Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16115 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16115 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF 2007.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27496/2017 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 2054/37/2017, depositata l’11 aprile 2017 ; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale II di Roma notificava a COGNOME NOME avviso di accertamento n. TK501P308011/2012, con il quale rettificava, nei confronti del predetto contribuente, il reddito ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2007.
Tale accertamento si fondava sul maggior reddito d’impresa accertato, per la predetta annualità, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, del quale il contribuente deteneva l’80% delle quote sociali (unitamente al 20% del fratello NOME), e quindi in applicazione della presunzione di ripartizione degli utili extra-contabili nelle società a ristretta base partecipativa.
Avverso tale avviso di accertamento NOME proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale, con sentenza n. 10239/26/2015, depositata il 12 maggio 2015, ritenendo l’avviso di accertamento societario non correttamente notificato, lo accoglieva, annullando l’atto impugnato e condannando l’Ufficio alla rifusione delle spese di lite.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate , la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 2054/37/2017, pronunciata il 27 giugno 2016 e depositata in segreteria l’11 aprile 2017 , accoglieva l’appello, rigettando il ricorso originario e condannando il contribuente al pagamento delle spese di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME sulla base di cinque motivi (ricorso notificato il 15 novembre 2017).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Con decreto del 2 dicembre 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione l’adunanza in camera di consiglio del 19 febbraio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso COGNOME NOME eccepisce violazio ne e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice di rito.
Rileva, in particolare, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., la notificazione dell’avviso di accertamento societario (presupposto di quello impugnato) era da considerare inesistente, in quanto il soggetto identificato come amministratore sia nell’atto che nella relazione di notificazione era decaduto da ogni carica amministrativa.
1.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e 5), c.p.c.
Deduce, in particolare, il ricorrente che la Corte regionale aveva omesso di pronunciarsi sulla censura relativa alla mancata allegazione, all’avviso di accertamento impugnato, dell’atto prodromico presupposto, il che rendeva privo di motivazione l’atto emesso nei confronti del socio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso il COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., nonché dell’art. 39,
comma 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 53 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, il ricorrente che la non definitività dell’avviso di accertamento societario, e la contestazione in ordine all’esito della notifica, determinava la totale assenza di motivazione dell’atto emesso nei confronti del socio, stante anc he l’inesistenza dell’atto alla base del ragionamento presuntivo.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso vengono eccepite violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 59 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, il ricorrente che i redditi extracontabili percepiti dalla società erano stati imputati pro-quota al socio, senza tenere conto di quanto previsto dall’art. 59 d.P.R. n. 917/1986, secondo il quale gli utili relativi alla partecipazione al capitale di una società concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 40% del loro ammontare.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, infine, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 60, comma 1, lett. a ), d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e degli artt. 3 e 4 della l. 20 novembre 1982, n. 890, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, che, con censura formulata in sede di appello, egli aveva lamentato l’inesistenza dell’atto tributario, perché sottoscritto da soggetto non facoltizzato, in particolare da funzionario decaduto, a seguito della sentenza della Corte cost. 17 marzo 2015, n. 37.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo è infondato.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere ritenuto validamente effettuata la notifica dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2012, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e che costituiva in presupposto logicogiuridico dell’accertamen to emesso nei confronti del socio, impugnato nel presente giudizio.
Sul punto, va evidenziato che l’avviso di accertamento è stato notificato presso la sede della società, in Genzano di Roma INDIRIZZO l’atto veniva ritirato da tale NOME COGNOME che si qualificava come ‘collaboratore’.
Orbene, va innanzitutto rilevato che l’obbligo di notificazione degli atti tributari (nella specie, dell’avviso di accertamento) presso il domicilio fiscale ex art. 60, comma 1, lett. c) , del d.P.R. n. 600/1973 non esclude la possibilità, prevista dall’art. 145, comma 1, c.p.c., di eseguire la notificazione alle persone giuridiche, sia presso la loro sede, che direttamente alla persona fisica che le rappresenta (purché ne siano indicati nell’atto la qualità, nonché la residenza, il domicilio o la dimora abituale) (Cass. 10 novembre 2020, n. 25137).
Nella fattispecie in esame, indipendentemente dalla presenza o meno, al momento della notificazione, del legale rappresentante della società, la notificazione dell’atto è quindi avvenuta presso la sede sociale, a mani di un soggetto che si è qualificato comunque legato alla persona giuridica da un particolare rapporto o collegamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, «l’articolo 145 c.p.c., in vigore dal 1° marzo 2006, dispone al primo comma che la notificazione alle persone giuridiche, ed a società non aventi personalità giuridica, si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa, a prescindere dalla menzione del nominativo del legale rappresentante. Solo in via alternativa, e qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale, il secondo periodo del primo comma dell’art. 145 cod. proc. civ. prevede che la notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente» (Cass. 4 maggio 2023, n. 11643). Da ciò consegue, pertanto, che, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica, ove la stessa sia effettuata presso la sede legale o quella effettiva, è sufficiente che il consegnatario si trovi in quel luogo non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto, che non deve necessariamente essere di prestazione lavorativa, ma può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti che la consegna dell’atto ha avuto luogo a mani di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove l’ente, per vincere la presunzione
in esame, ha l’onere di provare che il consegnatario oltre a non essere un suo dipendente, non era neppure addetto alla sede, per non avere ricevuto incarico alcuno.
In mancanza, quindi, della prova dell’assenza di un qualsivoglia collegamento tra il consegnatario dell’atto e la società, correttamente la C.T.R. ha ritenuto valida la notificazione dell’avviso di accertamento presupposto dell’atto impugnato nel presente giudizio.
2.2. Anche il secondo motivo è infondato.
Il ricorrente deduce di avere eccepito sin dal primo grado il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, per mancata allegazione ad esso dell’atto presupposto emesso nei confronti della società.
Va osservato, tuttavia, che l’accertamento societario era stato allegato a quello del Morra, come risulta da pag. 3, secondo periodo, dell’avviso di accertamento impugnato, in cui si dà atto che l’avviso di accertamento n. TK7031304402/2012 era allegato all’atto notificato al socio.
In ogni caso, in assenza di trascrizione dell’atto impugnato, non è possibile verificare il contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento, e quindi valutare se esso riproducesse il contenuto essenziale dell’avviso di accertamento societario presupposto: sotto questo profilo, dunque, il motivo deve ritenersi inammissibile.
2.3. Il terzo motivo è anch’esso infondato .
Per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova
di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo (Cass. 19 dicembre 2019, n. 33976).
Ai fini dell’emissione dell’avviso di accertamento nei confronti dei soci per distribuzione di utili extra-contabili in società a ristretta base partecipativa, dunque, non è necessario che l’avviso di accertamento presupposto emesso nei confronti della società sia divenuto definitivo (per mancata impugnazione nei termini, ovvero per rigetto del relativo ricorso), ma è sufficiente che esso sia emesso dall’Ufficio .
2.4. Il quarto motivo è pure infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’imposizione degli utili extra-contabili accertati in capo alla società e successivamente imputati al socio non deve essere limitata al 40%, come previsto dall’art. 59 d.P.R. n. 917/1986, ma deve essere considerata nella misura intera in quanto, essendo conseguiti “in nero” e non essendo mai pervenuti nella contabilità societaria, non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è stata, non avendoli la società mai dichiarati. (Cass. 2 aprile 2021, n. 9137; Cass. 19 novembre 2020, n. 26317).
2.5. Il quinto motivo è , infine, anch’esso infondato.
Invero, in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600/1973, gli avvisi di
accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, per il quale non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012 (cfr. Cass. 26 febbraio 2020, n. 5177; Cass. 9 novembre 2015, n. 22810).
Parte ricorrente sostiene che la C.T.R. avrebbe dovuto inquadrare la censura in esame come inesistenza della notificazione dell’atto, in quanto eseguita da messo speciale privo di poteri, in quanto la nomina del messo speciale dell’Agenzia delle Entrate, effettuato dal Capo dell’Ufficio sprovvisto di nomina per pubblico concorso, era comunque invalida, e quindi il ‘messo speciale’ così nominato non avrebbe mai assunto alcuna qualifica idonea a far assumere valore certificatorio, con conseguente inesistenza della notifica.
Sotto questo profilo, il motivo è, tuttavia, del tutto inammissibile, in quanto proposto per la prima volta in sede di legittimità, non risultando tale questione sollevata nei precedenti gradi di giudizio.
Il ricorso deve dunque essere integralmente rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare COGNOME NOME tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se
dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME NOME alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 5.600,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per dichiarare NOME tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025.