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Utili extrabilancio: il socio paga per la società

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21268/2024, ha rigettato il ricorso di un socio di una S.r.l. a ristretta base, al quale erano stati notificati avvisi di accertamento per maggiori imposte su utili extrabilancio. La Corte ha confermato la legittimità della presunzione di distribuzione di tali utili ai soci, chiarendo che spetta a questi ultimi fornire la prova contraria. Sono stati inoltre respinti i motivi procedurali relativi alla mancata notifica del PVC e alla violazione del contraddittorio, poiché la verifica era stata condotta presso la società e non direttamente presso il socio.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili Extrabilancio e Società Ristretta: la Cassazione Conferma la Responsabilità del Socio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21268 del 30 luglio 2024, torna ad affrontare un tema di grande rilevanza nel diritto tributario: la tassazione degli utili extrabilancio in capo ai soci di società a ristretta base partecipativa. La decisione ribadisce principi consolidati, chiarendo la portata della presunzione di distribuzione dei profitti non dichiarati e i limiti dei diritti difensivi del socio quando la verifica fiscale riguarda la società partecipata. Questo pronunciamento offre spunti fondamentali per comprendere gli oneri e le responsabilità che gravano sui soci in questi contesti.

I Fatti del Caso: L’Accertamento Fiscale al Socio

Il caso ha origine dall’impugnazione, da parte di un contribuente, di alcuni avvisi di accertamento per il recupero di maggiore IRPEF relativa agli anni d’imposta dal 2008 al 2012. Il contribuente era socio al 50% di una società a responsabilità limitata, la quale era stata oggetto di una verifica fiscale che aveva portato all’accertamento di una frode IVA e, di conseguenza, di redditi non dichiarati, ovvero utili extrabilancio.

L’Agenzia delle Entrate, sulla base del principio della ristretta base partecipativa, aveva presunto che tali utili non contabilizzati fossero stati distribuiti al socio, procedendo quindi a tassarli come redditi da capitale in capo a quest’ultimo. La società, nel frattempo dichiarata fallita, non aveva impugnato l’accertamento a suo carico, rendendolo definitivo. Il socio, invece, contestava la pretesa fiscale sollevando diverse eccezioni, tra cui la mancata notifica del Processo Verbale di Constatazione (PVC) a suo nome, la violazione del diritto al contraddittorio e l’incompetenza dell’ufficio che aveva condotto la verifica.

La Decisione della Corte di Cassazione

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le ragioni del contribuente. Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso è stato nuovamente rigettato. Gli Ermellini hanno dichiarato inammissibili o infondati tutti i motivi di ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria e la solidità dei principi giurisprudenziali applicati.

Le Motivazioni: Analisi dei Principi Giuridici

La sentenza si fonda su un’analisi rigorosa di diversi principi cardine del diritto tributario, offrendo chiarimenti importanti.

La Presunzione di Distribuzione degli Utili Extrabilancio

Il cuore della controversia risiede nella presunzione secondo cui, nelle società di capitali a ristretta base sociale, gli utili extrabilancio accertati si considerano distribuiti ai soci. La Corte ha ribadito che questa presunzione è pienamente legittima e si fonda sul presupposto che in tali contesti societari, il controllo dei soci sulla gestione è così stretto da rendere probabile che ogni profitto non dichiarato venga loro attribuito. L’accertamento definitivo a carico della società costituisce il presupposto indefettibile per applicare tale presunzione al socio. Di conseguenza, l’onere della prova si inverte: non è il Fisco a dover dimostrare l’avvenuta distribuzione, ma è il socio a dover provare che tali utili sono stati accantonati, reinvestiti nella società o non sono mai stati percepiti.

Diritto al Contraddittorio: Limiti e Applicabilità

Il ricorrente lamentava la violazione del contraddittorio preventivo, garantito dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente. La Cassazione ha chiarito che tale garanzia, che prevede un termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’emissione dell’atto, si applica solo al soggetto nei cui confronti è stata eseguita una verifica fiscale presso i suoi locali. Nel caso di specie, l’accesso e la verifica erano avvenuti presso la sede della società partecipata, non presso il domicilio del socio. Pertanto, il PVC redatto nei confronti della società è stato utilizzato come mero elemento istruttorio per l’accertamento nei confronti del socio, senza che ciò comportasse l’obbligo di attivare il contraddittorio preventivo nei suoi riguardi.

La Questione della Notifica del PVC e della Competenza

Il motivo relativo alla mancata allegazione del PVC all’avviso di accertamento è stato dichiarato inammissibile. I giudici di merito avevano accertato, in fatto, che il PVC era stato messo a disposizione del contribuente in formato digitale (su un DVD), rendendo la censura un tentativo non consentito di riesaminare il merito della vicenda. Anche il motivo sull’incompetenza dell’Ufficio Antifrode regionale è stato respinto, poiché la Corte ha confermato la piena legittimità di tali uffici a svolgere attività ispettive, i cui risultati possono essere legittimamente utilizzati dagli uffici provinciali per emettere gli atti impositivi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Soci

La sentenza n. 21268/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale di grande impatto per i soci di società a ristretta base partecipativa. Emerge chiaramente che la responsabilità fiscale del socio è strettamente collegata a quella della società. Un accertamento di utili extrabilancio a carico dell’ente, se non impugnato e divenuto definitivo, si ripercuote quasi automaticamente sui soci. Per difendersi, il socio deve essere in grado di fornire una prova rigorosa e documentata della mancata percezione di tali profitti, un onere spesso difficile da assolvere. La decisione sottolinea inoltre che le garanzie procedurali, come il contraddittorio, hanno un’applicazione specifica e non si estendono indiscriminatamente a tutti i soggetti coinvolti a vario titolo in una verifica fiscale.

In una società a ristretta base, gli utili extrabilancio accertati alla società si presumono distribuiti ai soci?
Sì. La giurisprudenza consolidata, confermata da questa sentenza, stabilisce che la validità dell’avviso di accertamento per ricavi non contabilizzati emesso a carico di una società di capitali a ristretta base partecipativa è presupposto sufficiente per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati.

Il socio ha diritto al contraddittorio preventivo se la verifica fiscale è avvenuta solo presso la società partecipata?
No. La Corte ha chiarito che il termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 opera solo nei confronti del contribuente che è stato oggetto di una verifica presso i propri locali. Se la verifica è stata condotta solo presso la società, il socio non ha diritto a tale garanzia procedurale, anche se l’accertamento nei suoi confronti si basa sui risultati di quella verifica.

Il socio può contestare un accertamento sostenendo di non aver ricevuto il Processo Verbale di Constatazione (PVC) notificato alla società?
È difficile. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo perché il giudice di merito aveva accertato in fatto che il PVC era stato comunque messo a disposizione del contribuente (allegato in formato digitale). In generale, se l’amministrazione prova di aver reso conoscibile l’atto presupposto, la censura del contribuente viene respinta. Spetta al socio dimostrare che, nonostante ciò, il suo diritto di difesa è stato compromesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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