Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25559 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
Oggetto: società a ristretta base – utili extra bilancio per maggiori ricavi derivanti da costi ritenuti indeducibili
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24290/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
COGNOME COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia -sez. staccata di Foggia, depositata il 25 marzo 2016, n. 745/2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
L’ A genzia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificava alla ‘RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale rideterminava il reddito di impresa relativamente all’anno di imposta 2006, disconoscendo tutti i costi sostenuti nell’anno in questione per la mancata esibizione della relativa documentazione contabile. Notificava, quindi, a COGNOME NOME avviso di accertamento con il quale gli imputava, in base alla quota sottoscritta pari al 98% del capitale della società RAGIONE_SOCIALE, un maggior reddito di capitale per euro 252.447,39, recuperando la relativa imposta Irpef oltre addizionali, sanzioni ed interessi.
COGNOME NOME impugnava i citati atti impositivi, in proprio e in qualità di legale rappresentante della società.
Quanto all’avviso di accertamento notificato alla società, deduceva che, a seguito della chiusura dell’attività intervenuta nell’agosto del 2008, gran parte della documentazione era andata smarrita.
Quanto all’avviso di accertamento a lui notificato in proprio, deduceva l’inefficacia della presunzione di distribuzione degli utili.
I ricorsi venivano rigettati dalla CTP, con sentenza che veniva impugnata da COGNOME NOME, in qualità di socio.
La CTR, rilevato in via preliminare che la sentenza era stata impugnata dal contribuente unicamente con riferimento all’avviso di accertamento a lui notificato in qualità di socio, osservava che i giudici di primo grado avevano rigettato il ricorso proposto dal contribuente sul solo presupposto della definitività del maggior reddito accertato in capo alla società.
Sulla base di tale rilievo, accoglieva il ricorso, ritenendo fondata l’eccezione relativa alla presunzione di distribuzione di utili extra bilancio ai soci, in quanto il maggior reddito societario non era scaturito dall’accertamento di maggiori ricavi non contabilizzati, quanto piuttosto dal recupero di tutti i costi ritenuti fiscalmente indeducibili a causa della mancata esibizione della documentazione contabile.
Riteneva quindi che il maggior utile di impresa fosse solo apparente, in quanto, a fronte di ricavi dichiarati, gli esborsi erano da
considerare effettivamente sostenuti, seppure non documentati, sicché non avrebbe potuto trovare applicazione la doppia presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio per insussistenza di questi ultimi.
Contro questa decisione, l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c.
Secondo la ricorrente, che trascrive il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado proposto dal contribuente, l’eccezione di inoperatività della presunzione di distribuzione di utili societari nel caso di accertamento di indeducibilità e non di inesistenza dei costi non era stata formulata nel ricorso introduttivo del giudizio, essendosi il contribuente limitato: dapprima a contestare le modalità di determinazione dei costi considerati indeducibili, calcolati in una percentuale pari al 71% applicata non sui ricavi di vendita, ma su tutti i componenti positivi dei redditi, comprensivi anche del valore RAGIONE_SOCIALE rimanenze, RAGIONE_SOCIALE sopravvenienze attive e dei proventi finanziari; successivamente a contestare la doppia presunzione posta a base dell’accertamento, dapprima determinando il maggior reddito in capo alla società definendo i costi in percentuale rispetto ai ricavi e poi presumendo la distribuzione del maggior reddito così determinato in favore dei soci; infine a tentare di ricostruire in parte la documentazione giustificativa dei costi dedotti, per determinare il risultato di esercizio relativo all’anno 2006.
La CTR, dunque, avrebbe illegittimamente ampliato il thema decidendum rispetto a quello fissato dal contribuente con il ricorso in primo grado, decidendo su una domanda nuova e diversa rispetto a quella proposta innanzi alla CTP.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR e dell’art. 39 del dPR n. 600 del 1973.
Secondo la ricorrente, avrebbe errato la CTR nel ritenere che, in presenza di costi (non inesistenti, ma) indeducibili, non vi sarebbe stato un maggiore utile di impresa che potesse essere oggetto di una presuntiva distribuzione ai soci di una società a ristretta base.
Per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, anche la mancata dimostrazione dell’inerenza dei costi sopportati dalla società, che pacificamente non aveva suffragato le spese esposte in dichiarazione con idonea documentazione, inciderebbe sulla determinazione dell’utile d’impresa, in quanto, non potendo tali costi essere dedotti dal reddito, essi determinerebbero maggiori ricavi e, dunque, maggiori utili, essendo intesi questi ultimi come la differenza tra ricavi e costi. 3. Il primo motivo non è fondato.
Nonostante il linguaggio non propriamente tecnico utilizzato in ricorso, è evidente che il contribuente, sin dal primo grado di giudizio -a fronte della chiara contestazione di maggiori utili societari derivanti dall’indeducibilità di costi non adeguatamente documentati -ha inteso difendersi proprio su tale presupposto impositivo, contestando, in relazione a tale fattispecie, l’operatività del sistema di presunzioni di distribuzione ai soci dei maggiori utili così accertati, in ragione della ristretta base partecipativa caratterizzante la
struttura societaria.
Fondato è, viceversa, il secondo motivo.
Di recente (Sez. 5, Ordinanza n. 10679 del 04/04/2022, rv. 66433601), questa Corte ha chiarito che anche l’indeducibilità di costi effettivamente sostenuti comporta un inevitabile incremento dell’imponibile e genera un maggior utile, non contabilizzato, a l quale non può che applicarsi la presunzione di distribuzione degli utili, in virtù della ristretta compagine sociale.
A tal fine si è richiamato il principio di diritto, già enunciato da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 1906 del 29/01/2008, rv. 601873-01),
secondo cui «il reddito imponibile di una società di capitali aumenta del valore dei costi fittizi e corrisponde a ricavi extrabilancio», salva ovviamente la prova contraria da parte del socio, che, nel caso di specie, non risulta essere stata offerta.
In particolare, si è detto, i costi costituiscono un elemento rilevante ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sicché quando essi siano «fittizi» o «indeducibili», scatta la presunzione che il medesimo è maggiore di quanto dichiarato o indicato in bilancio, con la conseguenza che non può riscontrarsi alcuna differenza tra la percezione di maggiori ricavi e l’indeducibilità o inesistenza di costi.
6. Tale principio trova sicura applicazione nelle società a ristretta base partecipativa quando la società abbia indicato in bilancio dei costi inesistenti, quindi indeducibili perché non documentati. In tale ipotesi, infatti, i costi non sono stati in alcun modo sostenuti dalla società, sicché il reddito di impresa effettivo conseguito nel corso con l’aggiunta però dei costi inesistenti. Tale reddito maggiorato, quindi, si presume sia dell’esercizio è costituito da quello dichiarato , stato distribuito nel corso del medesimo esercizio ai soci.
7. Tuttavia, ad analoga conclusione deve pervenirsi nel caso in cui il costo è indeducibile, per le più variegate ragioni, ma è stato effettivamente sostenuto, con somme erogate in concreto dalla società. Anche in tali casi, infatti, la società matura un reddito di impresa di importo maggiore a quello dichiarato, con presunzione di distribuzione RAGIONE_SOCIALE stesso ai soci in proporzione della quota posseduta. In tali ipotesi, infatti, la società eroga tutte le somme presenti nel passivo del conto economico tra i costi, ma si tratta di costi indeducibili che vanno ad alterare il conto economico, che, una volta emendato da tale errore, comporta inevitabilmente ricavi maggiori e, quindi, un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato. Anche in questo caso si genera un maggiore reddito che si presume distribuito ai soci RAGIONE_SOCIALE società a ristretta partecipazione.
Anche di recente, questa Corte, affrontando la questione, ha ribadito (Cass., sez. 5, 24 luglio 2020, n. 15895) che «i costi, come i maggiori
ricavi non dichiarati, possano essere assunti nella determinazione del quantum degli utili extracontabili presunto come distribuiti tra i soci della società a ristretta base partecipativa». E, ancora, che anche i costi non deducibili portano ad un aumento del reddito di impresa e ad una conseguente distribuzione dei maggiori utili tra i soci di società a ristretta partecipazione (Cass., sez. 6-5, 18/02/2020, n. 3980; Cass., sez. 5, 2/02/2021, n. 2224).
8. Non sussistendo ragioni per discostarsi da tale orientamento giurisprudenziale, deve anche in questa sede confermarsi che i costi indeducibili, quale che sia la ragione di tale indeducibilità, non possono essere considerati nel passivo del conto economico del bilancio, che, per il principio di derivazione di cui all’art. 83 d.P.R. 917/1986, è alla base del bilancio fiscale. Cosicché, eliminate le poste indeducibili dal passivo del conto economico, ne scaturisce, a parità dei ricavi già contabilizzati, un aumento del reddito di impresa e maggiori imposte a carico della società e, quindi, se a ristretta base, anche dei soci, in virtù della presunzione di distribuzione tra gli stessi.
Infatti va ribadito che, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente -che nella specie non risulta essersene avvalso – di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., Sez. 5, sentenza n. 27778 del 22/11/2017, rv. 646282-01; Cass., Sez. 5, sentenza n. 19409 del 15/7/2024; Cass., Sez. 5, sentenza n. 19357 del 15/7/2024).
Tale meccanismo probatorio non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla
sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass., Sez. 6-5, ordinanza n. 1947 del 24/01/2019, rv. 652391-01).
La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei superiori principi.
Rigettato il primo motivo, accolto il secondo, la sentenza va quindi cassata con rinvio al giudice d’appello che, in diversa composizione, rinnoverà il giudizio nei limiti innanzi indicati, attenendosi al principio enunciato.
PQM
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sez. staccata di Foggia, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, il 18 settembre 2024.