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Trust fittizio: ricorso inammissibile per la Cassazione

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento IRPEF per redditi da partecipazioni societarie, che l’Agenzia delle Entrate riteneva occultati tramite un trust fittizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di specificità dei motivi e perché le censure si basavano su valutazioni di fatto non sindacabili in sede di legittimità, confermando la tesi della natura simulata del trust e la riconducibilità del reddito al disponente.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Trust Fittizio: la Cassazione Conferma l’Accertamento Fiscale

L’utilizzo del trust come strumento di pianificazione patrimoniale è legittimo, ma quando nasconde una mera interposizione finalizzata all’evasione fiscale, si parla di trust fittizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio un caso di questo tipo, dichiarando inammissibile il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Analizziamo la vicenda per comprendere i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Un Trust Sotto la Lente del Fisco

Il caso ha origine da un avviso di accertamento IRPEF per l’anno 2009, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a un contribuente redditi da capitale non dichiarati per oltre 600.000 euro. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, le partecipazioni di un gruppo di imprese riconducibile al contribuente erano state fittiziamente conferite in un trust di diritto inglese. Questa operazione era stata ritenuta un artificio per interporre un soggetto estero nel possesso di beni e redditi, al solo fine di ottenere un illecito risparmio d’imposta.

L’Ufficio basava le sue conclusioni su diversi elementi, tra cui la permanenza in capo al disponente (il contribuente) dei pieni poteri di gestione dei beni. Il contribuente si difendeva sostenendo che lo scopo del trust era quello di salvaguardare le imprese dal fallimento e di assicurare un passaggio generazionale ordinato ai propri figli, negando qualsiasi intento evasivo.

La Valutazione sul Trust Fittizio nei Gradi di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione all’Agenzia delle Entrate. I giudici di merito hanno confermato la natura fittizia del trust, evidenziando una serie di ‘elementi sospetti’:

– La parziale coincidenza tra la figura del disponente e quella del beneficiario.
– La possibilità per il disponente di modificare a proprio piacimento l’identità e le quote dei beneficiari.
– La continuità del controllo di gestione sui beni conferiti, esercitata dal contribuente tramite lettere confidenziali.
– L’esistenza di una clausola nell’atto istitutivo che obbligava il trustee a tener conto dei ‘desiderata’ del disponente.

Sulla base di questi elementi, i giudici hanno concluso che il contribuente era rimasto l’effettivo possessore dei beni e dei relativi redditi, rendendo l’operazione una mera simulazione.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

Giunto in Cassazione, il ricorso del contribuente è stato dichiarato inammissibile per diverse ragioni, principalmente di carattere processuale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha rilevato, in primo luogo, un vizio fondamentale nella redazione del ricorso. Esso mancava di una chiara e specifica articolazione dei motivi di censura, come richiesto dall’art. 366 del codice di procedura civile. Invece di contestare puntualmente le violazioni di legge della sentenza impugnata, l’atto si limitava a una descrizione generica delle vicende e a una critica verso l’operato dell’Amministrazione Finanziaria.

In secondo luogo, la Cassazione ha sottolineato che le critiche del ricorrente si concentravano sulla valutazione dei fatti operata dai giudici di merito (ad esempio, l’interpretazione delle clausole del trust e l’attendibilità delle dichiarazioni). Tali valutazioni, tuttavia, non sono sindacabili in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione del diritto, non riesaminare le prove.

Infine, la Corte ha ribadito un importante principio giuridico: ai fini fiscali, la norma sull’interposizione (art. 37, D.P.R. 600/1973) si applica non solo ai casi di simulazione (interposizione fittizia), ma anche a quelli di interposizione reale, quando una persona risulta essere l’effettivo possessore del reddito, a prescindere dall’intestazione formale. Ciò che conta per il fisco è chi ha la reale disponibilità economica dei proventi, e la prova può essere fornita anche tramite presunzioni.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre due importanti lezioni. La prima, di carattere processuale, ribadisce la necessità di redigere i ricorsi per cassazione con estremo rigore tecnico, formulando censure chiare, specifiche e focalizzate esclusivamente su violazioni di legge. Un ricorso confuso e generico è destinato all’inammissibilità.

La seconda, di natura sostanziale, conferma l’approccio del fisco e della giurisprudenza nei confronti del trust fittizio. Non è sufficiente creare una struttura formalmente valida per schermare i propri redditi. Se il disponente mantiene di fatto il controllo e la disponibilità dei beni, il trust verrà considerato come un mero schermo e i redditi saranno imputati direttamente a lui, quale ‘titolare effettivo’, con tutte le conseguenze fiscali e sanzionatorie del caso.

Quando un trust può essere considerato ‘fittizio’ dal fisco?
Un trust può essere considerato fittizio quando, nonostante la sua formale costituzione, il disponente mantiene di fatto il controllo e la gestione dei beni conferiti. Elementi indicativi sono la possibilità per il disponente di modificare i beneficiari, la coincidenza tra disponente e beneficiario finale, e l’esistenza di istruzioni vincolanti per il trustee.

Perché il ricorso del contribuente è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per motivi procedurali. Mancava della necessaria specificità nell’indicare le norme di legge violate e si limitava a criticare le valutazioni sui fatti operate dai giudici di merito, attività che non è consentita in sede di legittimità. Inoltre, la trattazione era confusa e non strutturata come un’efficace censura alla sentenza impugnata.

Ai fini fiscali, chi è considerato il titolare effettivo di un reddito in caso di interposizione?
Secondo la giurisprudenza costante citata nella sentenza, il titolare effettivo è colui che ha il possesso effettivo del reddito, indipendentemente dall’intestazione formale. La legge tributaria guarda alla sostanza economica e imputa il reddito a chi ne ha la reale disponibilità, anche se formalmente attribuito a un’altra persona o entità (come un trust).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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