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Udienza pubblica da remoto: sentenza nulla senza link

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza tributaria perché, nonostante la richiesta dei contribuenti per un’udienza pubblica da remoto, il giudice di secondo grado ha deciso la causa in camera di consiglio senza consentire la partecipazione del loro difensore. La Corte ha stabilito che la mancata garanzia del contraddittorio, omettendo di fornire il link per il collegamento o di attivare la procedura alternativa della trattazione scritta, costituisce una grave violazione del diritto di difesa e determina la nullità della sentenza.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Udienza Pubblica da Remoto: Se Manca il Link la Sentenza è Nulla

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del giusto processo: il diritto di difesa non può essere sacrificato sull’altare dell’efficienza tecnologica. Il caso riguardava una udienza pubblica da remoto richiesta da due contribuenti, ma di fatto mai avvenuta per la mancata comunicazione del link di partecipazione. La Suprema Corte ha dichiarato nulla la sentenza, tracciando una linea invalicabile a tutela del contraddittorio.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate a seguito di una dichiarazione di successione. Gli eredi impugnavano l’atto e, giunti al secondo grado di giudizio, chiedevano espressamente che la causa fosse discussa in pubblica udienza. La Corte di Giustizia Tributaria accoglieva l’istanza, fissando la data per la trattazione.

Tuttavia, il giorno stabilito, la causa veniva decisa in camera di consiglio con collegamento da remoto, come attestato dal verbale. Il problema cruciale? Al difensore dei contribuenti non veniva mai fornito il link per accedere alla videoconferenza, impedendogli di fatto di partecipare e di esporre le proprie difese. I contribuenti, vedendosi negato il proprio diritto, hanno quindi presentato ricorso in Cassazione per violazione delle norme processuali e del diritto di difesa.

La Gestione dell’Udienza Pubblica da Remoto durante l’Emergenza

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione della normativa emergenziale introdotta per far fronte alla pandemia da Covid-19. L’articolo 27 del D.L. 137/2020 prevedeva specifiche modalità per lo svolgimento delle udienze. In sintesi, se una parte insisteva per la discussione orale, il processo poteva seguire tre strade:

1. Svolgimento dell’udienza con collegamento da remoto, garantendo la partecipazione effettiva di tutte le parti.
2. In alternativa, decisione sulla base degli atti, ma solo se nessuna parte avesse chiesto la discussione.
3. Qualora la discussione fosse stata richiesta ma il collegamento da remoto non fosse stato possibile, il giudice doveva procedere con la trattazione scritta, assegnando termini specifici alle parti per depositare memorie conclusive e repliche.

Nel caso in esame, il giudice di secondo grado, pur avendo formalmente accolto la richiesta di udienza pubblica, ha optato per una modalità ibrida e illegittima: ha tenuto una camera di consiglio da remoto, escludendo di fatto la parte che aveva chiesto di discutere.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei contribuenti, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione. La decisione si fonda sulla palese violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, tutelati dall’articolo 24 della Costituzione.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici di legittimità hanno sottolineato che la normativa emergenziale, pur introducendo strumenti flessibili come l’udienza pubblica da remoto, non ha mai inteso sopprimere le garanzie fondamentali del processo. Consentire di sostituire la discussione pubblica con una decisione basata solo sugli atti scritti è un’eccezione che scatta solo in assenza di una specifica richiesta di discussione da parte dei difensori.

Poiché i contribuenti avevano ritualmente chiesto di discutere la causa, il giudice aveva solo due opzioni legittime: o garantire la loro effettiva partecipazione all’udienza telematica (inviando il link e assicurandosi del funzionamento del collegamento) oppure, in caso di impossibilità tecnica o organizzativa, convertire il rito in trattazione scritta, concedendo i termini di legge per le memorie. Non fare né l’una né l’altra cosa, e decidere la causa in una camera di consiglio “virtuale” e inaccessibile, costituisce un error in procedendo che rende la sentenza insanabilmente nulla.

La Corte ha specificato che il verbale d’udienza, che non menzionava né l’invio del link né eventuali problemi di collegamento, confermava l’irregolarità della procedura. Il principio è chiaro: la tecnologia deve essere uno strumento per assicurare la giustizia, non un ostacolo che ne impedisce il corretto svolgimento.

Le Conclusioni: Diritto di Difesa e Processo Telematico

Questa sentenza ribadisce un principio cardine: l’evoluzione verso il processo telematico deve sempre avvenire nel pieno rispetto dei diritti processuali delle parti. Il diritto a essere ascoltati e a difendersi oralmente, se richiesto, è un pilastro del giusto processo che non può essere compresso per ragioni di mera organizzazione. La decisione rappresenta un importante monito per gli uffici giudiziari, affinché garantiscano procedure telematiche chiare, accessibili e rispettose del contraddittorio, pena la nullità dei provvedimenti emessi.

Se una parte chiede un’udienza pubblica, il giudice può decidere la causa in camera di consiglio da remoto senza la sua partecipazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se una parte richiede la discussione orale, il giudice deve garantirla, anche da remoto. Se il collegamento non è possibile, deve attivare la procedura di trattazione scritta, concedendo termini per le memorie. Decidere la causa senza consentire la partecipazione viola il diritto di difesa e rende la sentenza nulla.

Cosa succede se il collegamento da remoto per un’udienza non funziona?
Il Presidente del collegio deve sospendere l’udienza. Se risulta impossibile ripristinare il collegamento, l’udienza deve essere rinviata a nuovo ruolo, dandone comunicazione formale alle parti. Non si può procedere come se l’udienza si fosse tenuta regolarmente.

La normativa emergenziale sul Covid-19 ha sospeso il diritto a un’udienza pubblica?
No. La normativa emergenziale non ha sospeso il diritto alla discussione, ma ha introdotto modalità alternative per garantirlo in sicurezza, come l’udienza pubblica da remoto o la trattazione scritta. La scelta tra queste opzioni, tuttavia, è vincolata al rispetto del diritto delle parti di insistere per una discussione orale, che non può essere ignorato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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