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Utili extra-contabili: la Cassazione sul socio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 640/2025, ha chiarito che l’accertamento fiscale nei confronti di un socio per la presunta distribuzione di utili extra-contabili è legittimo anche se il giudizio promosso dalla società contro l’accertamento presupposto si è estinto. Secondo la Corte, l’estinzione del processo per inattività delle parti rende definitivo l’atto impositivo nei confronti della società, non lo invalida. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria può procedere a tassare il socio sulla base della presunzione che tali utili siano stati distribuiti.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili extra-contabili: l’estinzione del giudizio societario non salva il socio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 640 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di accertamento fiscale: la tassazione degli utili extra-contabili in capo ai soci di società a ristretta base. La pronuncia chiarisce le conseguenze dell’estinzione del giudizio promosso dalla società sull’accertamento notificato al singolo socio, stabilendo un principio di notevole importanza pratica.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una socia di una S.r.l., ritenuta a ristretta base azionaria. L’Amministrazione Finanziaria contestava un maggior reddito di capitale per l’anno d’imposta 2006, basandosi sulla presunzione di distribuzione di utili extra-contabili che erano stati precedentemente accertati in capo alla società partecipata.

La società aveva impugnato il proprio avviso di accertamento, ma il relativo giudizio si era estinto per mancata riassunzione a seguito del fallimento della stessa. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano accolto le ragioni della socia, ritenendo che l’estinzione del giudizio societario avesse fatto venir meno l’atto presupposto (l’accertamento verso la società), rendendo illegittima la pretesa fiscale nei confronti della socia. Secondo i giudici di merito, in assenza di una decisione definitiva sull’esistenza degli utili occulti, l’Ufficio non aveva titolo per attribuirli ai soci.

I motivi del ricorso e la gestione degli utili extra-contabili

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione affidandosi a due motivi principali.

Con il primo motivo, ha sostenuto che i giudici di merito avessero errato nel considerare venuto meno l’accertamento societario. Al contrario, l’estinzione del giudizio per inattività delle parti non annulla l’atto impositivo, ma lo rende definitivo.

Con il secondo motivo, l’Agenzia ha lamentato la violazione delle norme sulle presunzioni, sostenendo che la sentenza impugnata avesse erroneamente escluso la possibilità di attribuire gli utili occulti ai soci sulla base di semplici presunzioni, come invece ammesso dalla giurisprudenza consolidata per le società a ristretta base.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo e inammissibile il secondo.

Relativamente al primo punto, i giudici di legittimità hanno ribaltato la conclusione dei giudici di merito. La Corte ha chiarito che, secondo un orientamento consolidato, l’estinzione del giudizio tributario relativo all’atto impositivo presupposto (l’accertamento societario) non ne determina l’annullamento o l’inefficacia. Piuttosto, la mancata prosecuzione del processo fa sì che l’atto impositivo diventi definitivo, cristallizzando la pretesa erariale.

La Corte distingue nettamente tra l’annullamento dell’avviso societario con sentenza passata in giudicato per vizi di merito (che travolgerebbe anche l’accertamento al socio) e l’annullamento per vizi procedurali o, come nel caso di specie, l’estinzione del giudizio. Quest’ultima, non contenendo una pronuncia che revochi in dubbio il merito della pretesa, non pregiudica l’accertamento nei confronti dei soci.

Il secondo motivo è stato invece dichiarato inammissibile perché non coglieva la ratio decidendi della sentenza d’appello. La decisione dei giudici di merito, infatti, non si basava sul negare in astratto la validità della presunzione di distribuzione degli utili, ma unicamente sulla ritenuta insussistenza dell’atto presupposto a causa dell’estinzione del giudizio societario. Mancando una critica a questa specifica argomentazione, il motivo d’appello è risultato inefficace.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il principio stabilito è chiaro: l’estinzione del giudizio tributario avviato dalla società non impedisce al Fisco di procedere con l’accertamento verso i soci per la distribuzione di utili extra-contabili. L’atto impositivo notificato alla società, se non annullato nel merito, diventa definitivo e costituisce un valido presupposto per l’azione accertatrice nei confronti dei soci.

Cosa succede all’avviso di accertamento di una società se il giudizio di impugnazione si estingue?
Secondo la Corte di Cassazione, se il giudizio si estingue per motivi procedurali come l’inattività delle parti, l’avviso di accertamento non viene annullato ma, al contrario, diventa definitivo.

L’estinzione del giudizio della società blocca l’accertamento fiscale verso il socio per utili extra-contabili?
No. La Corte ha stabilito che l’estinzione del giudizio societario non pregiudica la legittimità dell’accertamento nei confronti del socio, poiché l’atto impositivo verso la società è da considerarsi definitivo e non è intervenuta una pronuncia di merito che ne contesti la fondatezza.

È sempre necessaria una decisione definitiva sull’accertamento della società prima di poter tassare il socio?
No, non nel senso inteso dai giudici di merito. L’assenza di una sentenza passata in giudicato non impedisce l’accertamento al socio se il giudizio presupposto si è estinto. L’estinzione stessa, rendendo definitivo l’atto, fornisce il presupposto per procedere contro il socio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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