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Utili extra bilancio: la presunzione per le società

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un socio di una società a ristretta base partecipativa a cui erano stati imputati utili extra bilancio accertati in capo alla società. A seguito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto alcuni costi, recuperando a tassazione maggiori utili sia per la società che, pro quota, per il socio. Il socio ha impugnato l’atto, contestando sia l’accertamento societario sia la presunzione di distribuzione. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità della presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio in tali società. Ha inoltre stabilito che il socio non può rimettere in discussione l’accertamento societario una volta che questo è divenuto definitivo.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Utili extra bilancio in Società Ristrette: La Cassazione Conferma la Presunzione di Distribuzione ai Soci

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto tributario italiano: nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, gli utili extra bilancio accertati si presumono distribuiti ai soci. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione per amministratori e soci di piccole e medie imprese, evidenziando i rischi connessi a una gestione contabile non trasparente e le difficoltà nel superare tale presunzione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di una società a responsabilità limitata. A seguito del controllo, l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento sia verso la società che verso i singoli soci. L’Amministrazione Finanziaria aveva disconosciuto una serie di costi, considerandoli relativi a operazioni inesistenti o non inerenti all’attività d’impresa. Questo aveva portato alla determinazione di maggiori utili non dichiarati.

In applicazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’Agenzia imputava tali utili pro quota direttamente ai soci, presumendone l’avvenuta distribuzione. Uno dei soci decideva di impugnare l’avviso di accertamento ricevuto, contestando sia la legittimità della ripresa fiscale effettuata nei confronti della società, sia l’operatività della presunzione di distribuzione a suo carico.

I Limiti all’Impugnazione del Socio e la validità della presunzione sugli utili extra bilancio

Il ricorrente, nel suo ricorso in Cassazione, sollevava diverse questioni. In primo luogo, lamentava vizi procedurali e di merito relativi all’accertamento originario notificato alla società. In secondo luogo, contestava la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, sostenendo che l’Ufficio non avesse fornito prove concrete dell’effettiva percezione delle somme. A suo dire, mancava un atto impositivo definitivo nei confronti della società, il quale costituiva un presupposto indispensabile per l’accertamento nei suoi confronti.

La Corte ha ritenuto i primi motivi inammissibili, chiarendo un punto cruciale: il socio di una società a ristretta base partecipativa non può rimettere in discussione nel merito un accertamento notificato alla società, se quest’ultimo è divenuto definitivo. Nel caso di specie, la società aveva impugnato l’atto, ma le sue ragioni erano state respinte nei primi due gradi di giudizio, e la sentenza non era stata oggetto di ricorso per cassazione da parte della società stessa. Di conseguenza, l’accertamento societario era da considerarsi definitivo, impedendo al socio di sollevare le medesime doglianze in un giudizio separato.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, basando la sua decisione su principi giuridici consolidati. I giudici hanno confermato la piena legittimità della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra bilancio accertati in capo a società di capitali a ristretta base partecipativa. Questa presunzione si fonda sulla considerazione che, in tali contesti, il numero esiguo di soci implica un forte legame e un controllo reciproco sulla gestione, rendendo altamente probabile che i soci siano a conoscenza e beneficiari di eventuali profitti non contabilizzati.

La Corte ha specificato che il ‘fatto noto’ da cui scaturisce la presunzione non è l’accertamento induttivo dei maggiori ricavi, ma la ‘ristrettezza dell’assetto societario’. Questo evita una ‘presunzione di secondo grado’, vietata dalla legge. Una volta che la presunzione opera, spetta al socio fornire la prova contraria. Il socio deve dimostrare, in modo concreto, che i maggiori utili non sono stati distribuiti, ma sono stati accantonati, reinvestiti nell’attività aziendale o che egli era estraneo alla gestione sociale. Nel caso specifico, il ricorrente non ha fornito alcuna prova in tal senso.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi secondo cui fosse necessaria la definitività dell’accertamento societario prima di poter procedere contro il socio. Poiché i due giudizi (quello della società e quello del socio) erano stati riuniti e decisi contestualmente, non vi era necessità di sospendere il procedimento relativo al socio in attesa del passaggio in giudicato della decisione sulla società.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di grande rilevanza pratica per le PMI a struttura societaria ristretta. La presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio rappresenta uno strumento efficace per l’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Per i soci, ciò comporta un’inversione dell’onere della prova: non è il Fisco a dover dimostrare l’incasso, ma il contribuente a dover provare il contrario. Questa pronuncia sottolinea l’importanza cruciale di una contabilità trasparente e della capacità di documentare in modo inequivocabile il reimpiego di tutti i profitti aziendali. In assenza di prove solide, il rischio di vedersi imputare personalmente i redditi non dichiarati dalla società è estremamente elevato.

In una società a ristretta base partecipativa, gli utili non dichiarati si presumono automaticamente distribuiti ai soci?
Sì, secondo un orientamento consolidato confermato da questa sentenza. La ristrettezza della compagine sociale costituisce il fatto noto da cui deriva la presunzione che gli utili extracontabili accertati siano stati distribuiti ai soci. Spetta poi al socio fornire la prova contraria.

Un socio può contestare l’accertamento fiscale fatto alla società quando riceve un avviso per la sua quota di utili presunti?
No, se l’avviso di accertamento notificato alla società è divenuto definitivo. Il socio non può riproporre le stesse contestazioni nel proprio giudizio, ma può solo difendersi dimostrando di non aver percepito gli utili, ad esempio perché sono stati reinvestiti o accantonati.

Come può un socio dimostrare che gli utili extra bilancio non gli sono stati distribuiti?
Il socio deve fornire la prova positiva che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma sono stati, ad esempio, accantonati in apposite riserve, reinvestiti nell’attività d’impresa, o che egli era completamente estraneo alla gestione e conduzione societaria. La semplice affermazione che l’esercizio si è chiuso in perdita contabile non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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