Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9133 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 4678-2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf. 00833920150, (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difes a dall’avv. NOME COGNOME –
Ricorrente
CONTRO
BONTEMPO SCAVO NOME c.f. CODICE_FISCALE –
Intimazione di pagamento Omessa notifica del ricorso all’ente riscossore
Intimato
NONCHE’ NEI CONFRONTI DI
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 3657/10/2016 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, depositata il 21.10.2016;
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 30 gennaio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che il COGNOME propose ricorso avverso una intimazione di pagamento eccependone l’illegittimità per mancata notifica delle cartelle prodromiche. Il ricorso fu notificato all’Agenzia delle entrate -che nella difesa evidenziò come fosse stato allegato un estratto di ruolo e non l’atto d’intimazione -e non all’ente riscossore. Il giudice di primo grado dichiarò il ricorso inammissibile per l’omessa notifica all’ente riscossore.
Il contribuente propose appello, notificato questa volta ad entrambi gli enti, insistendo sulla mancata notifica degli atti prodromici. La Commissione regionale accolse l’impugnazione, annullando l’atto. Nella motivazione, per quanto comprensibile, il giud ice ha rilevato l’erroneità della pronuncia di primo grado, fondata sulla omessa vocazione in giudizio dell’ente riscossore, laddove sussisteva un ra pporto di sostituzione processuale tra l’Agenzia e l’esattore . Ha quindi ritenuto non provata la notifica delle cartelle di pagamento, riconoscendo dunque le ragioni del contribuente.
La RAGIONE_SOCIALE ha censurato con sei motivi la sentenza, chiedendone la cassazione. Il Bontempo è rimasto intimato. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso adesivo alle ragioni della ricorrente.
Nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2025 la causa è stata decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente invoca la nullità della sentenza per violazione dell’art. 53, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe erroneamente non rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto nei confronti dell’ente riscossore, che non era stato parte del giudizio di primo grado, sebbene l’unica ragione del ricorso fosse stata la supposta mancata notifica della prodromica cartella di pagamento.
Con il secondo motivo l’agente della riscossione lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. La pronuncia sarebbe viziata da ultrapetizione, perché motivo d’appello del contribuente era stato solo quello
della mancata notifica degli atti prodromici all’intimazione, con ciò dimenticando di censurare la sentenza di primo grado in ordine all ‘unica ragione della dichiarata inammissibilità del ricorso, ossia l’omessa chiamata in giudizio dell’agente riscossore.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Nel censurare la sentenza di primo grado per l’omessa notifica della cartella presuppos ta e non per l’inammissibilità del ricorso, sulla statuizione del giudice provinciale si sarebbe costituito il giudicato interno, non rilevato dal giudice d’appello.
I tre motivi possono essere trattati congiuntamente, per essere tra loro connessi, e trovano accoglimento nei termini appresso chiariti.
Deve intanto preliminarmente escludersi che la controversia trovi origine dalla conoscenza delle cartelle, o della cartella, mediante un estratto di ruolo. Per un verso ciò non trova riscontro dinanzi a questa Corte, per altro aspetto la sentenza richiama quale atto formalmente impugnato una intimazione di pagamento, senza che emergano elementi da cui desumere il contrario.
Nel merito, è pur vero che questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che nel processo tributario la circostanza che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che tuttavia grava sul concessionario, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (cfr. Cass., 15 luglio 2020, n. 14991; 24 aprile 2018, n. 10019; 28 novembre 2012, n. 21220). Con ciò si è in sostanza esclusa l’ipotesi del litisconsorzio necessario, rammentando che, quando pure la legittimazione passiva spetti all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, su di questi, qualora parimenti destinatario dell’impugnazione, grava l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente se non vuole rispondere dell’esito della lite, come previsto dall’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999 (Sez. U, 25 luglio 2007, n. 16412; 11 gennaio 2008, n. 476; 30 giugno 2009, n. 15310; 15 giugno 2011, n. 13082).
Nel caso di specie tuttavia, intanto ci si trova in una ipotesi inversa, la proposizione del ricorso avverso un atto d’intimazione per mancata notifica della prodromica cartella di pagamento, atto materialmente da compiersi a cura del riscossore, senza contestazione del credito erariale. In ogni caso, ancorché anche questa fattispecie sia esclusa da ipotesi di litisconsorzio necessario, dalla sentenza stessa emerge che il contribuente aveva impugnato la pronuncia di primo grado, lamentando la mancata conoscenza dell’atto impositivo prodromico, senza appellare invece la ragione della pronuncia d’inammissibilità del ricorso , ossia la mancata notifica del ricorso introduttivo all’ente riscossore. Il giudice d’appello, dinanzi al quale il contribuente ha ritenuto di ampliare il contraddittorio nei confronti del riscossore -non coinvolto nel giudizio di primo grado-, ha invece trattato espressamente la questione, nonostante non vi fosse impugnazione del Bontempo sul punto.
In tal modo la Commissione regionale ha deciso ultra petita .
La pronuncia è pertanto viziata da nullità e va cassata.
Con il quarto motivo si è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, per non aver tenuto conto che il ricorso introduttivo era inammissibile per essere stato impugnato un estratto di ruolo e non una intimazione di pagamento;
con il quinto motivo è stato denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. La Commissione regionale avrebbe del tutto ignorato che le cartelle prodromiche risultavano ritualmente notificate al Bontempo;
con il sesto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La decisione sarebbe viziata anche in riferimento alla regolamentazione delle spese di causa.
I motivi devono ritenersi assorbiti dalla riconosciuta nullità della pronuncia impugnata.
La sentenza va in definitiva dichiarata nulla e va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia di II grado della Sicilia, sez. staccata di Messina, perché in diversa composizione, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità, proceda al riesame dell’appello, nei termini e nei limiti delle questioni ed eccezioni sulle quali le parti hanno articolato i rispettivi atti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia di II grado della Sicilia, perché, in diversa composizione, provveda anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così decisa in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025