Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME E NOME COGNOME , rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-resistente –
Avverso la sentenza n. 4358/16 depositata il 22 luglio 2016 e resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7
febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’RAGIONE_SOCIALE recuperava a tassazione maggior IRPEF (anno d’imposta 2008) a seguito di accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38, d.p.r. n. 600/1973. La CTP accoglieva il ricorso, e la CTR, adìta in sede d’appello dall’RAGIONE_SOCIALE, accoglieva invece il gravame confermando l’accertamento tributario.
ACCERTAMENTO SINTETICO
Ricorrono i contribuenti in cassazione affidandosi a quattro motivi, mentre l’RAGIONE_SOCIALE non si è ritualmente costituita a mezzo di controricorso, ma ha depositato mero atto di costituzione.
Successivamente i ricorrenti hanno depositato istanza di estinzione in relazione alla domanda di definizione agevolata.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorrente COGNOME ha depositato una domanda di definizione agevolata, contenente l’esatto riferimento all’avviso di accertamento impugnato che lo riguarda personalmente, ed altresì il provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE Riscossione che riscontra l’istanza e indica come importo dovuto € 0,00. Conseguentemente va dichiarata l’estinzione del giudizio e la conseguente cessazione della materia del contendere tenuto conto che non occorre nella specie il pagamento ulteriore di somme.
Nulla per le spese relative alla controversia in esame atteso che l’RAGIONE_SOCIALE non si è ritualmente costituita.
Inoltre, dipendendo la definizione non dal ricorso introduttivo, ma da motivi sopravvenuti, ed in particolare dagli effetti della legislazione condonistica, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Con riferimento invece alla ricorrente COGNOME, dall’istanza di estinzione si apprende che la stessa è deceduta.
Peraltro, anche volendo intendere tale notizia come dichiarazione del difensore, è noto che il decesso della parte assistita in corso di giudizio di legittimità non determina l’effetto interruttivo preveduto dall’art. 300, cod. proc. civ.
Occorre dunque in proposito esaminare i motivi, sebbene limitatamente agli effetti sulla posizione della stessa.
Col primo motivo si eccepisce nullità della sentenza per ultrapetizione, in quanto la CTR, pur in presenza di un appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE basato esclusivamente sulla contestazione in ordine all’onere probatorio, ha in realtà deciso la controversia riqualificando come reddito d’impresa i proventi della cessione di opere d’arte allegati dalla parte come giustificativi della disponibilità utile a far fronte alle spese-indice valorizzate dall’Ufficio.
4.1. Il motivo è fondato.
In effetti il ragionamento sotteso alla decisione impugnata sta nel fatto che, prima ancora di dover esaminare il presupposto della durata del possesso RAGIONE_SOCIALE somme che si oppongono da parte della contribuente come idonee a far fronte alle spese-indice, occorre verificare se le stesse derivino o meno da redditi esenti o già assoggettati ad imposta sostitutiva, e ritiene che così non sia. In particolare, ritiene che si tratti di reddito d’impresa.
Orbene, anche se sia vero che il processo tributario d’appello vede il proprio effetto sulla controversia regolato da una norma apposita, qual è l’art. 53, d.lgs n. 546/1992, in base alla quale la specificità dei motivi va interpretata in maniera restrittiva di guisa da limitare la declaratoria in rito di inammissibilità (Cass. n. 707/2019), tale principio non può assurgere ad efficacia addirittura abrogatrice dell’affermata specificità, la quale peraltro risulta condizionata dal concreto confine che dà lo stesso appellante al motivo dedotto, con ciò anche influenzando il devolutum.
In particolare, la giurisprudenza di questa Corte, pur affermando che nel processo tributario vige il principio del carattere devolutivo pieno dell’appello, il quale dunque è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (cfr., ex multís, Cass. 29/02/2012, n. 3064; Cass. 22/01/2016, n. 1200; Cass. 22/03/2017, n. 7369; Cass. 28/09/2018, n. 23532), tuttavia
esige quantomeno un riferimento, pur generico, alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente (Cass. 26/05/2021, n. 14582).
Or nella specie appare chiaro dalla stessa sentenza che non solo l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto in sede d’appello (per quanto qui d’interesse) solo la questione circa la durata del possesso RAGIONE_SOCIALE disponibilità rinvenienti dagli smobilizzi di opere d’arte, così fornendo un confine assai preciso al mezzo, ma addirittura lo stesso atto impositivo non ha mai posto in discussione la natura di reddito non imponibile di tali smobilizzi, dal momento che in esso si legge ‘il contribuente si limitava a documentare solo l’incasso RAGIONE_SOCIALE somme opposte mediante le contabili bancarie e non anche il loro effettivo utilizzo. Pertanto, in assenza di adeguata documentazione bancaria probante, non potendosi escludere che le disponibilità derivanti dalle vendite di opere d’arte non siano state impiegate in ulteriori investimenti, oltre a quelli già segnalati ai fini della quantificazione dell’incremento patrimoniale, anche richiamando la CM 49/E/2007 si ritiene che il contribuente non abbia assolto all’onere di fornire la prova contraria’.
Ciò significa che la questione in ordine alla natura reddituale RAGIONE_SOCIALE somme in parola è addirittura estranea al thema decidendum dell’intiero giudizio , oltre e anche come conseguenza alla sua estraneità all’accertamento oggetto appunto del giudizio impugnatorio in esame.
Da tutto quanto precede emerge come da un lato non può comunque leggersi l’appello proposto dall’ufficio, neppure facendo ricorso alla nozione restrittiva di specificità, siccome ricompredente anche questioni estranee addirittura al thema decidendum; dall’altro il motivo d’appello proposto dall’ufficio era sufficientemente delimitato nel modo che si è detto, tanto che appunto la stessa CTR ha in chiusura della sentenza precisato che l’accertamento della natura RAGIONE_SOCIALE fonti di reddito non rientrasse tra
‘gli elementi contestati dall’amministrazione nell’avviso accertamento’.
In proposito risulta del tutto fuori luogo l’affermazione della CTR secondo cui la cognizione su tale aspetto, si ripete addirittura estraneo alla configurazione della pretesa impositiva così come concretamente configurata nel relativo atto, spetterebbe al giudice tributario in virtù del fatto che egli deve procedere all’accertamento della fondatezza della pretesa tributaria, poiché ciò esprime solo il concetto per cui il processo tributario non ha carattere esclusivamente impugnatorio, ma si estende all’accertamento del rapporto, senza però -come avvertito -che ciò possa giungere a devolvere al giudice d’appello aspetti chiaramente esclusi dai motivi d’appello, o in generale al giudice tributario elementi estranei al thema decidendum.
Così stando le cose, deve allora ritenersi che effettivamente la pronuncia sia affetta da vizio di ultrapetizione, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi, sua cassazione e rinvio al giudice d’appello che dovrà conformarsi ai principi qui espressi, oltre che a determinare le spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte, limitatamente all’impugnazione di NOME COGNOME, accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà altresì alla determinazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
Limitatamente alla controversia relativa a NOME COGNOME, ne dichiara l’estinzione per cessazione della materia del contendere.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024