuale (necessario) tra società e soci di società di persone: secondo il Collegio d’appello, trattandosi di società di capitali, il suddetto principio non poteva trovare applicazione. Denunzia poi l’omessa sospensione del giudizio avviato contro la socia in attesa della definizione di quello relativo alla società.
Il motivo non può essere accolto per quanto di ragione.
2.1 E’ principio pacifico di questa Corte quello per cui «l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù del vincolo di partecipazione a ristretta base nonché dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che sebbene non ricorra, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, il giudice dell’accertamento relativo al maggior reddito accertato in capo al socio sospende il giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., o, laddove ne ricorrano i presupposti (accertamento della società divenuto definitivo) ex art. 337, secondo comma, cod. proc (Sez. 5, 31/01/2011, n. 2214; Sez. 6-5, 07/03/2016, n. 4485; Sez. 6-5, 29/08/2017, n. 20507).» (cfr. Cass., V, n. 5866/2022).
2.2 Nella fattispecie in esame la questione della trattazione congiunta RAGIONE_SOCIALE due posizioni (socio e società) era stata portata all’attenzione del Collegio di riforma, che sul punto si è però pronunciata in modo difforme dai principi stabiliti da questa Corte. Non di meno, il giudizio avverso l’avviso di accertamento a carico della RAGIONE_SOCIALE si è già concluso nel 2017 con ordinanza di questa Corte n.12831/ 2017 che ha rigettato il ricorso della società.
Ciò posto, il primo motivo, è inammissibile perché qualora invochi la mancata applicazione della sospensione deve manifestare l’attualità dell’interesse che qui è smentito dall’avvenuta definizione del contenzioso con la società. Ed infatti, a sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicché, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (cfr. Cass. VI, n. 26716/2019).
Il motivo, pertanto, non può essere accolto.
Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
3.1 In sostanza afferma che la CTR non si sarebbe pronunciata sulla questione ad essa sottoposta ed avente ad oggetto la circostanza che i versamenti di cui trattasi sarebbero stati effettuali nei mesi di gennaio-febbraio 2007 e dicembre 2007, sicché essi non potevano ricondursi ai corrispettivi incassati nel periodo di esercizio giugno-settembre 2007.
Con la terza doglianza la contribuente denunzia l’illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, sotto più profili, degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
4.1 In sostanza muove una censura di triplice contenuto affermando, in primo luogo , che la CTR avrebbe illegittimamente operato laddove ha ritenuto la presunzione di cui all’art. 32 citato quale motivazione idonea e sufficiente a palesare le ragioni sottese alla ripresa a tassazione, senza indicare la modalità accertativa prescelta tra quelle di cui agli artt. 38, 39, 40 e 41 d.P.R. n. 600/1973. Denunzia poi, in secondo luogo, la violazione dell’art. 2727 c.c. in quanto la decisione della CTR, secondo cui la contribuente non avrebbe fornito adeguata prova contraria sarebbe errata proprio per malgoverno dei principi di riparto dell’onere della prova, giacché il recupero sarebbe fondato non tanto sui versamenti ingiustificati quanto sulla disponibilità di somme e sulla loro provenienza. Afferma di aver giustificato i predetti movimenti ancora in sede amministrativa mediante la produzione della propria contabilità ordinaria, da cui emergeva che trattavasi di apporto infruttifero del socio in aumento capitale sociale. Soggiunge che nel caso in commento non opererebbe la presunzione relativa di cui all’art. 32 citato perché il versamento sarebbe motivato un prelevamento derivante da conti correnti intestati a soggetti terzi, come tali estranei all’accertamento. In terzo luogo, lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per esserci la CTR acriticamente allineata alle difese dell’Ufficio, tralasciando le prove documentali contrarie offerte dalla contribuente, ivi compresa una scrittura privata avente data certa (per esservi ivi apposto un timbro postale) con cui il nonno paterno si obbligava a prestare alla nipote euro 400.000,00 per il pagamento del materiale e dell’arredo necessario.
5. I motivi secondo e terzo sono inammissibili in quanto inerenti al l’attività della società , oggetto dell’accertamento a quella riferito, dedotto nel giudizio conclusosi con la prefata ordinanza di questa Corte n. 12831/2017. Si tratta quindi di profili già definiti con gli effetti di irretrattabilità e non ripetizione propri del giudicato.
C on l’ultima censura la parte ricorrente chiede a questa Corte di rimodulare la condanna alle spese stabilita dalla CTR a seguito RAGIONE_SOCIALE decisioni assunte all’esito del presente grado di legittimità.
6.1 Il motivo va disatteso ricordando che «in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito RAGIONE_SOCIALE varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell ‘ipotesi di concorso con altri giusti motivi.» (Cfr. Cass., II, n. 37825/2022).
In conclusione il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte contribuente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità a favore dell’RAGIONE_SOCIALE che liquida in € . cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
principale a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024.